H&M Group: la moda che venne dal freddo

Creato il 03 aprile 2012 da Laibi
Lo ammetto: sono una maledetta impicciona. Mi piace informarmi, sapere, conoscere...  proprio impicciarmi (inutile, non esiste termine più appropriato). Così quando ho letto la notizia che il colosso svedese H&M ha annunciato il lancio di una nuova catena di abbigliamento (con un posizionamento di prezzo leggermente più alto, ma non al punto da definirlo un luxury brand), la prima domanda è stata: ma perchè, quante altre ce ne sono? E così, dopo un pò di tapping compulsivo sulla tastiera ecco i risultati della mia ricerca: 5 catene di abbigliamento (che diventeranno 6 nel 2013, appunto), circa 2.500 negozi in 44 mercati e l'obiettivo di aumentare i propri punti vendita del 10-15% all'anno.
In questi primi mesi del 2012, il colosso del fast-fashion ha chiuso con un +3% con vendite stimate intorno ai 3 milioni di euro, nonostante l'aumento del costo delle materie prime che sembra non abbiano fatto registrare l'aumento di utili stimato dagli analisti. Poco importa: il brand nord-europeo, nato nel 1947, è sempre più deciso a scalzare la spagnola Zara dalla posizione di predominanza nei mercati internazionali. Da qui la scelta di diversificare l'offerta, lanciando diverse catene di abbigliamento, tutte autonome e complementari dal punto di vista dell'offerta, così da coprire un range sempre più vasto di consumatori. Da qui anche il lancio di un nuovo marchio con prezzi e qualità (si suppone) leggermente superiori: persino la maniaca dello shopping meno attenta al portafogli può notare infatti come Zara ed H&M si posizionino su due fasce di prezzo diverse. Secondo indiscrezioni di Fashionista , il nuovo brand potrebbe chiamarsi & Other Stories
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Un minuto di silenzio, vi prego.
Davvero il nome più brutto e senza senso che si possa dare ad un marchio. Spero sinceramente sia una bufala.
Tralasciando il marchio di punta e soprattutto gli improbabili nuovi brand in arrivo, ecco quali sono le proposte cheap&chic del gruppo, dalla Svezia con amore.
COS: secondogenito della famiglia, il marchio COS rappresenta la risposta concettuale e di design del gruppo, per gli appassionati delle linee pulite e degli abiti essenziali. Uno stile minimalista, anche nei prezzi (nonostante siano leggermente più alti rispetto a quelli di H&M) che rappresenta una grande scommessa per il Ceo Karl-Johan Persson, che ha annunciato recentemente la scelta di puntare proprio su questo marchio per una nuova espansione nei mercati internazionali. Sarà questione di poco, quindi, e poi i primi store COS apriranno i battenti anche in Italia.

COS Lookbook s/s 2012 (via cosstores.com)


Monki: insieme a COS rappresenta il secondo marchio scelto dal gruppo per l'espansione internazionale. Al momento ha aperto punti vendita in Germania, UK, Hong Kong, oltre che nel Nord Europa, ma l'obiettivo sembra sia anche il mercato americano e italiano (speriamo!). A differenza di H&M e del fratello minore e concettuale COS, vanta proposte stilistiche più easy, giovani e creative (alla fine del post un piccolo assaggio) a prezzi decisamente più contenuti.

Monki s/s 2012 (via monki.com)


Weekday: con punti vendita sparsi in tutto il Nord Europa, veicola il lato più sporty e facile del gruppo, puntando molto sullo streetwear e il denim. Fa parte del marchio anche Cheap Monday, il brand che ha rivoluzionato la vestibilità del jeans in tutto il mondo: skinny, sottile e a vita alta.

MTWTFSS Weekday Lookbook s/s 2012 (via weekday.se)

Con una simile espansione commerciale, risulta difficile pensare ad un altro competitor che possa spartirsi il mercato (soprattutto europeo) assieme a Zara e H&M: logico quindi che i due big stiano agendo in modo da sottrarre l'un l'altro quote di un mercato che, ormai, è nelle loro mani. E se Zara ha il vantaggio di produrre operando forti economie di scala (leggi: faccio t-shirt e jeans senza affidarmi a terzisti, procurandomi da solo le materie prime) H&M ha dalla sua l'attenzione al prodotto, disponendo di un team di giovani stilisti operanti nelle collezioni di tutti i marchi e di una strategia di comunicazione (a mio avviso) vincente. Nessun altro gruppo del fast fashion fa un utilizzo così attento dei media, dal corporate magazine distribuito nei punti vendita e online, al canale youtube, che sforna video a ritmo costante, senza dover obbligatoriamente parlare di eventi strettamente legati al marchio. Così, ogni articolo, post, video non sembra una promozione sfacciata del marchio (anche se un pò in realtà lo è) ma semplicemente un info, uno spunto, totalmente slegato e indipendente dal contesto promozionale.
Ma visto che non posso continuare a cianciare di mercati, profitti e affini, e devo in qualche modo dare sfogo alla mio lato frivolo e spendaccione, ecco qui degli ottimi motivi, a mio modestissimo avviso, per cui Monki batte di gran lunga gli altri brand della grande famiglia svedese (H&M è fuori dai giochi in quanto padrino, quindi sacro e intoccabile)

Vi prego di notare il grande sforzo..anche perchè non l'ho fatto con Polyvore!

1. Watermelon clutch per essere chic e ironiche anche dal cocomeraio (termine improprio per definire quei banchetti posti sul ciglio delle strade, nelle ridenti cittadine costiere del Sud, dove puoi gustare una bella fetta di anguria in una location molto spartana).
2. Cloud ring sono nuvole? Panna montata? Chissenè, sono anelli e anche molto belli.
3. Cubanello sono un grandissima copywriter, lo so, (o una grandissima demente, a voi la scelta) ma questo anello dalle linee pulite ed essenziali è dedicato a tutte quelle che anelano ad un sano rigore nella propria vita, almeno sulle dita.
4. Banana bag fa molto Prada dell'anno scorso, ma suvvia, non siate delle fashion addicted. Potete sempre dire che serve per tenere buono il vostro fidanzato gorillone.
i +3 rimanenti motivi sono gli outfit, scelti secondo precisi requisiti: colore (perdutamente innamorata dell'arancio quest'anno) stampe (ma quanto sono belli quei leggings?) e desideri reconditi (splendida tuta ma, davvero, quella scollatura non saprei proprio come riempirla).
Il motivo che però batte tutti è il prezzo: da brava puparuola oculata, ho silenziosamente esultato apprendendo che la clutch, ad esempio, potrebbe essere mia per 20 euro (+9 euro di spese di spedizione). Ci sto pensando, giuro.
p.s. Noto con piacere che l'autorevolezza che sfoggio mentre snocciolo dati e cifre, viene meno quando si parla di moda o, più banalmente, di cose che mi piacciono.
Spero di migliorare.
UPDATE: The Cut ha confermato, il nuovo marchio si chiamerà & Other Stories... non mi esprimo.