Hillary Clinton sarebbe pronta a svelare il suo piano per regolamentare gli eccessi di Wall Street.
Nei prossimi giorni dovrebbe tenere un discorso in cui enumerare i provvedimenti con cui, se eletta alla Casa Bianca, vorrebbe evitare il ripetersi delle distorsioni della finanza americana e mondiale che sono state alla base della crisi economica iniziata nel 2008.
Secondo le indiscrezioni filtrate nelle ultime ore si tratterebbe però di misure importanti, ma non abbastanza incisive.
In sostanza Hillary non avrebbe alcuna intenzione di tornare a imporre una misura normativa come il Glass-Steagall Act che, negli anni ’30, impose la separazione tra banche di investimento e di prestito ed evitò il ripetersi di crisi come quella del 1929.
Legge che fu eliminata negli anni ’90 dalla amministrazione di suo marito Bill.
In realtà all’origine della scelta di Hillary di intervenire su Wall Street e sulle banche “too big too fail” sta la volontà di contrastare il populismo e le posizioni molto più liberal, rispetto alle sue, di Bernie Sanders.
Il senatore del Vermont che si definisce socialista sta riducendo sempre più la distanza che lo separa nei sondaggi dalla Clinton.
Non solo, nell’ultimo trimestre, grazie, alle sovvenzioni dei suoi sostenitori, è riuscito a raccogliere qualcosa come 26 milioni di dollari, appena due in meno rispetto a Hillary, che può contare su finanziatori molto più ricchi e potenti.
Insomma, siamo alle solite: la Clinton non sembra avere convinzioni vere, agisce solo per convenienza, cambia idea spesso e il più delle volte solo per contrastare potenziali avversari.
Nelle ultime settimane ha sostenuto di essere contro il trattato per il libero scambio nel Pacifico, il cosiddetto Trans Pacific Partnership (TPP), mentre in passato aveva sempre sostenuto il contrario.
Addirittura per ben 45 volte, come indicato dalla Cnn, Hillary avrebbe espresso apprezzamento per un trattato ora rinnegato.
Lo stesso è accaduto in passato. Come ha ricordato David Brooks sul New York Times, nel 2000 si disse a favore del Defense of Marriage Act e in seguito si è espressa a favore del matrimonio gay.
Negli anni ’90 era per un aumento del numero di detenuti nelle carceri, anche per reati minori, mentre oggi è nettamente contraria.
Un mutamento di posizioni a 360 gradi che negli Usa è conosciuto come flip-flopping e che secondo alcuni sondaggi ha portato solo il 35% degli elettori del decisivo stato della Florida a definirla onesta.
Una percentuale che invece sale al 71% per quanto riguarda la presunta onestà di Joe Biden, che per ora, ancora non ha deciso di correre nel 2016.
Una attitudine a cambiare posizione che però non riguarda solo la Clinton.
Infatti, molti candidati alle primarie per la nomination presidenziale sono spesso portati ad assumere posizioni estremiste, sia a destra, sia a sinistra volte ad ottenere il sostegno dell’elettorato del loro partito.
Poi però quando hanno raggiunto l’obiettivo tendono a spostarsi verso il centro, l’unica posizione dello spettro politico che permette di vincere le elezioni.
Una mancanza di coerenza che però può essere un grave handicap.
Un rebus di non facile soluzione visto che Jeb Bush, candidato repubblicano alla nomination del suo partito, quando decise di scendere in campo affermò che avrebbe preferito vincere le elezioni presidenziali piuttosto che ottenere la candidatura del suo partito, poiché per ottenerla avrebbe dovuto spostarsi così a destra da considerare quasi impossibile spostarsi al centro in modo credibile per ottenere il voto della maggioranza degli elettori.