Tristo mietitore, Angelo della morte, Thanatos, Enma, Yama: la morte ha molti nomi.Raffigurata come uno scheletro avvolto in un mantello e pronto a brandire una falce, o come tre vecchiette che tessono e tagliano i fili della vita, una cosa è sicura: la morte è l'unica certezza della vita. Per questo è sempre stata oggetto di interesse, di angoscia, di sofferenza.Da qualche anno anche il grande vecchio del cinema, l'immenso Clint, ha concentrato la sua opera su questo tema: che sia la morte di un figlio come in Mystic River, quella affrontata per scelta come in Million Dollar Baby o quella imminente di un vecchio abbandonato a se stesso come in Gran Torino, la morte è lo spettro silenzioso che aleggia nella sua produzione recente.Un tema che deve ossessionarlo a tal punto da renderlo protagonista assoluto della sua ultima pellicola: in Hereafter è la morte che fa da collante tra i protagonisti. Marie, una giornalista francese di successo, la prova sulla propria pelle durante un terribile tsunami, il piccolo Marcus perde brutalmente qualcuno che ama e il sensitivo George ha il potere di mettersi in contatto con i morti. Una donna francese, un bambino inglese e un sensitivo americano ci presentano la morte secondo il loro punto di vista, che non è mai religioso, ultraterreno o magico, ma è quello umano. Eastwood prende in giro maghi e stregoni vari, cartomanti e sensitivi, fa una capatina nell'ambiente scientifico e cerca senza convinzione un conforto religioso: l'unica storia che gli interessa però è quella dei suoi personaggi. Il regista ci racconta la morte dal punto di vista umano mostrandoci non cosa accade dopo la morte (una domanda di cui ovviamente non conosce la risposta), ma cosa accade a chi resta dopo la morte. In questa ottica il film è struggente ed estremamente umano, garbato ma allo stesso tempo forte, come tutta la grande produzione del regista americano. A non funzionare però è l'intreccio narrativo. Si aspetta invano che la storia decolli da un momento all'altro e quando finalmente i tre racconti si toccano ormai il film è alla fine.Nonostante i tre percorsi siano tutti interessanti, così frammentati non ci appassionano totalmente, finendo per soffocarsi a vicenda.L'impressione è che Eastwood questa volta abbia voluto dire troppo: tradendo il suo stile asciutto, è come se facesse pronunciare ai suoi personaggi dei sermoni sulla morte invece di buttarli direttamente nell'azione come al suo solito. E' come se fosse così partecipe dell'argomento da non guardare con obiettività la materia narrativa che ha di fronte. E' evidente che il tema gli sta molto a cuore e che le ricerche che fanno i suoi protagonisti le ha compiute in prima persona, ma narrativamente questa voglia di discorrere il più possibile su tutto ciò che ruota intorno alla morte non funziona. Sono lontanissimi i momenti altissimi sullo stesso tema come il bacio sulla fronte di Frankie a Maggie, l'urlo di dolore di Jimmy Markum o il ringhio di Walt Kowalski alla vista di un bastone prendi-oggetti.Siamo comunque di fronte a grande cinema, ma non all'Eastwood più grande.
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