Ho sempre pensato che la dimensione più adatta, per uno come Eli Roth, fosse quella televisiva. Il regista, sceneggiatore, produttore e amichetto del cuore di Tarantino, possiede quel tipo di creatività un po’ cazzara che funziona molto bene in un contesto seriale. Soprattutto se si tratta di un prodotto da non prendere troppo sul serio, come questo Hemlock Grove, di cui il buon Roth è creatore e regista dell’episodio pilota.
Hemlock Grove è un serial prodotto dalla Netlifx, di 13 episodi, tutti messi in onda lo stesso giorno. Il metodo di diffusione è interessante, perché cambia molto la percezione che da sempre abbiamo avuto dei prodotti televisivi: aspettare una settimana per vedere che succede. Nel caso di Hemlock Grove, il senso di attesa viene del tutto azzerato e, se ti va, puoi spararti tutte le puntate una dietro l’altra in un’estenuante maratona, come se fosse un unico, lunghissimo film.
Tratta dall’omonimo romanzo di Brian McGreevy (che è anche co-sceneggiatore degli episodi), Hemlock Grove segue le vicende di un gruppo di personaggi in una piccola città della provincia americana, alle prese con alcuni brutali omicidi, forse compiuti da qualche animale feroce, forse da un essere umano, forse da qualcosa a metà tra i due.
Sì, si parla ovviamente di forti sospetti di licantropia. E la componente soprannaturale viene sbandierata senza troppi problemi a partire dalla prima puntata. Se l’ambientazione ricorda a tratti Twin Peaks, lo sviluppo può essere assimilabile, in qualche modo, a True Blood, solo con i lupi mannari (e altre creature) al posto dei vampiri. A una trama già piuttosto incasinata, quei volponi di Roth e soci, aggiungono anche intrighi familiari, tradimenti, esperimenti pseudo scientifici, mostruosità assortite, resurrezioni, gravidanze abbastanza bislacche e altra roba sparsa che rende Hemlock Grove uno strano circo di freak in cui è impossibile cercare un briciolo di coerenza, ma che diverte e intrattiene. Proprio come sapeva fare True Blood nelle sue prime stagioni, prima di diventare il guazzabuglio imbarazzante che è adesso.
Tra le note di merito di Hemlock Grove c’è sicuramente un cast eccezionale, sia nei volti più noti (Famke Janssen e Lily Taylor si divorano la scena, quando sono insieme) che in quelli più giovani, tra cui spicca un interessantissimo Landon Liboiron, nel ruolo di Peter Rumancek, licantropo zingaro, che ci scommetto tutti gli averi che non ho, è destinato a diventare un idolo per torme di ragazzine a breve. Fa molto piacere rivedere gente come Kandyse McClure e Aaron Douglas, anche se, quando condividono la scena, ti aspetti di veder spuntare fuori un cylon da qualche parte, ma è deformazione mia.
Altro elemento a favore della serie, è il tasso di violenza, davvero elevato, a partire dal pilot e in aumento esponenziale negli episodi successivi. Un livello di splatter così spudorato l’ho visto solo in American Horror Story – Asylum, sempre restando in ambito televisivo. Ne consegue che gli effetti speciali siano eccellenti. E infatti assistiamo forse alla migliore trasformazione in lupo mai apparsa su uno schermo dai tempi di Landis. Realizzata con leggerissima componente CGI, quasi tutta con effetti dal vero e che riesce persino ad aggiungere qualcosa di nuovo al mito del licantropo cinematografico. Solo per quei cinque minuti, Hemlock Grove meriterebbe di essere vista e apprezzata.
La presenza di Roth alla produzione esecutiva, il suo contributo alla scrittura e alla regia sono evidenti proprio nel premere l’acceleratore su ammazzamenti, squartamenti, laghi di sangue e gente divorata a tutto campo e nei minimi dettagli. Ma non è tutto qui, dato che non ci viene risparmiata quasi nessuna bassezza nello spettro dei comportamenti umani. A dimostrazione del fatto che le serie televisive americane hanno perso ogni remora nella rappresentazione di violenza, sesso, perversioni varie e atteggiamenti poco edificanti. E ci sarebbe da riflettere su come siamo ridotti da queste parti, tra censure, censure preventive, autocensure e preti che sbraitano per un paio di nudi. Se mai Hemlock Grove dovesse uscire da noi, sai gli emboli che partirebbero?
Ma l’intento di Hemlock Grove non è quello di scandalizzare qualcuno: semplicemente, si tratta di una serie horror soprannaturale, che rispetta in maniera anche pedissequa i canoni del genere, condendolo magari con un pizzico di romance adolescenziale (ma anche lì, ci sarebbe da discutere su come vengono gestiti narrativamente i rapporti amorosi tra adolescenti. Siamo distanti anni luce dalle schifezzuole urban fantasy) e una spruzzata di umorismo macabro. Hemlock Grove non bada alle sottigliezze o alle sfumature. Procede per accumulo: accumulo di avvenimenti, di personaggi, di sottotrame, di momenti WTF come se piovesse, derive oniriche e deliri religiosi. Non si tratta neanche del concetto di calare il soprannaturale in un contesto quotidiano e realistico. La cittadina di Hemlock Grove non ha nulla e non vuole avere nulla di realistico. Microcosmo dove capita di tutto e di più, dominato in maniera dittatoriale da una famiglia di miliardari capitanata da una Fanke Jansenn bastarda e fatale come non mai, sperduta in mezzo ai boschi e isolata, ma allo stesso tempo, in possesso di strutture tecnologiche e scientifiche da fare invidia alla NASA, Hemlock Grove è soltanto un palcoscenico su cui far piovere roba stramba a più non posso.
Certo, bisogna essere consapevoli di cosa si sta guardando e accettare una certa dose di idiozie e demenzialità sparse. Se si sospende l’incredulità quel tanto che basta, il divertimento è assicurato. Stiamo parlando sempre di un prodotto partorito da Eli Roth, che non ha mai brillato per profondità psicologica o raffinatezza.
Insomma, se siete stanchi di ciò che è diventato True Blood, se speravate in The Gates e invece vi siete resi conto dopo mezza puntata che era una merda, se vi fa ribrezzo Teen Wolf, rivolgetevi a Hemlock Grove e non vi deluderà.
Già in programma a breve una seconda stagione.
Colonna sonora strepitosa di Nathan Barr e una fotografia veramente cinematografica a opera dell’ottimo Fernando Arguelles.