"Se tutto è andato bene, evidentemente qualcosa non ha funzionato".
"Se qualcosa sembra andar ben, hai detto bene, sembra".
Non voglio rovinarvi il lunedì, nonostante di per se sia già un giorno rovinato, dovendo tornare inevitabilmente al lavoro.
Voglio raccontarvi una storia che ha per me ancora dell'incredibile e che ho deciso di usare come mantra personale nei momenti difficili.
Ma soprattutto un ricordo a cui voglio restare attaccata il maggiormente possibile perché in grado di riappacificarmi con tutto il resto.
Qualche settimana fa sono stata a Londra per la tradizionale fuga di inizio autunno, che mio marito ed io facciamo con nostra figlia prima che la scuola diventi pesante.
Tre giorni, anzi diciamo pure uno e mezzo, di intensa vita metropolitana, dentro e fuori musei, negozi e parchi per fare scorta il più possibile, di belle immagini da tenersi dentro nei mesi del buio invernale.
Di Londra ne ho già parlato ampiamente in questo blog, ma se la scelta delle nostre fughe spesso cade su questa magnifica città, è anche perché Londra è la città dei teatri e della musica.
Una scelta che non ha eguali in nessuna parte del mondo tranne NY, e forse con qualità ancora superiore. Quindi per noi un'attrazione irresistibile.
In breve, il nostro viaggio aveva un momento topico nel programma, ovvero la serata di sabato in teatro a vedere The Phantom of the Opera.
Musical storico che conosco quasi a memoria e che è la perfetta sintesi tra melodramma e concerto rock, con tripudio di effetti speciali, costumi meravigliosi, scene corali da togliere il fiato. Insomma imprendibile e straordinario.
Abbiamo comprato i biglietti on line con un mese di anticipo ed abbiamo pregustato quella serata in più di un'occasione, canticchiando Masquerade, All I ask of you, Angel of music...ecc.
Nel pomeriggio del sabato siamo andati a ritirare i nostri biglietti al Her Majesty's Theatre e già ci sfarfallava lo stomaco per la felicità.
Mia figlia non aveva ancora mai visto the Phantom quindi l'aspettativa di condividere questa esperienza con noi era raso cielo.
Ci presentiamo in teatro alle 19.00 con un anticipo di mezz'ora.
Entriamo in un tripudio di velluto rosso, scortati dai volti sorridenti delle maschere, che ci accompagnano ai nostri posti.
Platea, centralissimi, file perfette per ammirare il palco senza bisogno di binocolo (che comunque avevamo).
Ci guardiamo e dalle nostre facce emerge un sorriso che fa il giro della testa.
Ahhh....che meraviglia! Ci sediamo comodi, ci diamo delle arie: "ma che posti magnifici, che fortuna sfacciata, ahhh che bello, stasera ce lo godiamo proprio". E continuiamo questa litania per una buona decina di minuti, girando il collo per osservare la grandezza del teatro, ed i posti lontanissimi, lassù in cima, in piccionaia.
E' quasi ora. Il teatro è strapieno. Ci alziamo un paio di volte per far accomodare nuovi ospiti, e quando la nostra fila si riempie, io esordisco giuliva "Finalmente, adesso non ci rompe più le scatole nessuno!".
Sono seduta all'esterno della fila, lungo il corridoio, posso allungare le gambe e mentre faccio per stirarmi, vedo una signora sorridente che mi chiede il numero della fila. "Is this N 14?". Io la guardo, sorrido e confermo.
Lei sorride mi guarda e afferma: "This is my place!". Dietro di lei 2 altre signorette carine ed in tiro con i biglietti in mano.
Con gentilezza prendo i miei biglietti e le faccio vedere che anche il mio è il N14 e che quindi ci deve essere un errore.
Mio marito chiama la maschera, un ragazzo gentile che si avvicina a noi, prende i biglietti e ci guarda sorpreso.
Con calma ci fa notare che quei biglietti erano per lo spettacolo del pomeriggio alle 14.30, e con il ditino segna l'orario sul biglietto.
E' un attimo ed io sento lo svenimento in arrivo.
Mi si ammollano le braccia, le gambe, mi va via per un momento il lume dagli occhi, mi si frantuma il sorriso e sento uno strano brusio nelle orecchie. Lentamente cediamo i posti alle signore e la maschera ci prega di seguirlo, proprio nell'istante in cui si spengono le luci e l'orchestra attacca il medley dell'opera.
