Ecco, ci siamo fatti un’altra volta riconoscere! Avevano pensato, da quei provincialotti che sono, preoccupati di far vedere il pavimento lustro e le maestranze che tolgono le ragnatele col piumino, dove, come si dice, passa il prete, o Hitler, Obama o la Merkel.
Era successo che un’assemblea dei lavoratori richiesta nei tempi e nei modi previsti dalla legge e che, il sovrintendente aveva autorizzata, aveva chiuso fuori dal sito archeologico di Pompei un certo numero di turisti. Così lo stesso Ministro, che ieri tuonava per la figuraccia che i sindacati avevano provocato al Colosseo, monumento simbolo della Capitale e della “romanità”, aveva riparato, come è d’uso del governo, con un opportuno camouflage, trucco molto in voga anche dalle parti dell’Expo, riaprendo i fretta e furia alle visite un’area fino ad allora interdetta e sottoposta a interventi di restauro istantanei e eccezionali, con giubilo della stampa che aveva gridato al miracolo. Si trattava della “palestra”, inaugurata in pompa magna alla presenza di Franceschini e dei media esultanti. Peccato però che il giorno dopo la festa la parte restituita al pubblico fosse stata di nuovo chiusa, che il parcheggio utilizzato dal ministro, molto vicino ai reperti, fosse stato autorizzato e “allestito” in deroga alla normativa vigente, solo per l’occasione e che quindi il sito fosse stato “restituito” ma non a tutti, a uno solo e per una volta.
Per il Colosseo chiuso ai visitatori per un’assemblea sindacale anche quella ampiamente annunciata e autorizzata, si vede che era più complicato allestire un instant show di quelli che piacerebbero al ministro che li vagheggia e annuncia da tempo, coi gladiatori, i giochi d’acqua, le matrone e i consoli, ma soprattutto coi leoni che, per rispettare le leggi dello spettacolo-verità, si mangiavano gli scioperanti, col premier in prima fila col pollice verso a prestarsi ai selfie. In modo da riguadagnarsi la credibilità del mondo e da offrire una rappresentazione rispettosa della nostra fama di pasticcioni, incapaci, indolenti che risolvono tutto con lo sberleffo, i trucchi, le patacche.
Così si è dovuto accontentare di portare un po’ di provvidenziale acqua al mulino della cancellazione dei diritti e delle garanzie dei lavoratori, di additare alla gogna mediatica e al pubblico ludibrio i famigerati sindacati rovina d’Italia, come non aveva il coraggio di dire nemmeno la maggioranza silenziosa, esautorandoli e mettendoli fuori legge, in modo che Renzi possa fare di più di quello che fece Mussolini, che a lui – ancora con la minuscola, ma è questione di poco – di unico piace solo il partito e il resto è meglio proprio che scompaia.
E d’altra parte come non dare ragione a chi pensa che la fruizione della cultura e del patrimonio artistico siano servizi essenziali e di interesse nazionale? si direbbe anche di più di tanti pronto soccorso, della scuola pubblica, di tutta una serie di strutture per esami diagnostici. E alla pari con tunnel, alta velocità, trivelle in mare. Perché sulla necessità, la crucialità, l’indispensabilità questo governo ha decisamente le idee confuse.
Lo vogliamo aiutare: l’opinione pubblica condanna l’Italia per le condizioni di trascuratezza, abbandono e trasandatezza nelle quali lascia monumenti, siti archeologici, palazzi, opere d’arte. Si stupisce ancora, ed è strano, perché è a conoscenza del fatto che non si siano indirizzate risorse e impegnato investimenti per la tutela e la manutenzione e anche per pagare come meritano manodopera, sorveglianti, organismi di controllo e salvaguardia, malgrado sia proprio il ceto dirigente a proclamare che il nostro patrimonio è una miniera, un giacimento, il petrolio nazionale, che invece vuole andare a cercare sotto il mare. Si rammarica perché per reperire i quattrini necessari non si usino i proventi del gioco d’azzardo, anche le briciole della lotta all’evasione. Si sorprende perché quando i soldi ci sono restano nei cassetti per vari motivi, inadeguatezza, indifferenza, incapacità, irresponsabilità, o perché la fase progettuale e i preventivi di spesa spaziano nell’empireo dei Grandi Eventi, delle Grandi Mostre, dei Grandi Percorsi, dei Grandi Itinerari, quando servirebbe umile e tenace manutenzione, manutenzione, manutenzione. Si meraviglia che il pugno di ferro venga usato coi lavoratori sottopagati, precari, irregolari e non con gli speculatori e i mal affaristi che tirano su villaggetti abusivi a fianco di Pompei, coi mecenati illustri che si aggiudicano meriti, loghi, esenzioni, propaganda e lustro ma non rispettano i patti, con i costruttori che adornano colli e declivi con casette a schiera, con enti locali e amministratori che anche in virtù di leggi ad hoc inclinano verso l’autorizzazione facile, resa ormai legittima da provvedimenti che da un lato hanno avvilito e indebolito gli incaricati dei controlli e dall’altro esaltato il ruolo privato e proprietario.
Ho scritto opinione pubblica, perché invece ai governi che ci rinfacciano vizi e debolezze: l’inettitudine, la spregiudicata inadeguatezza, la boriosa impotenza, la sguaiata tracotanza di questo ceto va benissimo, incontra desideri e propositi di chi vuole cancellare lavoro e diritti per far dimenticare la democrazia, lasciare nell’incuria bellezza e cultura, così si compra a metà prezzo, umiliare cittadinanza e partecipazione in modo da comandare meglio e senza proteste.
Mi viene in mente una barzelletta che spopolava al tempo nel quale si mettevano le basi per la futura endemica disoccupazione: un neo laureato in architettura vede un cartello che suggerisce di presentarsi al Colosseo per un impiego ben pagato. Va e scopre che il lavoro consiste nel mettere la testa in bocca alla belva. Ci pensa, ci ripensa, poi – è disperato – accetta. Lo vestono da gladiatore e lo buttano in pista davanti alle fiere. Una in particolare si avvicina a lui, tremante e “non ti preoccupare”, lo rassicura, “sono un architetto anch’io”.
Ecco architetti, medici, avvocati, giovani laureati e diplomati, cinquantenni incazzati, esodati incolleriti, donne a casa a badare alla famiglia e a fare assistenza dovrebbero a andare a fare da pubblico al Colosseo insieme ai dipendenti dello storico monumento e invitare governo e rappresentanti a consolarci della sorte che ci hanno riservato prestandosi a qualche comparsata. Ci accontentiamo dei circenses, non vogliamo nemmeno il pane. Ma per favore, i leoni siano veri.