Henri Cartier-Bresson: Manifesto surrealista, parte III

Da Ragdoll @FotoComeFare

Per leggere l’episodio precedente di questa serie, clicca qui: Henri Cartier-Bresson: Manifesto surrealista, parte II.

Il mondo che vediamo in pubblicità raramente è un riflesso della realtà. I cartelloni pubblicitari delle nostre città sono manipolati esattamente come lo era la scuola di Raffaello ad Atene. Ambientati sullo sfondo di un “mondo perfetto”, rappresentano un’ottima occasione per un fotografo che vuole giocare con le contraddizioni dell’immaginazione contrapposta alla realtà (come Henri Cartier-Bresson).

Bugie innocenti

Gli annunci pubblicitari hanno uno scopo piuttosto ovvio: vogliono venderci qualcosa. Vuoi un’automobile migliore, una pelle più pulita o una vita più appariscente? Non è un problema. Il mondo degli annunci e dei cartelloni pubblicitari è pronto a venderti qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno e anche qualcosa di cui non hai affatto necessità. Al di sotto dell’apparenza di un annuncio c’è la promessa di un valore da acquisire. Il trucco, o truffa a seconda della prospettiva, del venditore consiste nell’assicurarti un miglioramento riguardo gli aspetti cui dai maggiormente importanza nella vita: sicurezza, felicità, amore, bellezza e così via.

Mentre gli annunci sono continuamente all’opera, l’universo si diverte a giocare qualche tiro all’uomo (o alla donna) consumista. Il flusso di gente che va e viene dal lavoro offre contraddizioni affascinanti, mentre quella stessa gente si muove davanti ai cartelloni pubblicitari esposti per le strade di città. Dai senzatetto ai lavoratori in fabbrica, persone di ogni genere passano di fronte a quei cartelloni pubblicitari praticamente ogni giorno. Il gioco che Cartier-Bresson si diverte a fare, e che puoi fare anche tu, è quello di trovare un contrasto di temi e figure, un attimo fuggente che sia più potente dei singoli elementi in esso rappresentati.

Questione di spirito

Lo sviluppo del lavoro di Cartier-Bresson segue una certa logica che è in linea con quella della maggior parte dei grandi artisti. Le sue tecniche erano molto semplici, in principio. Poi, con il trascorrere del tempo, egli ne aumentò la complessità, in un processo non per forza lineare. Questi improvvisi passi in avanti gli fecero superare ben presto i suoi contemporanei e sono molto complicati da spiegare. Ma prima di impelagarci nel tentativo di comprendere il momento creativo che ha permesso questa sua evoluzione, diamo un’occhiata ai suoi primi tentativi.

Proprio come se fosse una battuta spiritosa, Cartier-Bresson si imbatté in una scena nella metropolitana di Parigi (in cima a questo articolo). Un uomo che dormiva su una panchina. Dipinti e fotografie con oggetto persone addormentate sono molto comuni nell’arte per diverse ragioni, non per ultimo il fatto che permettono all’artista di prendersi tutto il tempo necessario per definire il proprio lavoro al meglio, dato che il soggetto prescelto non è in movimento. In questa immagine, Cartier-Bresson ci mostra il mondo immaginario dei cartelloni pubblicitari, che egli detesta a tal punto da non aver mai fornito l’autorizzazione ad usare le sue fotografie con scopi promozionali, in azione e in netta contrapposizione con le realtà della vita da strada. La coppia felice, che sembra quasi aver terminato una partita di tennis, indossa asciugamani puliti intorno al collo. I due hanno il sorriso finto di chi, pur praticando sport, non spende una sola goccia di sudore. La luminosità del rossetto della donna e i tagli di capelli curati alla perfezione non sono che una farsa. Di fronte a questo mondo disilluso, c’è un uomo qualunque. Forse non è neanche un indigente. Magari è solo di passaggio. Ma, per il momento, la panchina è il suo letto.

È importante che questa foto sia stata scattata a Parigi? Sì, ovviamente lo è. Esiste infatti un enorme divario fra i paesi, a proposito delle attività che accadono nei luoghi pubblici. New York, Parigi, Roma, Londra, Tokyo eccetera sono tutte città in cui la maggior parte della vita si svolge al chiuso, al riparo di porte e finestre. Se prendiamo ad esempio città come Varanasi in India, dove la gente fa il bagno, dorme e mangia per strada, noteremo che la vita nelle metropoli moderne si svolge prettamente al chiuso, in privato. Ed è proprio questa divergenza fra le attività pubbliche e quelle private che dona forza a questa fotografia. Prese di per sé, la foto dell’uomo che dorme in una panchina o l’annuncio pubblicitario non sono forti abbastanza. Ma una volta combinate insieme ci forniscono una lettura critica della società e lasciano intravvedere i problemi quotidiani che rumoreggiano al di sotto della superficie della vita parigina.

