Hulk è davvero cattolico?

Creato il 04 luglio 2013 da Gaetano63
Indagine sulla religiosità dei supereroi
di Gaetano ValliniPuò bastare un rosario stretto in una mano per definire cattolica una persona? Di sicuro è sufficiente a qualificare il credo religioso di un supereroe dei fumetti come Hulk, stando al parere autorevole nel campo  del primo sito americano specializzato (www.comicbookreligion.com). Ma non sarebbe il solo indizio sul personaggio in questione: Bruce Banner, l’incredibile uomo verde, si è infatti sposato con l’amata Betty Ross in chiesa e il rito è stato officiato da un sacerdote cattolico. E altri segnali  disseminati tra le centinaia di strisce a lui dedicate rivelerebbero inequivocabilmente la sua fede.  Ma Hulk non pare un caso isolato tra i supereroi. Nel senso che nell’universo dei fumetti della Marvel e della Dc Comics, i principali marchi del genere, i personaggi con poteri eccezionali che dichiarano esplicitamente il loro credo sono ormai una buona parte e non un’eccezione. Tuttavia si tratta di una scoperta relativamente recente. Se è vero che già nel 1938 nel primo albo di Superman compariva un religioso a fianco di un condannato a morte, solo da qualche decennio la religione è entrata esplicitamente in questo mondo di eroi di carta (e di celluloide). In precedenza gli autori, riferendosi al mondo antico, avevano tratteggiato una moderna mitologia per creare e inquadrare i loro personaggi, nei quali si riscontravano chiari richiami alla tradizione greca. Una mitologia trasformatasi con il passare del tempo in una sorta di universo religioso che è andato via via ricalcando il panorama di fede statunitense.

Un rosario nella mano di Bruce Banner, alias Hulk («The Ultimates 2 #3», 2005)

L’evoluzione è stata tanto evidente da indurre alla pubblicazione di alcuni libri sull’argomento: Holy Superheroes di Greg Garrett nel 2005 (con una nuova edizione ampliata nel 2008), The Gospel According to the World’s Greatest Superhero di Stephen Skelton e The Gospel According to Superheroes di B. J. Oropeza, entrambi nel 2006.  In quello stesso  anno la rivista “Newsweek” dedicava un articolo al tema della religione nei fumetti dei supereroi, a testimonianza che oltreoceano la questione non è considerata affatto di poco conto o relegabile alla voce curiosità. E a confermarlo, successivamente, è giunta anche una notizia dell’Associated Press secondo cui il numero di fumetti a sfondo cristiano è cresciuto rapidamente negli ultimi tempi, pur con non poche licenze rispetto alle storie e agli insegnamenti biblici.Insomma, il sesso degli angeli, in questo caso dei potenti eroi delle strisce, appare in America meno interessante rispetto al loro credo religioso. E a rinnovare questo interesse per un argomento una volta considerato tabù, ci ha pensato proprio l’ultimo film su Superman, L’uomo d’acciaio, che ha riaperto il dibattito sulla religiosità del giornalista Clark Kent.  Dalla pellicola, infatti, non solo si confermerebbe la sua fede cristiana, metodista per l’esattezza, come più volte evidenziato nei fumetti, ma si farebbe un azzardato salto esegetico. Tanto da spingere la stampa statunitense a parlare addirittura di dimensione cristologica del personaggio.Esagerazioni? Forse, ma nemmeno troppo a sentire il regista, Snyder: «In molti dialoghi — ha infatti spiegato —  il riferimento alla religione cristiana è diretto. Quando Jor-El, il padre kryptoniano, mette il neonato nella navicella spaziale per mandarlo sulla terra, la madre Lara ha paura: “Sarà emarginato. Lo uccideranno”. E il marito le risponde: “E come? Sarà un Dio per loro”. Anche Kal (il nome di Clark Kent su Krypton, ndr) nutre dubbi, cerca risposte: “Mio padre pensava che se il mondo avesse scoperto chi ero, mi avrebbe respinto. Era convinto che il mondo non fosse pronto”».Ma vediamolo questo universo religioso dei supereroi, personaggi caratterizzati da una doppia natura, umana e divina, con poteri che sembrano versioni aggiornate di quelli attribuiti agli dei dell’antichità, ma con caratteristiche diverse: laddove i primi erano viziati, bugiardi e dediti a soddisfare le proprie voglie e passioni, i secondi appaiono più propensi a combattere contro le ingiustizie del mondo, la prepotenza degli avidi, a intervenire per ristabilire un ordine momentaneamente perduto e a correre in soccorso del prossimo. Qualcuno potrebbe azzardare una qualche somiglianza con i santi, ma preferiamo non addentrarci su questo terreno minato per ipotizzare improbabili similitudini tra i miracoli compiuti da questi ultimi (non per volere loro ma per intercessione) e i poteri, tutti personali,  dei primi.

