Hat-trick per Magdi Allam: terza condanna per diffamazione in 10 anni

Da Kobayashi @K0bayashi

Altro piccolo “incidente di percorso” per il giornalista Magdi Cristiano Allam, ex inviato di Repubblica, poi vicedirettore del Corriere della Sera, ora editorialista del Giornale di Sallusti, che è stato condannato dal giudice della prima sezione civile di Milano Serena Baccolini per aver diffamato due colleghi ai tempi dell’intervento militare occidentale in Iraq.

A tradirlo una ricostruzione errata di un episodio avvenuto nel 2003, nei giorni caldi della guerra, pubblicata nel suo libro “Io amo l’Italia ma gli italiani la amano?’ e considerata di natura diffamatoria dal giudice: nel testo, infatti, Allam – al tempo uno degli inviati di Repubblica in Iraq – avrebbe sostenuto che due degli inviati nel paese di Saddam Hussein (Francesco Battistini per il Corriere della Sera e Leonardo Maisano per Il Sole24Ore) avrebbero datato le loro corrispondenze dalla città di Bassora, allora sotto attacco, pur non essendo fisicamente sul posto. Circostanza smentita, tra le altre cose, anche dal fatto che quegli stessi giornalisti vennero poi catturati proprio a Bassora il 28 marzo dello stesso anno.

Un’accusa di “comportamenti scorretti nell’esercizio della professione giornalistica” che, per il giudice, sarebbe stata del tutto infondata e “frutto di una falsa ricostruzione dei fatti”. Per questo motivo, dando ragione ai due giornalisti ricorrenti, la Baccolini ha disposto la cancellazione dei passaggi incriminati dalle nuove edizioni del libro (non appena la sentenza passerà in giudicato) e ha riconosciuto alle parti offese anche un risarcimento.

L’accusa di diffamazione, per altro, non appare isolata nella carriera del giornalista, che risulta essere stato condannato altre due volte in passato per lo stesso motivo: nel maggio 2011, sempre dal tribunale di Milano, fu costretto a pagare 38mila euro all’islamista Rachid Gannouchi per averlo accusato ingiustamente nel libro “Viva Israele”; dieci anni prima, nel 2001, il tribunale di Jesi aveva condannato Allam nel procedimento contro l’Ucoii (l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) per un’accusa di presunte minacce di morte ricevute dal giornalista poi ritenuta falsa dal giudice.


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