si tratta di un turbine vorticante che divora l’occhio e lo catapulta nei gangli della Narrazione, senza fronzoli o altri orpelli ad attutire il colpo. più di un POV, più di un flusso di coscienza. qui si cerca di bypassare il ragionamento, le sinapsi, la Cultura, il Simbolo per toccare con mano, vedere senza mediazioni, in ultima analisi, vivere l’Emozione. l’ambientazione è quella di Calais trasformato in qualcosa di molto più grosso di un posto dell’anima: Calais è l’archetipo del Mondo, dell’universo, se si vuole. è il dominio della natura, la presenza umana è sfocata, sullo sfondo, inquadrata sempre come a restituire un senso di insignificanza (come a ricordarci che siamo solo polvere), impari è la lotta dell’uomo con la natura. ma, pur lasciando intendere un credito minimale all’Uomo, è grazie ad esso che il film trae il proprio senso.
II.Sentimento
la cinepresa funziona come un corpo. non si tratta di testimonianza dell’emozione, ma dell’emozione vera e propria. ed è per questo che il film va visto, irrevocabilmente, spegnendo il cervello. Dumont suggerisce fra le righe una pratica di sublimazione del Simbolo per l’abbandono, quindi la ricezione assoluta, alla impenetrabile leggerezza dei Sensi umani. ci chiede di farci un regalo. ci chiede di contattare il nostro Io seppellito dietro carrellate di Torpore. per questo unisce, sognante, la pienezza col vuoto, l’armonia con la dissonanza, il dolore con l’amore, la vita con la morte, il silenzio e il rumore. si centrifuga tutto e poi lo si diffonde con il ritmo lento e le figure volutamente esagerate, che sprigionano quella luce e quella virginale purezza che l’Arte pare odiare.
III.i sintomi della necessità (sinossi sui generis)
la storia del ragazzo, hobo multi-sfaccettato, che ragiona con l’istinto e potrebbe essere una divinità come un demone, è la storia di un’adorazione, che è amore e che è anche dolore. c’è molta morte, ma pure altrettanta vita. qui, si vive, poi si muore, poi si rivive ancora: più prosaicamente, si resuscita. perché le cose che hanno un senso per la mente, magari non lo hanno per il cuore- e viceversa. l’ambiente, i personaggi, gli avvenimenti sono tutti calati in un chiarore metafisico: è un’opera che pone sé stessa e la sua narrazione “al di là del bene e del male”, laddove solo la magia indecifrabile del Senso, del Sentimento può comprendere l’unione delle opposizioni, come un antico rituale alchemico.
titolo originale: Hors Satan
un film di Bruno Dumont
2011