Bruce Wayne, futuro Batman, prega prima di andare a letto («Secret Origins #6», 1986)

Innanzitutto occorre partire da una considerazione: la maggior parte dei supereroi sono cristiani protestanti perché, seppure con diverse varianti, il protestantesimo è una delle confessioni più diffuse negli Stati Uniti. E questo nonostante che una delle due case editrici citate, la Marvel, sia stata fondata nel 1939 da un ebreo, Martin Goodman, e che gli autori dei fumetti siano per lo più ebrei. Ma ciò, secondo alcuni, non dovrebbe stupire più di tanto, perché celerebbe l’inconscia fantasia di realizzare attraverso il personaggio di un supereroe la venuta di quel messia che stanno aspettando. Tuttavia, bisogna pur dire che non mancano personaggi che dichiarano apertamente la loro fede ebraica, come Shadowcat, che indossa una collana con la stella di David. Ma il più famoso di tutti è certamente la Cosa, il roccioso Ben Grimm dei Fantastici Quattro, che in una striscia del 2002 recita una preghiera della tradizione ebraica: Shema Yisrael. E che nella stessa storia,  interrogato dal criminale di turno — «Ma sei veramente ebreo?» — a scanso di equivoci risponde: «Ci sarebbe qualche problema per questo?».  Tornando ai supereroi schedati come cristiani, tra i protestanti figurano fra gli altri l’Uomo Ragno e  Capitan America. Sulla  religiosità del primo nel 2006 è stato il redattore capo della Marvel, Joe Quesada, a togliere ogni dubbio: «Peter Parker è un cristiano protestante convinto». Del resto non sono pochi i momenti in cui si rivolge all’Onnipotente. Come quando, sconvolto dagli eventi, apre la Bibbia e dice: «Ehi Dio? È di nuovo Peter...» E non esita in un’altra circostanza a porgli una questione delicata: «Ma perché il male colpisce i buoni?». Rimediando una risposta solo in apparenza superficiale: «Non posso dirtelo. Sennò addio sorpresa». Se non basta, si può sempre andare a cercare quella volta in cui la zia May recitò il Padre Nostro  per respingere il perfido Goblin. Quanto a Steven “Steve” Rogers, al secolo Capitan America, egli incarna alla perfezione gli ideali più alti dell’America, e non lesina dichiarazioni sul suo credo. In una serie abbastanza recente ammette esplicitamente di recarsi ogni domenica in chiesa per partecipare alla funzione comunitaria.Tra i protestanti c’è pure Ciclope degli X-Men, anche se nella squadra il più pio sarebbe  Wolfsbane, presbiteriano scozzese, uno dei trentatré personaggi definiti tra i più “religiosi” dell’universo Marvel. Gli stessi trentatré che nella saga Infinity crusade (1993) vengono rapiti da una dea potente che poi li utilizza in una personale crociata per liberare la galassia da forze malefiche e restituirla alla pace. Figurano invece tra gli episcopaliani la Donna Invisibile e  Batman. Nelle storie di quest’ultimo spesso appare la cross bottony presente nella bandiera del Maryland, il cui Governo era formato da anglicani che erano riusciti a ottenere il dominio della colonia in origine cattolica. In realtà non mancherebbero indizi per affiliare Bruce Wayne al cattolicesimo, religione della madre, ma gli esegeti più attenti non confermano. Tornando invece ai cattolici per così dire doc, detto di Hulk, nel lungo elenco non mancano altre sorprese. Selina Kyle, ovvero Catwoman, ad esempio, sarebbe cattolica, sia pure non proprio devotissima, potendo tra l’altro vantare una sorella suora. Più sicura sembra l’attribuzione di Vindicator, Heather Hudson, come mostrano  il suo matrimonio e il successivo rinnovo delle promesse matrimoniali, nonché una storia in cui è proprio la fede a salvarla nella lotta con Dargil.  