— Hugo von Hofmannsthal, Elettra

Da Silvy56

“Anche se in fondo… cos’è mai una parola? Cos’è un soffio? Eppure, tra la notte e il giorno, quando su di me stesa, a occhi aperti, striscia qualcosa… non è parola, non è dolore, non mi opprime, non mi soffoca, mi lascia come sono (…) tutto mi guarda, come dall’eternità all’eternità: non è nulla, nemmeno un incubo, eppure è così tremendo, che la mia anima s’augura d’essere impiccata, e le mie membra, tutte, anelano alla morte, e però io vivo, né sono malata: mi vedi, no? Ho l’aspetto di un malato? Si può, da vivi, imputridire come una carogna marcia? Ci si può consumare senz’essere malati? Consumare, con i sensi svegli, come abito corroso da tarme? E poi m’addormento, e sogno e sogno! Tanto che il midollo mi si scioglie nelle ossa, e mi rialzo barcollante, e la decima parte della clessidra non è trascorsa, e ciò che ghigna di sotto la tenda non è ancora la fioca luce dell’alba.”