Houston, abbiamo avuto un problema: era un blogger dal Salone del Libro

Creato il 20 maggio 2013 da Mediadigger @mediadigger

Il Salone del Libro quest’anno mi ha riservato piacevoli sorprese. Gli incontri a cui ho preso parte come spettatore nell’area “Book to the future” mi hanno dato interessanti spunti di riflessione e fatto fare due chiacchiere con persone che stimo e non vedevo da tempo.
Ma vado al dunque. Ho seguito il dibattito sui book blog, che è stato trattato da diversi eventi. Ciò indica che
i blog sono sempre più parte del sistema editoriale: un fattore che porta con sé alcuni vantaggi alla promozione della lettura e alcuni svantaggi per la misconoscenza da parte dei più delle regole base del diritto d’autore e di pubblicazione. Prova ne sono le diverse domande fatte dall’uditorio sul perché mai non si potesse usare del materiale disponibile in rete. Per fortuna a ribadire per l’ennesima volta come stanno le cose ci ha pensato Marco Giacomello con le sue slide.
Dato per assunto che i book blogger sono entrati a pieno titolo nel panorama editoriale, sia come generatori di contenuti, sia come megafoni consapevoli o meno dell’attività promozionale delle case editrici, sia come modello “pasionario e narcisistico” di presidio della cultura sul libro in rete, resta da definire quale sia il loro destino. L’intervento moderato da Effe “Book blog, editoria e lavoro culturale: cosa succede in Italia” è stato il più vivace e intellettualmente onesto e diretto a cui abbia partecipato, per le relazioni e per le chiacchiere generate post evento. Interessante il taglio di lotta di classe che volutamente è stato dato, interessante l’approccio filosofico e le domande poste, molto interessante l’individuazione delle 4 patologie che contagiano i book blogger (ufficiostampizzazione, autorefenzialità uroborica, segnalazionismo, anticipazionismo). Quale risposta nella pratica alla voglia di riconoscere norme e diritti adeguati a chi scrive di libri in rete? I diritti vanno di pari passo con i doveri. Il primo è la trasparenza dei contenuti e della loro origine. Se un blog pubblica una recensione di un libro che gli è stato gratuitamente inviato da un editore, è ragionevole che il blogger riporti l’informazione sul post. Nell’editoria medica è una prassi: se un medico scrive un articolo e per quell’articolo ha ricevuto un compenso da un’azienda farmaceutica, l’editore ha l’obbligo di segnalarlo, anche se quanto scritto dal medico non per forza è a beneficio dell’azienda. È chiaro che in quel caso c’è di mezzo la salute della popolazione e quindi la questione è assai seria, ma credo il modello sia replicabile per le questioni letterarie, anche quando non esiste compenso, ma solo il libro da recensire. Da tenere presente che il conflitto di interessi, come ben esplicitato da Effe nel suo intervento introduttivo, non riguarda solo quanto si riceve dall’editore in libri, ma anche altri tipi di relazione, come inviti a presentazioni, eventi ecc. Insomma, meglio sarebbe adottare una policy semplice e chiara per il proprio blog e comunicarla o metterla ben in evidenza sulle proprie pagine. Aggiungo che una segnalazione del codice etico di coinvolgimento dei blogger potrebbe ora essere opportuna anche per le case editrici. Non è necessario creare un bollino di “Book blogger verace”, ma è necessario, questo sì, giocare a carte scoperte, almeno in questa fase.
L’altro tema è il vil denaro connesso alla sopravvivenza e al riconoscimento del lavoro dei blogger: questione complessa, perché quando si inizia a lavorare gratis e per passione, molti deducono per proprio conto che quell’attività resterà gratuita, o quasi, per sempre. Perché non sposare allora il crowdfunding? Perché, richiamando quanto detto da Max Valentin, non permettere alle persone di prender parte ai progetto culturale che sta dietro un blog? Alcuni blog sono seguitissimi, fanno un’attività straordinaria (vd. ScrittoriPrecari) a favore del libro e della lettura. Credibilità, reputazione e professionalità ne guadagnerebbero, agendo direttamente sulle leve che oggi sfruttano il lavoro. Ne guadagnerebbe soprattutto il rapporto con coloro che seguono i bloggers. Esistono già esperienze vincenti all’estero.
Ultimo aspetto. Concordo con Morgan Palmas di SulRomanzo quando dice che non è sufficiente la passione per definire un buon blog letterario: è fondamentale l’aggiornamento. Dalla formazione passa la professionalità, il riconoscimento e la legittimazione della stessa. Non è questione di titoli (anche!), ma di strumenti. Se non so come si usa un’incudine, mica vado a ferrare cavalli, no? La credibilità di un book blogger che vuole definirsi tale, e non solo fare l’intellettualoide, si gioca anche sulla capacità di andare oltre il “mi piace”-“non mi piace”, il bello-brutto: ciò non toglie che la rete possa essere abitata da chi stronca Proust o Calvino. La rete accoglie tutti e ha maglie larghe.

L’impressione personale è che l’astronave dei blogger sia partita prima di calcolare la rotta per la Luna, ma è ancora in tempo per disegnare un buon allunaggio. Basta tirare le giuste linee sulla mappa dello spazio editoriale.

Quindi, cari book blogger, da domani alcune robe pratiche da fare: tutti on line con policy, dichiarazione di conflitto di interessi per ciascun post pubblicato, testa china su quel che può arricchire la formazione (sul serio) e applicazione di quanto utile a rendere trasparente e professionalmente ineccepibile la vostra attività in rete. Sempre che vogliate andare oltre la passione per i libri…

Ringrazio Effe, Marco, Ivan, Enrica, Clelia, Luca e tutte le persone incontrate per il tempo perso con me al Salone.

Salvatore Nascarella (@nascpublish)


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