Nessun dubbio, invece, su Nightcrawler degli X-Men, a quanto pare il più praticante e devoto di tutti; nelle sue storie il riferimento alla sua cattolicità è esplicito fin dall’inizio ed è ribadito anche nel recente film X-Men 2. In un fumetto del 2007, in partenza per una missione  pericolosissima, confida che ricorderà tutti gli amici nelle preghiere, e che non si dimenticherà neppure dei nemici che affronterà.  A dispetto del nome, anche il  Daredevil di Hell’s Kitchen è cattolico. Lo confessa lui stesso in un dialogo con Peter Parker e lo dichiara anche la moglie che, subito dopo il matrimonio, lo definisce «un buon cristiano».  Inoltre nel film interpretato da Ben Affleck, Matt Murdock appare come amico di un sacerdote cattolico. E anche qui, come nel fumetto, lo scontro finale col cattivone di turno avviene in una cattedrale cattolica. Ma, se vi fossero ancora dubbi, è Frank Miller, uno degli autori delle strisce, a dare l’imprimatur: «Immagino Daredevil come un cattolico perché solo un vero cattolico può essere un avvocato e un vigilante nello stesso tempo». E le altre religioni? Ci sono più o meno tutte, con supereroi e altri personaggi classificati come induisti, shintoisti, buddisti, taoisti e anche musulmani. E proprio la schiera di questi ultimi si è arricchita lo scorso settembre di un nuovo eroe grazie alla Dc Comics. Si tratta di Simon Baz, arabo americano di origini libanesi, appartenente al gruppo di polizia spaziale delle Lanterne Verdi. La sua storia inizia con lui  bambino che assiste al crollo delle Torri Gemelle. Crescendo diventa un delinquente, ma poi qualcosa cambierà la sua vita. Non sappiamo se il fumetto aiuterà a demolire stereotipi, ma l’intuizione è interessante.
Alla fine di questo viaggio tanto curioso quanto sommario, viene da chiedersi se tutto ciò abbia realmente valore. Di sicuro anche il mondo di oggi sembra avere bisogno di eroi positivi, impavidi e giusti, che nell’eterna lotta tra il bene e il male sanno sempre scegliere da che parte stare. E se dietro questa scelta vi sono, più o meno esplicitamente, motivazioni religiose, tanto meglio. Visto che non di rado, purtroppo, nella realtà la religione viene usata per giustificare soprusi e violenze. (©L'Osservatore Romano – 5 luglio 2013)

Ma per il nuovo Supermannon scomodiamo il Vangelo
di Emilio RanzatoNato nel pianeta in via di distruzione Kripton, Kal-El (Henry Cavill) viene inviato dai genitori sulla Terra, e arriva in una cittadina del Kansas, Smallville. Qui viene cresciuto da una coppia di contadini (Kevin Costner e Diane Lane), e impara a conoscere e a controllare i propri superpoteri. Con il nome di Clark Kent, il giovane parte alla ricerca delle proprie origini, e arriva così a un santuario kriptoniano dove sono custoditi i messaggi di suo padre Jor-El (Russell Crowe), che lo esorta a prodigarsi per mantenere la pace del pianeta adottivo. Nel frattempo, però, arriva sulla Terra da Kripton anche il generale Zod (Michael Shannon), rivale politico di Jor-El deciso a vendicarsi del nemico eliminando il figlio e soggiogando i terrestri. 

