Il governo hondureño non avrebbe più soldi e le aziende statali sarebbero vicine al fallimento. La denuncia, presentata nei dettagli questa settimana, è stata presentata dal Fosdeh (Foro Social de la Deuda Externa y Desarrollo de Honduras), un’organizzazione senza fini di lucro che si occupa della materia economica del paese centroamericano.
Il 2012 è stato l’anno del malgoverno e dello sperpero: le istituzioni pubbliche hanno speso più di quanto loro concesso; ha regnato sovrana la contrattazione diretta; i fondi d’emergenza sono stati concessi senza verifiche; si sono usati conti bancari speciali che hanno debilitato la gestione sulla spesa. Su tutto, la mancanza di controlli in un ambiente dominato dall’immunità e dall’impunità e che rischia di ripetersi per tutto il 2013.
¨Non c’è stata una vera politica di controllo sul bilancio dello Stato¨ hanno denunciato gli esperti del Fosdeh. ¨I conti non combaciano con la realtà del paese e questo porta a commettere una serie di irregolarità che ingrossano il debito pubblico. Non ci sono orientamenti strategici da parte degli enti preposti alle finanze, i quali hanno dimostrato mancanza di rigore, contrattando senza necessità, con un forte danno per l’erario pubblico¨.
Parole forti che dipingono un paese alla deriva, tormentato dal peccato originale di un golpe (quello del giugno 2009) i cui effetti non sono stati superati, ma che hanno dimostrato alla lunga tutta l’incongruenza di quel processo. Un golpe che ha rafforzato i privilegi della casta e di quanti –soprattutto nella funzione pubblica- alimentano e sostengono il malgoverno ed il malcostume. Secondo il Fosdeh mancano nelle casse dello Stato quasi 600 milioni di dollari, una cifra da capogiro e nessun ente è in grado di spiegare che fine abbiano fatto questi soldi. Nonostante la gravità dell’ammanco, nessun provvedimento è stato preso per determinare cause e responsabili del deficit.
La salute delle partecipazioni statali è pessima. Il governo in questi giorni ha deciso di tollerare per un periodo di due mesi le perdite –valutate nel 2012 in 400 milioni di dollari- di otto imprese pubbliche, alle quali, nel frattempo, è stato chiesto di presentare un piano di salvataggio per evitarne la chiusura. Parte di questo piano è incoraggiarne la fusione tra di loro, licenziando quei lavoratori con contratto a termine. Un piccolo provvedimento, che però non risolve il problema di fondo, che è quello di una gestione pubblica deficiente.
L’Honduras, insomma dovrà stare attento se non vorrà trovarsi presto in bancarotta. Detta in parole povere il gettito fiscale non è in grado di contenere la spesa pubblica, situazione aggravata dalla corruzione e dallo spreco generalizzato. Con un buco di questo genere, resta ora da determinare chi pagherà i piatti rotti. Le banche hanno già fatto sapere di non essere interessate a comperare ed offrire buoni del tesoro dello Stato, mentre un nuovo intervento del Fondo monetario internazionale –che è già intervenuto pesantamente in passato- è da scartare. Mentre il Congresso insiste sulla necessità di recuperare fondi con il progetto delle città private (dichiarato incostituzionale dalla Corte Suprema di Giustizia), l’opposizione si chiede come l’Honduras potrà far fronte a questa nuova emergenza. In un paese dove il 70% della popolazione è povera e dove il salario minimo di chi ha un lavoro fisso si aggira sui 250 dollari al mese, il raggio di azione è limitato. Il presidente Porfirio Lobo è contrario a prendere decisioni contundenti per una ragione molto semplice: siamo in anno elettorale ed il suo partito ha buone possibilità di vincere le elezioni del prossimo novembre. La sua sarà una politica di piccoli passi e di decisioni senza trascendenza, giusto per accontentare tutti.
Sarà un esercizio di equilibrismo, visto che già dal mese di dicembre appena trascorso i soldi per pagare gli impiegati pubblici sono stati trovati a pochi giorni dal Natale. Le aziende private, che vendono prodotti e servizi allo Stato, dovranno ancora aspettare: per loro, i soldi arriveranno a Pasqua.
Articolo esclusivo pubblicato sull’appzine L’Indro: http://www.lindro.it/.
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