Yucatan. Merida. 1963. Henri Cartier-Bresson

L’uomo in contrapposizione con gli Dèi

Scattare delle fotografie di senzatetto sotto annunci pubblicitari è, in un certo senso, un colpo basso. È il tipo di foto che puoi fare una volta, per capirne i meccanismi e quindi andare avanti. Lasciamo dormire la gente in pace. Mentre viaggiava per altre città, Cartier-Bresson trovò contraddizioni più eleganti.

Quando vogliamo richiamare l’attenzione su una porzione della nostra fotografia, è di grande aiuto se tutti gli elementi mantengono una certa forza comunicativa. Quando Cartier-Bresson vide il dipinto di Atlante lungo una via in Messico, comprese che tutto ciò che doveva fare era attendere una figura contrastante. Aveva bisogno di qualcuno che fosse in netta contrapposizione con l’uomo sulle cui spalle grava in eterno il peso del Mondo intero. Letteralmente. Inoltre, aveva bisogno di una figura luminosa che fosse in contrasto con i toni scuri del muro.

BANG! Un uomo anziano con un bastone passò lungo la via ed ecco che Cartier-Bresson trovò il tassello mancante. Una volta che gli elementi furono disposti, egli ebbe la fotografia che desiderava. Mentre osserviamo l’incedere lento del vecchio, ci troviamo a fare mille considerazioni:

  • L’arroganza giovanile è sempre surclassata dalla grazia della vecchiaia?
  • La saggezza è più forte dei muscoli?
  • Tre gambe sono forse meglio di due sempre costrette al lavoro?
  • Le lezioni del mondo classico ci fanno più male che bene?
  • Cartier-Bresson interpreta questa scena come un esempio lampante del trascorrere del tempo?
  • Può il vecchio uomo aver trovato un modo per liberare se stesso dalle fatiche giovanili ed esser giunto ad una vita più semplice?

Il successo di questa immagine consiste nella sua capacità di sollevare domande alle quali noi, meri osservatori, non abbiamo risposta. Da notare ancora una volta: Henri Cartier-Bresson predispone la sua foto lungo una diagonale dominante. Nonostante egli stia sperimentando concetti surrealisti, non perde l’abitudine di dare forza formale alle sue immagini.

UNIONE SOVIETICA. Uzbekistan. Samarcanda. 1972. Henri Cartier-Bresson

Il lavoratore eroico

Cartier-Bresson veniva da una famiglia che gestiva fabbriche tessili. L’aspetto manageriale non suscitava in lui alcun interesse. Ma la gente al lavoro è spesso soggetto delle sue fotografie, a seguito dei suoi viaggi. Ad esempio, i paesi comunisti tenevano in alta considerazione i propri lavoratori, almeno in pubblico. Invece di cercare un immagine di pura contraddizione, in questo caso abbiamo il fotografo che porta in vita un dipinto. Sembra quasi che l’uomo qui ripreso, mentre arranca lungo le scale, sia balzato fuori dall’annuncio di propaganda alle sue spalle.

Cartier-Bresson aveva sicuramente la possibilità di ripetere le sue fotografie e i temi in esse contenuti più e più volte. Invece, scelse sempre di andare avanti e di trovare nuovi spunti di interesse. Differentemente da quanto abbiamo visto nella fotografia che immortala l’uomo addormentato nella metro, o Atlantide e il Vecchio, qui ci troviamo davanti ad una scena di lavoro, in opposizione al lavoro vero e proprio. I colpi di pennello prendono vita mentre ci troviamo a riflettere se il lavoro e la fatica siano poi davvero così eroici come sponsorizzato dal Partito. O piuttosto se il lavoratore sta deperendo con sullo sfondo un dipinto che non conosce fatica né bisogno di riposare. È tutto in discussione.

MESSICO. Los Remedios nei pressi di Città del Messico. 1963. Henri Cartier-Bressonecar

Equilibrio precario

Prima che la faccenda si faccia troppo seria, dobbiamo ricordare che Cartier-Bresson era dotato di un fantastico senso dell’umorismo. A Città del Messico, egli scattò il ritratto di un musicista che stava spacchettando il suo violino. Da un punto di vista strettamente formale, questa è “buona foto”. La figura in luce si contrappone alla soglia scura alle sue spalle. Abbiamo una visione molto chiara della faccia dell’uomo, così come delle sue mani e dello strumento. Ci sembra tutto in ordine, fin quando non guardiamo a sinistra.

C’è forse un’enorme bottiglia di Corona in bilico sulla testa di un bambino? Come abbiamo spiegato in precedenza, quando il bordo di due forme si tocca, senza sovrapporsi, diventa difficile distinguere quale delle due forme sia in primo piano e quale sullo sfondo. In questo caso, sembra davvero come se la bottiglia fosse in bilico sulla testa del ragazzo.

Il senso surrealista di Cartier-Bresson entra in atto mettendo in scena l’impossibile. C’è un’amabile assurdità nell’intero arrangiamento. Una bottiglia di quelle dimensioni, anche qualora fosse reale, non avrebbe mai potuto essere sorretta da un bambino così piccolo. Ma la composizione, attraverso l’obiettivo di Cartier-Bresson, funziona perfettamente. Ovviamente, ci sono delle scene che funzionano meglio su pellicola, che non nella realtà. Congelando il momento nell’esatto instante in cui le due forme si allineano, Cartier-Bresson ferma l’attimo per sempre.

