“Un senzatetto arriva in una nuova città e si ritrova intrappolato nel caos urbano, una città dove regnano la criminalità e il boss del crimine. Vedendo un paesaggio urbano pieno di rapinatori armati, poliziotti corrotti, prostitute vittime di abusi e persino un Babbo Natale pedofilo, decide di portare giustizia in città nel miglior modo che conosce: con un fucile da caccia calibro 20”
Un soggetto folgorante, è innegabile, che sostituisce il protagonista del trailer originale con un incisivo Rutger Hauer, protagonista assoluto di un vero e proprio delirio nichilista: il mondo, contestualizzato in un imprecisato futuro dal look anni ‘80, è andato totalmente a rotoli e sarà così l’ultimo degli emarginati a ristabilire un decisivo ordine sociale, grazie ad una straordinaria determinazione ed un fucile sempre al proprio fianco. Si aggiunga una fotografia ipersaturata ad opera di Karim “Subconscious Cruelty” Hussain ed un gusto (a dirla tutta, quasi morboso) per una violenza ai limiti del risibile e si giungerà ad una pellicola fieramente sbilenca, colma di paradossi e lungaggini, che tuttavia rispetta nel profondo – soprattutto nelle seconda parte – lo spirito precipuo del grindhouse americano che fu. Violenza, personaggi tagliati con l’accetta, dialoghi che sfoggiano frasi d’impatto disarmante: una giostra senza freni per chi decide di stare al gioco, accettando gli eccessi di un cinema dall’anima ludica che, purtroppo, non tornerà mai più.
Geniale, su tutte, la trovata della coppia di killer denominata “La peste”, che strangola le proprie vittime utilizzando cappi istantanei da agganciare al soffitto. Spassoso, quasi come uno spaghetti western.
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