Se ieri parlando di Mogwai e vedendo James Bowthorpe abbiamo scatenato qualcosa era proprio nostra intenzione. Non spingiamo nessuno verso lo sport, ma verso il possesso sì.
Oggi non parliamo di ruote attivissime in giro per il mondo ma di biciclette sonnacchiose, belle per pedalare con grinta ma non troppo vigore. Aitanti in potenza. Fiere che si riposano.
Inoltre, sempre in tema di voyeurismo felice, non abbiamo pensato il mezzo di locomozione 0-90 come feticcio da ingresso. Le due ruote in casa danno quel tocco Notting Hill, quell’allure da porta in vetro colorato, lì, affianco all’armadio dei cappotti e ai panama pronti per l’estate. Appendine una al muro, ed è subito scatto.
Qualche tempo fa ho regalato (ad una ciclista "da high heels" come nelle foto di Scott Schuman) Il bello della bicicletta di Marc Augé. Ovvero il "nuovo umanesimo dei ciclisti", che "annulla le differenze di classe, induce all’uguaglianza, riconduce l’esistenza nelle nostre città a tempi e ritmi più sostenibili, trasforma le vie urbane in spazi da scoprire con la cadenza regolare della pedalata e riapre così le porte al sogno e all’avvenire". Non sia mai che il Nuovo Umanesimo si debba accontentare di una Graziella. Suvvia. Hawk Classic, con queste si fa la rivoluzione. Teutoniche e semplicemente mozzafiato. Velocità intermedia tra il traffico e la passeggiata. Prendiamo il modello Hudson. O Duncon. Nera la vedrei bene impugnata ad un uomo con un cappotto spinato. O Sunbeam. Quella da guidare con abitino bianco in plumetis. Look purista dalla palette oliva, crema o senape che le rendono ancor più ricercate, dettagli affascinanti da sfoggiare nelle strade alberate. Si sceglie in base a criteri che non sono razionali (e dunque perfetti). Carismatiche come poche, sono in grado di fermare il traffico.