«L’uomo d’acciaio» di Zack Snyder

Non si capisce bene perché negli Stati Uniti si stia tanto insistendo su una lettura cristologica dell’ultimo Superman cinematografico, ovvero L’uomo d’acciaio diretto da Zack Snyder. Vaghi rimandi alla figura di Gesù nel personaggio dei fumetti inventato da Jerry Siegel e Joe Shuster nel 1932, ci sono sempre stati, a partire dall’idea stessa di questo figlio mandato sulla Terra dai genitori e inizialmente riluttante ad accettare e ad adoperare i propri poteri per risolvere i problemi del mondo.In questo caso ci sono qua e là dei riferimenti in più, come i trentatré anni del protagonista. Ma non si tratta che di piccole nozioni, ovviamente insufficienti a fare del personaggio un’imitazione di Cristo. Anche perché il supereroe non ha nessuna intenzione di diffondere un messaggio di pace. Al contrario, non fa altro che reiterare ciò che gli uomini facevano sconsideratamente ben prima del suo arrivo, ossia sopprimere la violenza con altra violenza. Anzi, qui l’atteggiamento muscolare è molto più sottolineato rispetto ai Superman visti in passato su piccolo e grande schermo, perché il protagonista si allea apertamente con un esercito americano che dispiega i suoi uomini al grido di battaglia di «una morte nobile è già una ricompensa».L’atmosfera, insomma, sembra la stessa di un certo cinema post-reaganiano e fortemente patriottico, come quello di Kathryn Bigelow e di film neanche troppo vagamente reazionari come Dark Zero Thirty, dalla cui combattiva protagonista, qui la Lois Lane di Amy Adams, mutua dichiaratamente aspetto fisico e atteggiamenti rudi.Con queste premesse, e con il regista del peplum stilizzato e infantile ma di grande successo 300, il film non poteva avere altri sviluppi che quelli di un action-movie vivace ma anche fracassone, dove il protagonista alla lunga passa in secondo piano e con lui tutto ciò che poteva rendere un po’ più interessante questa storia, ovvero il rapporto di odio-amore che instaura con il proprio pianeta d’origine, luogo della malinconia ma anche marchio di una maledizione — come la kriptonite gli ha sempre ricordato — rinfocolata dai vecchi coabitanti ora più nemici di prima.Di buono, rimane l’idea di certo ormai poco originale del reboot, ovvero la rilettura complessiva di un personaggio che passa attraverso un reset della sua genesi. E che anche qui, come nel caso del Batman diventato Cavaliere oscuro e di altre icone dei fumetti e della cultura popolare in genere, si concretizza in poche varianti narrative e in una spoliazione dell’alone pop in favore di un look più spartano e realistico. Ma risulta affascinante anche l’ampio prologo ambientato su un pianeta Kripton dipinto con un gusto fantasy dalle suggestioni lovecraftiane. L’intenzione, infatti, sembra essere quella di ricreare una vera e propria cosmogonia para-tolkeniana, ben lontana dalla versione naïve e romantica del Superman anni Ottanta interpretato da Cristopher Reeve, e da quella algida e davvero poco memorabile diretta da Bryan Singer nel 2006. Un progetto ambizioso per la verità ancora piuttosto confuso, e da sviluppare in sequel che la fine del film già prefigura. E allora, ecco che si ricade di nuovo nella impasse tipica delle saghe cinematografiche di oggi. Ossia nell’impossibilità di giudicare come si deve un primo capitolo adoperato dagli autori come mero preambolo a un racconto ancora tutto da ampliare. Staremo a vedere. Per ora le premesse non sono le migliori. E comunque non scomodiamo il Nuovo Testamento.
(©L'Osservatore Romano – 5 luglio 2013)


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