Miyazaki è per me un maestro assoluto e ho visto quasi tutti i suoi film (no aspetta: penso proprio tutti!) e quando sono stata in Giappone hanno dovuto tenermi a viva forza per impedirmi di attraversare tutta Tokyo per andare in pellegrinaggio allo Studio Ghibli. A Venezia non sono riuscita a vedere il suo ultimo film (in tutti i sensi, visto che ha annunciato il suo ritiro), ma appena avrà una data d’uscita mi precipiterò!
L’Oscar per il miglior film d’animazione assegnato a La città incantata (vedi il trailer) è stato un segnale che nel mondo dell’animazione non poteva più essere ignorato. Lo sguardo rivolto fino ad allora solo ai lungometraggi della Disney e poi della Dreamworks, con il premio del 2003 si è finalmente rivolto all’Estremo Oriente.
Quel che conta è che Miyazaki ha dimostrato al mondo – e ci sono voluti vent’anni prima che se ne accorgesse – che l’animazione non ha nulla da invidiare al resto del cinema. Anzi, ha delle potenzialità poetiche ed espressive difficilmente uguagliabili, pur con tutti gli effetti speciali permessi dalle nuove tecnologie.
Logico quindi interrogarsi su cosa renda i film animati di Miyazaki degli autentici capolavori. Curiosamente, nonostante i film della sua casa di produzione stiano finalmente trovando strada nelle nostre sale, sugli scaffali delle librerie sono ancora pochi ad occuparsene. Doppiamente ammirevole quindi l’e-book Jacopo Caneva’s Miyazaki – Hayao Miyazaki e lo Studio Ghibli, un vento che scuote l’anime. Dico doppiamente perché l’autore, che correttamente rivendica fin dal titolo la soggettività della propria analisi, è uno studente liceale. E affrontare una lettura a tutto tondo di opere complesse come quelle del maestro, anzi, del sensei Miyazaki, a quell’età non è affatto banale.
E questo anche se allo Studio Ghibli l’animazione è strettamente 2D, ancora basata sul disegno quindi, come i classici film Disney: il che non vuol dire che non si usi il computer, ma sostanzialmente è ancora la mano dell’uomo a fare tutto. Invece la Pixar lavora esclusivamente con il 3D, quindi solo con i computer (non a caso nella sua fondazione c’è lo zampino di Steve Jobs…). Certo, alla base ci sono character design e modellini realizzati a mano, ma l’elaborazione è fatta al computer.
Ovviamente lo sguardo è puntato soprattutto sul primo, a partire dagli esordi pre-Ghibli con celebri serie televisive come Conan, Anna dai capelli rossi, Heidi e Lupin III. Ma è interessante leggere una volta tanto anche degli altri prodotti dello Studio Ghibli, come quelli firmati da Takahata e dal figlio di Miyazaki, Goro. Così come è giustamente meritato e tutt’altro che scontato, lo spazio dato alle splendide colonne sonore firmate da Joe Hisaishi, addirittura analizzandone la partitura brano per brano, nel caso de La città incantata.
La completezza nella trattazione e l’evidente competenza musicale servono tuttavia a controbilanciare certe sbavature e nell’insieme Jacopo Caneva’s Miyazaki è una lettura agile e un’ottima introduzione al mondo del regista giapponese. Come tante delle coraggiose eroine dei suoi film possiamo così iniziare il cammino alla scoperta dei suoi capolavori, certi che cresceremo e ci meraviglieremo con essi, riscoprendo cose che credevamo di aver dimenticato.