Helmut Newton

Da Angelo Zzaven
 
Investo molto tempo nella preparazione. Penso a lungo a ciò che voglio realizzare. Ho libri e piccoli quaderni in cui scrivo tutto prima di una seduta fotografica. Altrimenti dimenticherei le mie idee. Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, tre concetti che riassumono l'arte della fotografia. Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere. Nelle mie foto non c'è emozione. È tutto molto freddo, volutamente freddo. Spesso mi capita di soffrire d'insonnia. Forse ho visto troppe immagini in vita mia per poter dormire tranquillo. Per me il massimo è stata Margaret Thatcher: che cosa c'è di più sexy del potere? Mi piace fotografare le persone che amo, la gente che ammiro, il famoso e specialmente il famigerato. Il mio ultimo soggetto infame è stato il politico francese di estrema destra Jean-Marie Le Pen.

Photo Helmut Newton

(da una intervista di Frank Horvat 1986) Ho cominciato come fotografo di Vogue a Sydney, nel 1952, e questo ha lasciato in me una sorta di sistema inibitorio, di cui non mi sono ancora disfatto del tutto e che mi blocca di fronte a certi soggetti. È per superare questo blocco che voglio fare della pornografia hard - e allo stesso tempo mi domando se ciò che ho già fatto sia abbastanza hard, se non debba spingermi molto più oltre. Se c'è qualcosa che odio, è sicuramente il buon gusto: per me è una parolaccia. Penso semplicemente che quando il tema della foto è legato alla mia vita, presente o passata, mi sembra una buona idea mettermi nell'immagine. Ovviamente non mi metterei mai in una foto pubblicitaria. La prima volta che ho posato per me stesso è stato per Vogue, nel '79 o nell'80. Dovevo presentare della moda maschile e questo mi ha dato l'idea. La foto che ho fatto è una delle mie preferite. Tutto quello che ci si vede fa parte della mia vita: la mia macchina fotografica, la mia modella di nudo preferita, mia moglie June che guarda la modella con un'espressione molto divertente, lo studio di Vogue dove sono successi molti fatti importanti per me, la Place du Palais-Bourbon, che si intravede attraverso la porta aperta, e dove ho fatto migliaia di fotografie, soprattutto nei giorni delle sfilate di alta moda. Questa è una vera foto autobiografica. È un buon esercizio; per me ogni fotografia è un esercizio.

Photo Helmut Newton


Potrei fotografarmi mentre faccio l'amore, ma non inserirei questa foto in una mostra o in un libro. June mi ha fotografato mentre piscio: è una foto molto divertente. Sono in controluce, nel giardino di Ramatuelle, e guardo l'obiettivo, mentre i raggi del sole al tramonto fanno brillare lo spruzzo di pipì. È molto romantico e non ci vedo nulla di male. Sono come tante altre persone: mi siedo sulla spiaggia o sulla terrazza di un caffè, guardo la gente - soprattutto le donne - e mi invento delle storie. È un buon modo per passare una mezz'ora. Questo è il periodo migliore dell'anno, quando il grosso dei villeggianti estivi se n'è andato. Ogni anno ce n'è una che mi fa sognare più delle altre. L'anno scorso era una tedesca: mi ero immaginato tutta una storia su di lei. Era interessante. Non ho visto il suo viso che l'ultimo giorno, ma aveva un corpo di una bellezza straordinaria. Sapevo che era tedesca perché aveva un libro, "Il Francese in venti lezioni" o qualcosa del genere. Un corpo incredibile, ma non riuscivo a vederle il viso. L'ultimo giorno un tipo l'ha abbordata e io mi divertivo a guardarli. È stato in quel momento che lei si è girata verso di me: aveva uno di quei visi dal mento sfuggente, di una noia mortale. Non era brutta, se lo fosse stata avrebbe potuto essere interessante. Ho pensato che chi ci va a letto dovrà metterle una federa di cuscino sulla faccia. Per me, queste storie che mi racconto sono molto europee, non trovo molto da immaginare in America. Io comincio facendo ciò che ho pensato di fare. Poi faccio un giretto e mi chiedo se potrei provare in altri modi. Ma arrivo molto presto ad un punto di saturazione in cui tutto ciò mi infastidisce e mi dico che la mia prima idea era quella giusta. Ho una capacità di attenzione limitata, è per questo che non saprei fare un film. Per me, un lavoro che duri più di due giorni non è un buon lavoro. Come quando ero campione di nuoto: vincevo sui 100 metri e sarei stato ancora più forte sui 50. spesso cerco di fare delle "brutte foto". Certo non posso fare a meno di lavorare meticolosamente, ma mi piace che le fotografie sembrino sbagliate. È per questo che ho abbandonato il Kodachrome: ha una grana troppo fine, è troppo professionale. Preferisco i colori sparati, che fanno pensare a un errore nello sviluppo. Il colore brutto mi piace, purché non sia davvero orribile, ed anche le foto di traverso. Mi capita di tenere la macchina un pò di traverso, quanto basta perché la foto non sia troppo perfetta.