GIAPPONE. Tokyo. Distretto di Hibiya. 1965. Henri Cartier-Bresso

Amanti confusi

In quello che personalmente considero uno dei migliori lavori di Cartier-Bresson a proposito degli amori giovanili, ci troviamo davanti una scena surreale di due amanti ideali in netta opposizione con l’imbarazzo di un primo bacio. Come molti prima di noi, tutti abbiamo speso ore a fantasticare a proposito del nostro “primo bacio”. Esso, così come il primo amore o anche la fatidica “prima volta”, porta con sé un potenziale infinito. Ma la realtà delle nostre “prime volte” è solitamente diversa e rappresenta momenti impacciati durante i quali avremmo voluto essere preparati meglio. L’amore, in tutte le sue molteplici forme, può essere piuttosto deludente.

Nella fattispecie, sembra difficile riuscire a farsi un’idea reale degli elementi visivi in gioco perché le due fonti sono orribilmente distorte. Da qualche parte al di fuori di Hollywood e della falsa industria dei film per adulti, amore e sesso accadono davvero. Ma le due figure in questa scena sembrano non aver mai visto nulla del genere. Fisicamente distaccati, i due giovani non condividono neanche lo stesso spazio mentale. Sembra debbano stare insieme, ma sono rivolti in direzioni opposte.

La diagonale sinistra arrangia la disposizione fra l’uomo e la donna

Ancora una volta, questo è probabilmente un istante che Cartier-Bresson catturò con la sua fotocamera. Noi non sappiamo nulla dei due ragazzi, non sappiano se stanno insieme o se sono due stranieri finiti per caso nello stesso scatto. Il successo di questa immagine può essere misurato dal numero di livelli di lettura sovrapposti.

Prima di tutto, abbiamo due scene, una per coppia, e in cui ogni coppia è impegnata in attività opposte. Il numero di figure parallele dona armonia alla scena. Inoltre, la nostra attenzione registra così vividamente il fatto che le figure in primo piano non stiano insieme grazie al netto contrasto con quelle sullo sfondo, così intimamente vicine.

La diagonale barocca dispone la giovane donna e l’uomo

In secondo luogo, non ci sono elementi di distrazione nell’immagine. Una cosa che Cartier-Bresson fa spesso è quella di posizionarsi in modo da non avere elementi di background di scarso valore che disturbino la scena. Qui non c’è in gioco Photoshop, ma solo un fantastico gioco di gambe da parte del fotografo. Se una scena ha potenziale, vogliamo che lo stesso sia concentrato il più possibile. Tutti gli elementi privi di importanza che finiscono nel nostro scatto sottraggono potere visivo alla scena.

La diagonale barocca dispone anche lo sguardo delle due figure

In terzo luogo, ci troviamo di fronte al netto contrasto di un mondo idealizzato con il mondo reale. Se c’è una scena abusata nella storia della pittura, della pubblicità e del cinema, questa è quella ritraente due amanti. Con un semplice click dell’otturatore, Cartier-Bresson cattura i contrasti dei due mondi, lasciando a noi il compito di mettere in discussione le nostre esperienze.

Di contrasto, la diagonale sinistra stabilisce una relazione a 90° fra il giovane uomo e la donna nel poster. Anche quando entra nell’ambito concettuale, Cartier-Bresson usa sempre strutture formali per dare forza ai propri soggetti

E in questo caso l’arrangiamento formale della scena lascia senza parole. Il fotografo posiziona la giovane ragazza, una figura leggera, sullo sfondo scuro rappresentato dai capelli della donna. Entrambe le figure si trovano in posizioni verticali e orizzontali dominanti. E le stesse figure o guardano nella stessa direzione, come l’uomo nel poster e la giovane donna, oppure a 90° gradi in relazione l’uno con l’altra, come il giovane uomo con la donna nel poster.

Mondi irreali

In quanto fotografi, abbiamo soltanto bisogno di un allineamento momentaneo delle figure nello spazio. In una frazione di secondo, un’immagine si presenta ai nostri occhi e per questo, dobbiamo essere pronti a catturarla. Ma per poterlo fare, dobbiamo comprendere quali forze sono in atto sotto la superficie.

La maggior parte della gente cammina per le vie della città senza mai accorgersi di immagini come quelle presentate in questo articolo. Di certo, Cartier-Bresson non era l’unico essere vivente nelle città da lui vistate. Era circondato da persone. Eppure, era l’unico a possedere un occhio incline a notare queste contraddizioni surrealiste. Come Andy Warhol diceva “le scene più eccezionali accadono in ogni momento, semplicemente noi non ce ne accorgiamo”.

Articolo di Adam Marelli, liberamente tradotto dall’originale: http://www.adammarelliphoto.com/2011/12/surrealist-manifesto-part-iii/


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