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Hitler odiava la Chiesa: «non ha che un desiderio: la nostra rovina…»

Creato il 20 febbraio 2012 da Uccronline

Hitler odiava la Chiesa: «non ha che un desiderio: la nostra rovina…»In “Novecento, il secolo senza croce” (Sugarco 2011)Francesco Agnoli parla delle origini ideologiche e culturali di Hitler, le quali riescono anche a  spiegare i lager e i progetti di sterminio del Führer. Di certo infatti, non basta il Mein Kampf per poter descrivere completamente la sua ideologia basata su due concetti fondamentali: la Chiesa si trova “in conflitto con le scienze esatte e con l’indagine scientifica”, e il cristianesimo non si è imposto se non grazie ad una “fanatica intolleranza”. Per usare le parole del massimo esponente nazista diremmo che: “Oggi il singolo deve constatare con dolore che nel mondo antico, assai più libero del moderno, comparve col cristianesimo il primo terrore spirituale”.

Adolf crebbe in un ambiente assolutamente pangermanista, ritrovandosi dunque a favore dell’unificazione di ogni cittadino tedesco sotto la Germania. Va sottolineato anche che la monarchia asburgica invece, si rifà ad una storia e a una cultura profondamente diverse e, essendo gli Asburgo molto legati alla Chiesa cattolica, va da sè che i pangermanisti si dichiarino apertamente in contrasto con quest’ultima. Nella sua formazione, Hitler ha incontrato diverse persone, molte delle quali anticlericali. E’ il caso di Lanz von Liebenfels, ex monaco diventato “instancabile avversario della Chiesa cattolica, soprattutto dei Gesuiti e sostenitore del movimento ‘Los von Rom’”, decisamente  in contrasto con il Papato; ma si potrebbe fare riferimento anche a Guido von List, fondatore di alcune associazioni segrete, ma anche autore di romanzi. Nei suoi scritti egli afferma che: “la Chiesa cattolica, gli ebrei, i massoni” sono i principali nemici della razza ariana, colpevoli di voler annientare le abitudini o la mentalità tedesca. Il vero pensiero di Hitler sulla Chiesa è emerso con “Conversazioni a tavola di Hitler”, il volume recentemente pubblicato che contiene discorsi privati tenuti dal Führer una volta salito al governo. Iniziano ad essere trascritti dal 5 luglio 1941 per ordine del capo della cancelleria del partito nonché segretario del Führer, Martin Bormann. Per inquadrare la persona, giusto facendone un accenno, basta dire che Bormann affermò: “La religione cristiana è un veleno, di cui poi è molto difficile liberarsi e che infetta i bambini”. Tornando alle “Conversazioni”, Hitler sostiene che il Cristianesimo non è altro che una delle manifestazioni della perfidia ebraica. La notte del 20 febbraio 1942 infatti, affermerà che “Il cristianesimo costituisce il peggiore del regressi che l’umanità abbia mai potuto subire, ed è stato l’Ebreo, grazie a questa invenzione diabolica, a ricacciarla quindici secoli indietro”.

Gesù Cristo non viene considerato ebreo da Hitler, ma sarebbe stato semplicemente un ariano che tentò di “attaccare il capitalismo ebraico” e per questo venne ucciso. L’approdo è facile, la falsificazione della dottrina cristiana arriva ad incolpare l’ebreo san Paolo per aver creato la religione cristiana. Hitler parla anche delle colpe della Chiesa e dei cristiani: l’impero romano, regno dell’arte, della tolleranza e della civiltà, è crollato grazie a loro. Fu così che il Führer affermerà: “Sono sicuro che Nerone non ha mai incendiato Roma. Sono stati i cristiani-bolscevichi”. Il pensiero dunque, è sempre lo stesso: i cristiani, figli dell’ebreo Paolo, sono sicuramente la causa della caduta dell’Impero ma anche gli artefici delle barbarie degli ultimi 20 secoli. La Chiesa cattolica, per il più criminale dittatore della storia, sarebbe il “regno della menzogna”, che insegna agli uomini la follia della transustanziazione e le favole su “un preteso aldilà”; ma si occupa anche di raggirare i vecchi che hanno paura di morire, “non mira che a fini interessati”, i preti non sono altro che “aborti in sottana”, “brulichio di cimici nere” e i suoi missionari, per finire in bellezza, sono “gli ultimi dei maiali”, “ripugnanti” e “perversi”.

Hitler dichiara anche di aver creduto sin dai 14 anni, età in cui si scontrava di continuo con il suo insegnante di religione, al fatto che la soluzione avrebbe dovuto essere una e violenta: la “dinamite” per sterminare i preti e con essi malvagità e menzogne. C’è da dire anche che il Führer si dimostrò molto furbo: pur condividendo con Bormann l’avversione alla Chiesa e ai cristiani, sapeva che certe operazioni andavano fatte con prudenza e cautela, o addirittura di nascosto. Egli rivelava spesso ai suoi fidi collaboratori che l’ora dei conti con la Chiesa e con il cardinal von Galen, il suo più agguerrito avversario, sarebbe arrivata presto, ma solo alla fine della guerra. In varie occasioni Hitler frenò addirittura le repressioni contro la Chiesa intraprese da Bormann, non perché fosse contrario, ma perché temeva profondamente che “potessero ritorcersi sfavorevolmente sullo stato d’animo del paese in guerra”. La conferma a quanto detto proviene da due fonti: il Mein Kampf per primo, e le memorie di Albert Speer, architetto personale del Führer e ministro degli armamenti per secondo.

Per concludere è interessante essere a conoscenza di altri suoi pensieri, i quali vanno assolutamente a confermare tutto ciò che finora è stato riportato: “Ho conquistato lo Stato a dispetto della maledizione gettata su di noi dalle due confessioni”, quella cattolica e quella protestante (13 dicembre 1941); “Un male che ci rode sono i nostri preti delle due confessioni. Attualmente non posso dar loro risposta che si meritano, ma essi non perderanno nulla ad aspettare. Ogni cosa è trascritta nel mio registro. Verrà il momento in cui regolerò i miei conti con loro e non prenderò vie traverse” (8 febbraio 1942); “Ora la principale attività dei preti consiste nel minare la politica nazionalsocialista” (7 aprile 1942); i preti oggi ci insultano e ci combattono, “si pensi per esempio alla collusione tra la Chiesa e gli assassini di Heydrich… Mi è facile immaginare che il vescovo von Galen sappia perfettamente che a guerra finita regolerò fino al centesimo i miei conti con lui…” (4 luglio 1942); “Il clero è un rettile…il vescovo Preysing è un rettile… La Chiesa cattolica non ha che un desiderio: la nostra rovina (11 agosto 1942).

 Antonio Ballarò

 


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