Heart of a Lion parte come una classica commedia romantica. O quasi. Il lui di turno è Teppo (l’ottimo Peter Franzén), un neo-nazi finlandese disoccupato che passa le sue giornate in allegria con gli amichetti a prendere a botte gli immigrati, insultarli e altri divertenti passatempi del genere approvati da Matteo Salvini.
Un bel giorno però Teppo incontra una cameriera di un bar, se ne innamora e poi se la scopa. Anzi, prima se la scopa e poi se ne innamora, diciamo le cose nell'ordine corretto. La lei di turno è Sari (Laura Birn) e oltre che una cameriera è una bella gnocca. D’altra parte questa è una co-produzione cinematografica di Finlandia e Svezia e, se la lei di turno non era gnocca, il mondo così come lo conosciamo non avrebbe più avuto alcun senso.
Le cose tra Teppo e Sari si complicano quando succedono due fatti: A) Lei guardando i tatuaggi di Teppo si rende conto che lui è un nazi. B) Lui scopre che lei ha un figlio. Cosa che non costituirebbe di per sé un problema. Il fatto che sia una MILF semmai la rende solo più sexy. Il problema per lui è rappresentato dal fatto che il figlio della pallida bionda Sari è… nero.
"Piacere, Signor Nazi. Adesso la mano può anche ridarmela, grazie."
A questo punto, dimenticatevi la commedia romantica. Heart of a Lion prende la strada della pellicola a tematica razziale e lo fa con un piglio duro e puro e crudo, senza troppi moralismi o buonismi di sorta. Il film si incentra sul rapporto tra il neo-nazi e il ragazzino di colore che si chiama Rhamadhani ed è pure... musulmano.
Immaginatevi qualcosa tra Quasi amici e Gran Torino per il confronto tra due personaggi tanto distanti tra loro, e qualcosa tra The Believer, L’onda e American History X per la tematica nazista. Raccontato così potrebbe non sembrare un film molto originale, e in effetti non è che adesso sia qualcosa di così strano o rivoluzionario o mai visto o chessò io, ma il tutto è riletto in chiave finlandese e ciò contribuisce a dare alla pellicola un sapore diverso rispetto ai filmoni sopra citati. Heart of a Lion è un film dotato di una sua personalità e di un finale strano, difficile da inquadrare e per questo decisamente... inaspettato.
Piace inoltre lo stile asciutto della regia di Dome Karukoski, non lontano dal Jacques Audiard di Un sapore di ruggine e ossa o dal tipo belga di cui non ricordo il nome del recente Alabama Monroe – Una storia d’amore, uno che si concede giusto qualche rallenty qua e là, mentre per il resto preferisce lasciare parlare la storia. Una storia potente, priva di sentimentalismi o concessioni alla lacrima facile. Manca giusto qualcosa per rendere questo Heart of a Lion davvero enorme. I dialoghi non sono del tutto incisivi, il personaggio della cameriera bella gnocca viene tagliato un po’ troppo frettolosamente fuori dalla vicenda, alcune svolte narrative sono un pochetto prevedibili e forzate, ma nel complesso questo è un film che colpisce nel segno. Senza ruffianate o colpi bassi, soltanto facendo sfoggio al momento giusto del suo cuore. Del suo cuor di leone. (voto 7+/10)