Hope you guess my name: il nuovo cinema demoniaco

Creato il 24 gennaio 2014 da Fascinationcinema

Inganna, tenta, raggira: il diavolo, “il gran nemico delle umane genti” secondo il Tasso, ha sempre avuto un ruolo essenziale all’interno della cinematografia horror, per quanto sia diventato – specialmente in alcune decadi – un tema vagamente abusato. Raccontare il cinema demoniaco attraverso i suoi vari riferimenti in modo esaustivo è, certamente, un’impresa che meriterebbe un volume apposito: per cui in questa sede cercherò di concentrarmi sui contributi più recenti che si sono visti sullo schermo, e che si sono distinti per una particolare qualità. Alla fine di questo mini-saggio è stato scelto un elenco di film recenti a tema demoniaco che, per via delle tematiche e delle atmosfere qui discusse, meritano una visione.

In generale i vari spin off esorcistici usciti fuori come funghi, con rare eccezioni, poco si addicono a raccontare l’evoluzione effettiva di un genere, il quale preleva gran parte del proprio immaginario dagli anni settanta, dalle sue suggestioni e dalle sue principali tematiche e scelte stilistiche. Se è vero che altri sottogeneri del terrore si caratterizzano per particolari ben distinguibili, come una violenza particolarmente marcata, la presenza di un villain assassino seriale o l’esistenza di mondi paralleli, il cinema demoniaco solo in alcuni casi ha evidenziato caratteristiche ben distinguibili. Il più delle volte si tratta di sensazioni, di scenari orripilanti quanto apparentemente ordinari, di allucinazioni, di collegamenti col sovrannaturale che un osservatore razionale potrebbe quasi sempre spiegare diversamente. Si tratta, quindi, di un sottogenere che presenta eventi terrorizzanti (case o oggetti posseduti, persone che iniziano a sentirsi dominate dal maligno) e che demanda ogni possibile spiegazione all’aldilà, ad entità esterne, ad altri mondi. Tutto si gioca, in effetti, sul filo di una sottile ambiguità, concretizzando un orrore che aleggia dietro la porta di casa, nascondendosi nell’ombra e spesso aggredendoti quando è riuscito a convincerti che non esiste. A volte bisogna dire che l’esperimento riesce bene, portando alla luce film che riescono a tenere inchiodato alla poltrona il più convinto degli scettici; in altri casi, invece, tali lavori si prestano solo a diventare un veicolo indiretto (spiace dirlo) di propaganda filo-religiosa, allo scopo di esaltare e far conoscere le figure di intriganti medium ed esorcisti.

Di certo il fascino del maligno, nelle sue varie declinazioni demoniache o stregonesche, non è roba da poco per il mondo del cinema horror: è quindi interessante andare a comprendere più da vicino come si siano evolute, negli ultimi anni, le influenze luciferine all’interno di esso. Gli spunti, parlando più in generale, mostrano un sottogenere di cinema più in forma di quanto potremmo pensare, per quanto vagamente limitato  nelle possibili letture che siamo autorizzati a fare. Non ci sono dubbi che il recente Le streghe di Salem di Rob Zombie (2013) sia stato uno dei film più controversi dello scorso anno. Partiamo dal fatto che si tratta di uno dei pochi horror recenti che ha scatenato un putiferio anche nell’opinione pubblica italiana, considerando ad esempio che il vescovo di Ferrara ne ha chiesto la censura bollandolo come “un misto di satanismo, oscenità, offese alla liturgia e alle realtà ecclesiali”. In effetti neanche il più attento recensore avrebbe potuto esprimere in maniera così diretta le prime caratteristiche che rendono unico il cinema demoniaco di ogni ordine e grado: ovvero farsi beffe, oltraggiare oppure (a volte) criticare l’essenza stessa della religione (specie cattolica) attraverso immagini forti, dirette e spesso oltraggiose. Con questo film è forse una delle pochissime volte, di recente, in cui un horror – peraltro di eccellente fattura – scomoda considerazioni di ordine morale o etico, quando alla peggio era in grado di scatenare solo critiche sbadigliate da parte di qualche critico radical-chic. In effetti il lavoro del regista e musicista americano picchia piuttosto duro in fatto di esagerazioni, critiche alla chiesa, violenza psicologica e capovolgimenti di croci, sviluppandosi in un intreccio insopportabilmente (per i moralisti) lento: buona parte del film cerca di ricalcare le atmosfere settantiane alla Omen di Richard Donner (del 1976), sconfinando in momenti allucinatori e psichedelici decisamente inquietanti. Un po’ come nel film di Donner, a cui Zombie si richiama da abile professionista e profondo fan del genere, l’intreccio mostra un Male subdolo, sinistro, invisibile ed immateriale. Il Male, infatti, si manifesta attraverso alcune terribili streghe, che attraggono la fascinosa protagonista con l’inganno fino a farla partecipare ad un rito stregonesco perverso. Il tutto diventa un pretesto per criticare, quasi prevedendolo, lo stesso moralismo che l’horror in questione è riuscito a suscitare, per quanto quelle accuse di blasfemia siano più propriamente associabili ad una forma di grottesco. Del resto i presupposti narrativi della pellicola – un disco che, una volta ascoltato, produce un effetto deleterio sulle menti degli ascoltatori – si richiama ad uno degli stereotipi più comuni relativi a questo argomento, per cui il tutto va considerato per quello che riesce ad essere: un tributo agli horror demoniaci e sovrannaturali anni 70, che è forse uscito un po’ fuori tempo ma senza che Zombie si sia posto alcun problema in merito. Certo il regista non è andato per il sottile, soprattutto nelle proprie deliranti conclusioni che evocano una forte valenza simbolica, ed ha rappresentato il satanismo delle streghe come una sorta di reazione alla cultura dominante cattolica piuttosto che, come piace credere a molti, a mo’ di “culto alternativo”.

