Hillary Clinton, rieccola!

Creato il 17 giugno 2015 da Pfg1971

Un tempo, il grande giornalista toscano Indro Montanelli, di fronte a una ennesimo ritorno in campo politico del suo conterraneo, Amintore Fanfani, era solito dire: “Rieccolo”.

La stessa cosa mi viene da dire seguendo la cronaca politica americana di questi giorni con l’inizio della seconda campagna presidenziale di Hillary Clinton.

La moglie dell’ex presidente, già senatrice dello stato di New York e segretario di Stato di Barack Obama ha deciso di tentare di nuovo la strada della Casa Bianca.

Se fosse eletta, nel 2016, avrebbe 69 anni, una età non certo fresca, anche se di molto inferiore a quella che aveva Ronald Reagan quando esordì nei suoi otto anni alla presidenza.

Se Hillary riuscisse a coronare il sogno che insegue dal 2008, potrebbe essere un presidente molto diverso da quello che fu suo marito.

Rispetto agli anni ’90 sono cambiate molte cose.

La grave crisi economica, iniziata sette anni fa, ha indotto il partito democratico a cambiare pelle.

Non esiste più quel partito che, con Bill Clinton, era tutto teso a conquistare i voti degli elettori centristi, tralasciando le ali estreme della sinistra.

I “New Democrats” parlavano di economia delle imprese di mercato, tagliavano il welfare in nome dell’ideologia reaganiana secondo cui lo stato non era la soluzione, ma il problema che rischiava di appesantire lo slancio dei privati verso le vette della ricchezza e del benessere capitalista.

Un partito simile non esiste più. I democratici si sono spostati nettamente a sinistra.

Nel contribuire a tale metamorfosi ha avuto un ruolo essenziale non solo la più grave crisi economica dalla Grande Depressione del 1929, ma anche la presidenza di Barack Obama che, dalla riforma sanitaria del 2010 al tentativo di regolamentare gli eccessi del sistema bancario, è tornato a dare nuovo rilievo al progressismo americano.

Con un tale clima politico, all’interno del suo partito, Hillary Clinton non poteva ripetere gli slogan centristi e simili alle posizioni repubblicane che avevano fatto la fortuna politica di suo marito Bill.

L’ex first lady ha impostato la sua nuova campagna presidenziale all’insegna delle più classiche posizioni liberal: attenzione alle classi sociali più deboli, tutela dell’ambiente e difesa dei diritti delle minoranze, dai latinos ai gay.

Il discorso che ha tenuto sabato scorso a New York, nella significativa Roosevelt Island, ha ricalcato tutti i temi cari al presidente del New Deal.

Del resto, non avrebbe potuto fare altrimenti, considerato che, alla sua sinistra, è emersa la candidatura alle primarie di un politico ancora più a sinistra di Hillary.

Si tratta del senatore del Vermont, Bernie Sanders, un uomo che si definisce un socialista, una parola che negli Usa, in certi ambienti conservatori, desta un vero e proprio rigetto.

Un leader che, per il momento, con il suo messaggio di accesa tutela dei diritti dei poveri e degli ultimi rappresentanti della società americana, appare in netto vantaggio nei sondaggi commissionati dalla leadership democratica.

La Clinton è stata quindi costretta a impostare una campagna elettorale fondata sulla rincorsa ai possibili elettori di Sanders, ma con il rischio di apparire quanto meno forzata e poco naturale.

Il giusto e continuo appello di Hillary a migliorare le condizioni dei più poveri e degli esclusi dai benefici della economia statunitense non sembra spontaneo in bocca a una donna ricchissima e spesso poco a suo agio tra i bassifondi della società americana.

Non gioca a suo, favore neanche lo scandalo degli eccessivi compensi liquidati a suo marito Bill per discorsi tenuti in mezzo mondo da società o addirittura nazioni beneficiate da scelte economiche e politiche compiute da Hillary quando era segretario di Stato, come illustrato con dovizia di particolari nel libro “Clinton Cash” da Peter Scweitzer.

Non solo, come potranno essere compatibili le posizioni molto liberal di Hillary Clinton nel contesto delle elezioni generali?

Se infatti i valori progressisti potrebbero aiutarla a vincere le primarie democratiche, come potranno permetterle di prevalere nello scontro con un partito repubblicano che, in modo speculare a quello democratico si è spostato sempre più a destra?