Her, l’amore ai tempi della tecnologia

Creato il 03 marzo 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il giudizio di Antonio Valerio Spera

Summary:  

Her, l’amore ai tempi della tecnologia

Assurdo e geniale il cinema di Spike Jonze, e Her, suo ultimo lavoro presentato in concorso al Festival di Roma, è l’ennesimo chiaro esempio della sua originalità, unicità e creatività. Difficile scovare nel panorama cinematografico internazionale un autore capace di azzardare in questo modo senza cadere nel cervellotico eccessivo e nell’arte fine a se stessa.

Messa da parte la parentesi fantastica di Nel paese delle creature selvagge, Jonze torna sulla scia di Essere John Malkovich e Il ladro di orchidee, firmando un nuovo capitolo della sua indagine della mente umana, in questo caso intesa come filtro dei sentimenti. Siamo in un futuro non molto lontano, dove le macchine, i computer, i cellulari hanno un’anima e provano sentimenti. Il protagonista della storia è Theodore, interpretato da un monumentale Joaquin Phoenix, scrittore di lettere, che in crisi per il divorzio dalla moglie s’innamora della voce persuasiva di un suo apparecchio elettronico (resa sensualmente da una Scarlett Johansson che per la prima volta si presta quindi a mettere da parte la sua prorompente fisicità).

Ecco quindi che Jonze ci riporta con questa storia nei labirinti della psiche umana, perdendosi in essi, alla ricerca del bandolo della matassa, della soluzione dei problemi, di una risposta per ogni dissidio interiore. E lo fa basandosi su una sceneggiatura molto articolata, ma non per questo contorta, che rispecchia e ricalca il percorso psicologico del protagonista senza mai inciampare nel rischio della confusione, senza dare mai la sensazione di perdere la bussola nella sua complessa stratificazione. Jonze maneggia con solidità il racconto, dando prova di essere un regista in grado tanto di concedersi lo spazio per trovate imprevedibili  quanto di ricondurre il tutto ad una compattezza e ad un discorso filmico unitario e coerente.

Her mette in scena una proiezione futuristica della società attuale, che attraverso l’immaginazione iperbolica di Jonze denuncia poeticamente e non calcando mai la mano la deriva comunicativa e relazionale, la spersonalizzazione e l’alienazione dei sentimenti e delle emozioni del mondo di oggi. Il film però è in fondo una storia d’amore, anche leggera se vogliamo, ma sempre indirizzata allo scavo in profondità, all’osservazione dell’interiorità. Perfetta espressione di questo intento è la perfomance di Phoenix, che sembra utilizzare la sua fisicità come una carta velina, pronta ad evidenziare controluce e quindi a manifestare le sue conflittualità interne, il suo stato d’animo, attraverso i suoi movimenti, il suo sguardo, il suo viso, sul quale Jonze indugia spesso con stretti primi piani.

Il regista americano, giunto alla sua quarta prova dietro la macchina da presa, dopo essersi affidato alle folli sceneggiature di Charlie Kaufmann, questa volta fa tutto da solo, scrivendo e dirigendo. E probabilmente tocca il punto più alto della sua carriera, realizzando un’incredibile pellicola in equilibrio tra la commedia e il dramma psicologico, tra l’astratto e il verosimile. Un film che diverte e commuove rendendosi così grande cinema d’autore per il grande pubblico. Risultato che solo in pochi nel panorama contemporaneo sono in grado di raggiungere.

di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net
foto Federica De Masi © Oggialcinema.net

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