<< Una donna? Impossibile! Questo romanzo non può essere stato scritto da una donna! >>, esclamò Albert Camus. In effetti, Histoire d’O (pubblicato nel 1954 da Pauline Réage, alias Dominique Aury alias Anne Desclos) descrive fantasie tradizionalmente considerate maschili. Nella nostra società, dove sino a non molti decenni addietro i generi vivevano abbastanza separati, gli uomini immaginavano (e si attendevano) donne pudiche, passive, fedeli. Soltanto l’uomo poteva lecitamente mettere in atto i propri desideri sessuali, mentre alla donna spettava il compito di negarli (anche a se stessa). A questo scopo, René sceglie un modo socialmente accettabile: seduce “O”, in altre parole la conduce a sé, piega la sua reticenza, impone con costanza le proprie fantasie erotiche fino a fargliele condividere e infine richiedere. Cedere a questa tentazione ammaliante significa farsi risucchiare in un vortice stordente e senza limiti apparenti: fiduciosamente innamorata di René, “O” si rende disponibile a perdere la libertà, accettando volontariamente pratiche di dominazione e sottomissione sempre più estreme. Il disagio iniziale per gli umilianti metodi coercitivi cui è soggiogata si tramuta però ben presto in orgoglio: “O” trova una propria personale realizzazione nel farsi intenzionalmente schiava sessuale e nel saper soddisfare al meglio gli ordini ricevuti.
Fantasie che appartengono soltanto ai maschi? Ci sarebbe da discutere sull’argomento. Il fatto che sia stata una donna ad aver pubblicato Histoire d’O (sebbene con la collaborazione dell’amante) già lascia intravedere una risposta. E se un tempo il BDSM era ritenuto tout court una perversione, attualmente viene classificato come condotta sessuale di minoranza. Anche questo, tralasciando le obiezioni moraliste e di carattere psicologico, significa qualcosa.
Il libro della Réage è passato di moda e anche il film costituisce solo più un documento storico (softcore, peraltro, non aspettatevi youporn). Tuttavia, ripulito dagli aspetti deliberatamente provocatori, Histoire d’O ci suggerisce una considerazione che vale ancora oggi. Non è tanto il corpo di “O” a essere oggetto di sadismo (Corinne Cléry mantiene una bellezza inviolabile), lo sono invece i simboli che esso rappresenta. “O” è una ragazza altoborghese, fidanzata ufficialmente, ha uno stile di vita ricercato e modi eleganti: l’erotismo origina e trova il suo compimento nella profanazione di una posizione sociale, nel capovolgimento dei ruoli (fotografa di moda, “O” si trova al centro di attenzioni voyeuristiche). Fuor di metafora: per trovare una propria modalità forte di espressione, l’erotismo (maschile e femminile) ha sempre bisogno di trasgredire, ribellarsi. Alla società, alle istituzioni, alle convenzioni.
Histoire d’O, di Just Jaeckin, con Corinne Cléry, Udo Kier, Anthony Steel (Fra/Ger, 1975, 112’). Sabato 3 maggio, ore 21,10, CieloTv.