Il "cavallo stramazzato" di Montale giaceva esangue accanto al mio letto; le sue membra inflaccidite non nascondevano, tuttavia, un occhio ancora sbarrato sulle fattezze di quell'ignota bruttezza impietrita di fronte a lui. Non era spavento. Non era stupore. Era "essenziale meraviglia": quell'ineluttabile che non ammette resoconti, che sfugge al linguaggio, che si palesa in una sinfonia istantanea, zeppa di note, di accordi in tritono (diabolus in musica), di urla stremate per la troppa fatica. L'eroe, di fronte al drago, non decide di risparmiarlo, non di farselo amico, nè ovviamente di ucciderlo: lo osserva e resta fermo, nei suoi occhi non vede più nè un nemico, nè un amico; nè rabbia, nè compassione: vede solo quel luminoso buio del niente assurto a significante.
Decine di bambini sono in circolo, si scrutano e, timidamente, iniziano a chiedersi quale sia il gioco che devono giocare. Sembra che tutto sia mosso da un'indifferenza che sconosce perfino se stessa: il cerchio si muove flessuoso dietro alla spinta di mani annoiate, dall'alto sembra una danza, dal basso una sequela di requiem. Improvvisamente un ragazzino scioglie l'abbraccio; non sa perchè, ma lo fa e ciò innesca la catastrofe. Il circolo si dissolve, pezzi umani si disperdono con il viso di chi, ignaro del perchè, si domanda cosa ci facesse in quel posto e cosa dovrà fare adesso.
Il continuum è spezzato. Forse non è mai stato quel nastro di raso che i più vedono dispiegarsi infinitamente. Forse è solo l'illusione, il desiderio puro di non potersi vedere al di fuori di esso, a guidare gli animi inquieti verso una pace sorta come un fiore nel deserto: una pace senza guerre.
"La decadenza è molto più morale di quanto si creda", mi sussurra una voce. E' vero: si decade in modo decoroso, cauto, con poche lacrime dietro al feretro. Nessuno grida ed è forse perchè molti dei commedianti che figurano al funerale sono anch'essi morti, sono stati reclutati nelle fila del partito più longevo e più coerente: quello del non-senso innalzato al cielo come un obelisco. Un raggio di sole pietrificato, perchè quello vero è troppo ardito, sfacciato, immorale. Meglio l'intimismo smorto di una preghiera nel buio inutile di una cappella, perchè in fondo, ed è questa la più amara verità donata all'uomo, tutti sanno che gli eroi non si invocano mai. Una croce è sufficiente, una lancia insanguinata giace sepolta tra righe arcane e il lascito, sprecato nel ventre della terra, si è imputridito per non offendere la sensibilità di chi nel risparmio vede se stesso eterno.
Ogni tremito nell'ombra è un vitale e mortale colpo di spada mancato. Finchè la morte vera, finalmente, non ci separarci da questa insulsa comunione di spiriti che sanno solo osservarsi in silenzio.