Photo Helmut Newton

non penso mai al gioco grafico, o se ci penso è per evitarlo. Mi piacciono di più i lampadari che vengono fuori dalla testa delle persone. Li trovo divertenti, perché fanno parte di quelle cose che mi avevano proibito di fare. Quando guardo le mie vecchie fotografie, mi chiedo dove ho trovato la forza per crearmi tutte queste complicazioni. Certo, non l'avrei fatto se non mi ci fossi divertito. Ma non ricomincerei per nulla al mondo, non saprei più neanche da che parte cominciare e soprattutto non ne avrei più la forza fisica. Succede, ma non spesso, che il buon Dio mi mandi un bel raggio di sole o una bella nuvola al momento giusto. Per questo mi piace lavorare in esterno: dentro lo studio il buon Dio non può far nulla per me, tranne mandare un fulmine e provocare un'interruzione di corrente. In esterno può aiutarmi, come può anche complicarmi la vita mandando la pioggia. Comunque è raro che mi mandi una luce che io non sappia utilizzare in un modo o in un altro. Quando si fotografano delle persone vere non è come con le modelle. Le modelle sono pagate per star lì. Ma un'attrice si sente fragile davanti l'obiettivo, tutte le donne si sentono fragili, ma un'attrice più delle altre, lo capisco benissimo. È un tale rischio per loro, ed hanno davvero tante ragioni per sentirsi vulnerabili. Quando si ha simpatia per la persona che si fotografa e si vuol fare una buona foto, bisogna procedere con molta cautela. le foto che scelgo quando i provini tornano dal laboratorio non sono quelle che sceglierei un anno dopo. È un fenomeno interessante - e una prova del fatto che non bisogna buttare niente. Tutto cambia, le nostre idee sulle cose cambiano Io accetto ciò che mi viene dato, non ho alcun orgoglio d'autore, non dico: "questa foto è mia perché io ho scattato." Non conosco nulla di più interessante che quelle foto di rapine, riprese da una di queste camere automatiche che ci sono nelle banche! È questa la vita! Se un cane viene a far pipì sulle gambe della mia modella, io lo lascio fare e scatto. Non è stata una mia idea, non gli ho detto: "Su, cagnolino, vieni a far pipì sulle gambe di questa ragazza." Ma se viene e piscia, io scatto, e la foto è mia, mica del cane. Se piazzo la mia macchina sul treppiede, mi metto davanti e dico all'assistente di scattare a un certo momento, è lui che schiaccia il pulsante, ma la foto è mia - tanto più che prima controllo tutto con cura a forza di Polaroid. Ma se un masso, cadendo dal cielo, mi colpisce in testa e io muoio nel momento in cui l'assistente scatta, questo sarebbe straordinario! Non ti pare? Divina sorpresa! Certo che la sorpresa sarebbe ancora più divina se potessi rialzarmi e vedere la foto. Questo sarebbe perfetto e non rifiuterei certo la foto perché è Dio che ha mandato il masso.

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