Ci fermiamo in fondo alla sala, accanto al controllo luci e nel buio totale, il ragazzo ci spiega che non possiamo assolutamente restare, il teatro è sold out e non c'è possibilità di sistemarci.
Non capiamo cosa sia successo. La nostra prenotazione era per le 19.30 ma non abbiamo con noi la mail ricevuta a suo tempo.
Mia figlia è quasi in lacrime, mio marito non riesce a parlare.
Io farfuglio qualche parola in inglese con una faccia uscita da un dramma di Kafka, e termino con un "siamo qui per questa serata, ci faccia stare anche in piedi, please".
Lui ci guarda impietosito e dice "stay here".
Si allontana ed esce dalla sala.
Passano 15 minuti buoni, noi coi nostri cappotti in braccio, appoggiati senza forze alla parete come deficienti, l'umore sotto le scarpe e senza neanche avere coscienza di cosa stia succedendo sul palco. La serata è finita ormai.
Ce lo ritroviamo di fronte senza neanche accorgercene, tanto siamo annichiliti dalla delusione.
Ci fa segno di seguirlo in silenzio e ci porta fuori dalla sala.
Lo seguiamo su per una rampa di scalette mentre lui ci dice che per adesso ci sistema, ma se dovessero avere bisogno dei posti, dovremmo andarcene.
Noi ubbidiamo zitti e buoni, lo seguiamo fino ad una porticina, che lui ci apre con estrema delicatezza piegandosi in avanti. Ci fa entrare nel buio e ci saluta.
Mentre chiude la porta alle nostre spalle, io leggo sull'esterno "The Royal Box".
Mi giro e sussulto: siamo sul palco.
Quello in cui ci troviamo adesso è il palchetto reale, altezza proscenio.
Sotto di noi, l'orchestra. E' talmente vicina che posso leggere le note nelle partiture.
C'è Christine, la protagonista, che canta proprio davanti a me, se allungo una mano, le tocco il vestito.
Mi siedo lentamente, nel buio.
Mi volto verso mio marito che mi guarda stranito e mia figlia ormai senza parole.
La nostra serata comincia adesso.
Questa piccola proposta è stata realizzata per il Swiss Cheese Parade promosso dai Formaggi dalla Svizzera e da Tery del blog Peperoni e Patate.
Sandwiches di Cecina con spinaci saltati, Gruyere e Pancetta di Cinta Senese:
Ingredienti per c.ca 10 sandwiches
Per la Cecina
300 g di farina di ceci
1 litro di acqua
100 ml di olio
1 cucchiaino di sale
pepe macinato fresco
Per il ripieno
100 g di Gruyere tagliato a fettine sottili
100 g di spinaci novelli saltati in padella con un po' di burro e fatti passire a fuoco medio
10 fettine di pancetta di Cinta tagliate sottili
Preparate la cecina.
Versate la farina setacciata in un ciotola piuttosto ampia e formate una fontana.Versate a filo l'acqua continuando a mescolare magari usando una frusta quando il composto sarà fluido, per evitare la formazione di grumi, quindi aggiungete il sale ed una bella macinata di pepe fresco e fate risposare, non meno di tre ore ma anche per tutta la notte.
Prendete la pastella e se necessario eliminate il filo di acqua che sarà alito in superficie alla vostra pastella, usando un cucchiaino con estrema delicatezza, e successivamente aggiungete 80 g di olio. Incorporate bene
Prendete un testo di c.ca 28/30 cm di diametro, se lo avete di rame meglio, altrimenti uno antiaderente robusto, e versatevi il restante olio ungendo bene.
Versatevi il composto liquido e fate cuocere a 200° per c.ca un'ora e fino a quando la superficie non sia ben dorata e si sia formata la tradizionale crosticina.
Spolverate di pepe se vi va.
Fate raffreddare il tanto che basta per tagliarla senza scottarvi.
Con un coppapasta rotondo di 7 cm di diametro tagliate 20 dischi dalla cecina e girateli in modo che abbiano la parte croccante in basso.
Su dieci dischi sistemate nell'ordine le fettine di Gruyere, gli spinaci saltati e richiudete i vostri panini.
Mettete i sandwiches in forno su una teglia ricoperta da carta da forno a 220° per 5/7 minuti fino a che il formaggio non sarà fuso.
Toglieteli dal forno, posizionate la fattina di cinta in cima al sandwich e fermatelo con uno piccolo spiedino.
Mangiate subito.