La versione ufficiale è nota: isolato nel suo bunker, a guerra ormai persa e con le truppe sovietiche a due passi, Adolf Hitler (1889 – 1945) si suicidò assieme alla storica amante, la baverese Eva Braun (1912 – 1945). «Lì dentro tutti – scrive lo storico Antonio Spinosa , raccontando quanto accadde nel bunker il 29 aprile 1945 – sapevano che Adolf non avrebbe cercato di mettersi in salvo, certo che il suo destino era compiuto» (Hitler, Mondadori 1991, p. 391). Il giorno successivo, il 30 aprile, sarebbe dunque avvenuto il suicidio. Usiamo il condizionale perché una certezza definitiva su questa versione dei fatti, che pure gode dell’ufficialità storica e allora confermata da diverse testimonianze, non si è mai raggiunta. E c’è chi addirittura chi sostiene che non solo Hitler non sia morto quel giorno ed in quel modo, ma sia fuggito altrove, in Argentina, dove sarebbe vissuto per molto altro tempo.
Ma andiamo con ordine e partiamo dai primi dubbi sulla citata versione ufficiale. Il primo concerne l’identificazione del cadavere: la perizia effettuata dai sovietici entro la prima metà del maggio 1945 alla periferia di Berlino riferisce di un dente in sovrannumero e un testicolo mancante. Peccato che i tre medici tedeschi che visitarono il Führer negli ultimi anni non rilevarono alcuna anomalia agli organi genitali, né il suo dentista personale, Hugo Blaschke, parlò mai della presenza di un quindicesimo dente nella mascella inferiore. Errore dei medici sovietici o scambio di cadavere? La possibilità che ci fosse un sosia? Sono domande che meritano attenzione. Anche perché fu nientemeno che il Generale Dwight Eisenhower (1890-1969), nel corso di una conferenza stampa giugno del 1945, a dichiarare testualmente: «Le ricerche sovietiche non hanno trovato tracce di resti di Hitler, né la prova positiva della sua morte».
Attenzione alle date: queste parole risalgono al giugno 1945, sono cioè certamente posteriori alla perizia sul cadavere che fu stilata, come abbiamo ricordato, il mese precedente. Quindi Eisenhower mentiva, era male informato o, più semplicemente, diceva la verità? «Quando alla Conferenza di Potsdam – ricorda lo studioso Alessandro De Felice, nipote del più famoso Renzo (1929-1996) -, sempre nel 1945, il presidente americano Harry Truman chiese a Stalin se Hitler fosse morto, il dittatore sovietico rispose senza mezzi termini:”No”. E aggiunge che i gerarchi nazisti erano fuggiti in sommergibile in Spagna o Argentina» (Il Giornale, 20/5/2012, p. 24). A confermare l’ipotesi di una fuga in Argentina da parte del dittatore tedesco c’è il lungo lavoro d’inchiesta curato dal giornalista Abel Basti.
Dopo anni di indagini, culminate nella pubblicazione del libro Tras lo pasos di Hitler (Planeta), Basti è arrivato alla conclusione che Hitler non solo non sarebbe morto il 30 aprile 1945 e non solo sarebbe fuggito in Argentina, ma sarebbe vissuto per molti altri anni, morendo il 5 febbrario 1971. Attualmente, secondo questa ricostruzione, sarebbe sepolto in Paraguay, nella cripta di un antico bunker nazista, oggi sostituito da un lussuoso hotel che ogni anno chiuderebbe ai clienti nella prima settimana di febbraio appositamente per consentire ad un privilegiato gruppo di nazisti di poter rendere omaggio al proprio mito nell’anniversario della sua morte. Basti ammette che all’inizio era scettico su ipotesi di questo genere, ma la ricchezza di indizi raccolti e soprattutto l’incontro con molti presunti testimoni oculari della sopravvivenza del Führer, lo ha poi convinto del contrario portandolo alle conclusioni ricordate.
Quello che è storicamente accertato è che l’Argentina era alleata della Germania, tant’è che concesse rifugio a molti ufficiali del Reich. Allo stesso modo è accertato che in Argentina, nel luglio 1945, arrivarono due unità di sommergibili tedeschi, lo U-977 e lo U-530. Eppure, anche se il governo argentino continua a respingere ulteriori richieste su possibili altri arrivi opponendo a queste il segreto di stato, il possibile. «Il possibile arrivo di un buon numero di U-Boot in Argentina è stato segnalato, alla fine del conflitto, da pescatori, militari e abitanti di villaggi costieri. Avvistamenti che si sono concentrati nel Golfo di San Matías e in particolare nella Caleta de los Loros. Episodi verificatisi dopo la resa del 977 e del 530, dunque doveva trattarsi di altri mezzi» (Corriere della Sera, 7/10/2009, p. 19). E se a bordo di uno di questi altri sommergibili misteriosi ci fosse stato, magari camuffato, Hitler?
A rendere ulteriormente fitto il mistero c’è la presenza di documenti declassificati dell’Fbi, che ormai circolando anche sul web, che dimostrerebbero un atteggiamento possibilista in ordine all’ipotesi che Hitler non sia affatto morto nel famoso bunker berlinese nell’aprile ’45. A ciò si aggiunga un altro dettaglio di non poco conto, e cioè che uno dei più citati lavori storici sulla morte suicida del dittatore tedesco è Gli ultimi giorni di Hitler, a cura di sir Hugh Trevor-Roper (1914-2003), studioso di primo livello che però collaborava col Military Intelligence britannico, prendendo ordini da Churchill (1874-1965), il quale avrebbe comprensibilmente avuto tutto l’interesse storico e politico di dichiarare morto e, quindi definitivamente sconfitto, il nemico nazista. Senza dimenticare che Trevor-Roper non mancò di incorrere in errori grossolani, per esempio autenticando, come fece nel 1983, falsi diari di Hitler.
Va tuttavia detto che, oltre a Trevor-Roper, tanti studiosi concordano con la versione della morte di Hitler nel bunker, non foss’altro per la coerenza che questa avrebbe con la tragicità incarnata dalla sua figura. Viceversa le tesi di Basti, De Felice ed altri, benché affascinanti, alimentano a loro volta non pochi dubbi, a partire dal fatto che, se fosse vero quanto sostengono, ci troveremmo davanti alla più colossale messinscena di tutti i tempi. Che per realizzarsi avrebbe però dovuto contare sulla fedelissima complicità di un numero di soggetti davvero molto alto. Probabilmente eccessivo.Tuttavia le incongruenze, nei resoconti di quanto accadde nell’aprile del ’45 e subito dopo, come abbiamo visto, non mancano. Dunque è lecito esprimere perplessità, possibile effettuare ulteriori ricerche e difficile non riconoscere come, a distanza di tanto tempo, le ombre sulla fine del Führer non solo rimangano, ma rischino persino d’infittirsi. Lasciandoci la sensazione che come siano davvero andate le cose, in fondo, non lo sapremo mai.