Altro lavoro essenziale degli ultimi anni è certamente The house of the devil del 2011, diretto e sceneggiato dal regista Ti West; questo film parte dai presupposti diffusi negli anni 80 negli Stati Uniti, secondo i quali il cosiddetto “panico da satanismo” avrebbe intaccato le menti di più della metà dei cittadini adulti. Questa pellicola è molto interessante sia perché affronta tale fobia in maniera piuttosto diretta, innestandola nella storia di una studentessa ordinaria che si imbatte in insospettabili riti satanici, sia per via del suo apparire forzatamente retro, a cominciare dal freeze-frame iniziale (che evoca il miglior Fulci anni 80) e senza dimenticare la colonna sonora, che richiama esplicitamente quella dei migliori Goblin degli anni d’oro argentiani. Scondo molti non il miglior film di Ti West, per quanto l’atmosfera sinistra ed apparentemente ordinaria sembra voler confermare il contrario, e riesca a risultare molto suggestiva e spaventosa, tanto quanto avviene in un omologo (e citato spesso a sproposito) Rosemary’s baby.

Si è cercato di inquadrare il sottogenere del cinema satanico, per quanto possibile, al di là dei cloni ad argomento esorcistico a partire dal titolo: il rischio di degenerare in un cinema troppo “di cassetta”, che risponde alle medesime esigenze di chi vuol vedere film senza il gusto di sorprendersi, rimanendo in attesa di determinate sequenze, storie o dettagli splatter, mi pare un po’ restrittivo ed avvilente per il genere stesso. Sono invece tante le pellicole che, di contro, hanno conferito profondità al genere: un altro esempio recente è Sinister (Scott Derrickson, 2013), in cui emerge la figura di Ellison Oswalt (Ethan Hawke), scrittore in crisi che ricalca il Jack Torrance di Shining (1980). Qui l’elemento sovrannaturale appare estensivamente, e mostra un universo ostile e parzialmente inspiegabile, con una figura demoniaca – Bughuul, collegabile alla cultura babilonese – che si nutre di bambini per sopravvivere. Il tutto, in questa sede, relegato allo stratagemma narrativo più comune degli horror recenti: affidare la ricostruzione della realtà ad una serie di video amatoriali ritrovati dal protagonista. La tradizione demoniaca, in questa sede, si mescola a quella, tipicamente più realistica, dei mockumentary, facendone risultare un tutt’uno unitario di grande interesse. Il nerissimo intreccio di Sinister, ivi compreso il finale imprevedibile e senza scampo, conferma una tradizione tipica degli horror di questo tipo, che sembrano costruiti per simboleggiare lo squallore dell’umanità e ritrarne i connotati in modo lugubre e pessimistico. Il male che aleggia sui protagonisti finisce per essere, anche in questo caso, un qualcosa di universale ed indistruttibile, come una corrente letteraria quale quella lovecraftiana ha imposto più di un secolo fa.

I veri Ed and Lorraine Warren

Qualsiasi storia di demoni, spiriti e possessioni non può esimersi, a questo, dal parlare di Ed e Lorraine Warren, coppia di demonologi americani fondatori della New England Society for Psychic Research. Oltre ad aver ispirato film di culto come Amityville horror (di Stuart Rosenberg, 1979), sono diventati protagonisti di un horror del 2009, L’evocazione – The conjuring, curato alla regia da James Wan (il regista di Saw). Alla base di quest’altro interessante lavoro, di circa due ore di durata, vi è la figura della strega Bathsheba, morta impiccata nelle vicinanze di una casa posseduta, ovviamente maledicendone tutti i futuri possessori. Il regista accantona del tutto le vivide efferatezze della sua pellicola di esordio per dedicarsi ad un orrore “possessivo” spesso solo accennato, fatto di atmosfere e suggestioni. Particolare alquanto singolare, l’intreccio si ispira a ciò che i coniugi Warren raccontarono per anni, tanto da scomodare Steven Novella della New England Skeptical Society ad affermare che, nonostante le belle storie di possessioni e fantasmi, non c’è motivo per credere ad alcuna delle storie raccontate dai due. Ancora una volta, come nel caso succitato del “panico”, il rischio di una psicosi massificata – che nell’era di internet si amplifica all’ennesima potenza – è dietro l’angolo: forse è questo l’aspetto che spaventa maggiormente di questo genere, ovvero il suo sapersi intromettere nella realtà vissuta, e condizionare gli animi dei meno razionali o più fragili.

Probabilmente perché le tematiche religiose sono un nervo scoperto dell’uomo da millenni, senza contare che gli horror demoniaci sono spesso visti con interesse anche da persone non propriamente avvezze al genere, che ne risultano “contaminate” inconsapevolmente. Sono i film che finiscono per far parlare più di sé, addirittura nel momento in cui qualcuno, dal mondo in cui viviamo ogni giorno, sente il dovere di dover puntualizzare la non esistenza di quegli avvenimenti, di quei video spaventosi, di quegli avvenimenti sanguinosi: magari se commessi per omaggiare l’esistenza di entità occulte che condizionano le nostre vite. E, potrebbe pensare qualcuno, il trionfo del maligno potrebbe nascondersi nel credere che queste storie sono “solo” inventate…

Salvatore Capolupo


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