Nelgiugno del 2010 un satellite giapponese ritorna con successo dallo suo viaggionello spazio, iniziato nel 2003 per raccogliere campioni di minerali da unasteroide, primo satellite nel riuscire in quest'impresa. Vero proprio eventosalutato con orgoglio nazionale da tutti i media, da questa missione sono statiprodotti ben tre film: un documentario e due fiction. Di quest'ultimi due, uno è uscito alla fine del 2011 diretto da Tsutsumi Yukihiko, già autore della colossale trilogia di 20th Century Boys.Illungometraggio ci racconta con un pizzico di commedia e di melodramma ed unleggero tono da documentario scientifico, come il progetto sia nato e comesiano stati vissuti i momenti di difficoltà e di successo da tutto ilteam che stava alle spalle di questo progetto spaziale. Talvoltafanciullescamente didascalico, talvolta animato da momenti di comicità da "otaku dello spazio", le vicende vengonoviste attraverso l'intrecciarsi dei rapporti dei vari personaggi, un anzianoricercatore (Nishida Toshiyuki), il serioso manager della missione (Sano Shirō) e quella che si potrebbe definire la protagonista, Megumi(Takeuchi Yūko), una giovane e impacciatauniversitaria super appassionata del satellite che grazie alle sue capacità riesce ad entrare a far parte del team (come volontaria,cosa che non va dimenticata). Anche se questo Hayabusa ha qualche pregio, comead esempio quello di far conoscere allo spettatore ignaro i tempi dipreparazione di simili progetti e quindi di addentrarsi (molto minimamente,invero) nelle vite di chi a queste missioni dedica la propria esistenza, non si può dire che sia un film indimenticabile, anzi. Come già detto all'inizio, il tono unpo' sopra le righe fra il comico ed il didascalico rende la tensionepraticamente assente, e forse non era neanche in programma; inoltre è piuttosto lungo, le due ore e venti di durata potevanofacilmente venire ridotte un po'. Quindi un film che si guarda senza infamia e senza lode, più una lunga spiegazione dellamissione e dei suoi raggiungimenti che non un'epica spaziale o scientifica.Adatto ad un pubblico di preadolescenti con il pallino dello spazio o perfettoper tappare la noia di un lungo viaggio in aereo. [Matteo Boscarol]
Nelgiugno del 2010 un satellite giapponese ritorna con successo dallo suo viaggionello spazio, iniziato nel 2003 per raccogliere campioni di minerali da unasteroide, primo satellite nel riuscire in quest'impresa. Vero proprio eventosalutato con orgoglio nazionale da tutti i media, da questa missione sono statiprodotti ben tre film: un documentario e due fiction. Di quest'ultimi due, uno è uscito alla fine del 2011 diretto da Tsutsumi Yukihiko, già autore della colossale trilogia di 20th Century Boys.Illungometraggio ci racconta con un pizzico di commedia e di melodramma ed unleggero tono da documentario scientifico, come il progetto sia nato e comesiano stati vissuti i momenti di difficoltà e di successo da tutto ilteam che stava alle spalle di questo progetto spaziale. Talvoltafanciullescamente didascalico, talvolta animato da momenti di comicità da "otaku dello spazio", le vicende vengonoviste attraverso l'intrecciarsi dei rapporti dei vari personaggi, un anzianoricercatore (Nishida Toshiyuki), il serioso manager della missione (Sano Shirō) e quella che si potrebbe definire la protagonista, Megumi(Takeuchi Yūko), una giovane e impacciatauniversitaria super appassionata del satellite che grazie alle sue capacità riesce ad entrare a far parte del team (come volontaria,cosa che non va dimenticata). Anche se questo Hayabusa ha qualche pregio, comead esempio quello di far conoscere allo spettatore ignaro i tempi dipreparazione di simili progetti e quindi di addentrarsi (molto minimamente,invero) nelle vite di chi a queste missioni dedica la propria esistenza, non si può dire che sia un film indimenticabile, anzi. Come già detto all'inizio, il tono unpo' sopra le righe fra il comico ed il didascalico rende la tensionepraticamente assente, e forse non era neanche in programma; inoltre è piuttosto lungo, le due ore e venti di durata potevanofacilmente venire ridotte un po'. Quindi un film che si guarda senza infamia e senza lode, più una lunga spiegazione dellamissione e dei suoi raggiungimenti che non un'epica spaziale o scientifica.Adatto ad un pubblico di preadolescenti con il pallino dello spazio o perfettoper tappare la noia di un lungo viaggio in aereo. [Matteo Boscarol]