Humandroid - La Recensione

Creato il 11 aprile 2015 da Giordano Caputo
Ha impiegato circa due anni, Neill Blomkamp per ammettere quello che era noto a chiunque dopo aver visto "Elysium", ovvero che a parte la proposta visionaria e uno script di fondo niente male, quella pellicola fosse assai meno riuscita rispetto alle (grandi) ambizioni iniziali di partenza.
Lo ha fatto durante la promozione stampa del suo terzo lungometraggio, quel "Chappie" divenuto da noi "Humandroid", a causa di eventuali giochi di parole o fraintendimenti che, probabilmente, di poco aiuto sarebbero stati in termini di incasso e di successo.
Eppure, pretattica e salvaguardia a parte, non è esattamente il titolo a minare quello che doveva essere l'eventuale riscatto di Blomkamp, poiché il suo terzo lavoro da cineasta, a prescindere dal battezzo, manifesta una supplementare perdita di personalità e inventiva, volta ad aggravare ulteriormente e pesantemente quella regressione che lui stesso aveva ammesso e di cui già era stato imputato. Come in "Elysium", ma in dosi nettamente maggiori, "Humandroid" riesce infatti a far intravedere il principio impalpabile di un'idea interessante elaborata e plasmata tuttavia con ingredienti industriali e metodi grossolani, mancando di rispetto dunque alle caratteristiche del suo creatore, per obbedire a leggi di mercato quantomai fantomatiche e vacue.
L'aura del regista è ridotta, perciò, ai minimi termini, domata da un canovaccio privo di coinvolgimento e tensione e da personaggi scarichi sia di spessore che di incisività. A rubare la scena, addirittura più del tenero robot-umano Chappie e dei protagonisti Dev Patel e Hugh Jackman, sono allora un gruppo di criminali da strapazzo entrati in possesso, fortunosamente, di un ex-robot-poliziotto in fase di dismissione, illegalmente rubato alla società produttrice dal suo impiegato e creatore Dev Patel, con l'intento di testare di suo pugno un nuovo software, appena programmato, capace di imprimere ad un prodotto di radice artificiale una coscienza umana, reale ed esatta. In un futuro prossimo in cui la criminalità ha raggiunto vette bassissime proprio per merito dell'entrata in scena di agenti-droidi indistruttibili, l'educazione violenta con cui Chappie, suo malgrado, entrerà in contatto non potrà che rimettere in discussione un sistema collaudato e funzionante, incoraggiando così anche i piani guerriglieri di un Hugh Jackman messo in panchina, ma scalpitante di sangue e pallottole.
Gli elementi per comporre qualcosa di concreto, insomma, non mancavano di certo, e messa da parte velocemente una premessa dai toni conosciuti (la criminalità ridotta dalla tecnologia sta diventando una soluzione fin troppo utilizzata), Blomkamp avrebbe potuto davvero divertirsi e combinare qualcosa di buono (specie lavorando sull'esportazione della coscienza). Il problema è che da parte sua traspaia palese, invece, un totale rifiuto, il distacco parziale se non pressoché nullo nell'entrare a tutti gli effetti, anima e cuore, in una storia che sicuramente ha pensato e messo su carta a grandi linee, ma forse non elaborato nel tempo e negli spazi che avrebbe voluto, a meno che quanto visto in "District 9" e respirato in "Elysium" fosse unicamente il bluff di qualcuno che fingeva di avere qualcosa da mostrare e da dire e che ora, povero di argomenti, fatica a mantenersi saldo in piedi.
Ma per vederci più chiaro magari basterà aspettare appena qualche anno, attendere la chiusura del suo nuovo progetto su "Alien" ed assisterne alla promozione stampa: luogo in cui Blomkamp potrebbe lasciarsi andare una seconda volta e ammettere, con la sua consueta sincerità, errori e colpe di una pellicola che per adesso, preferiremmo francamente non fosse mai venuta alla luce, o perlomeno non con sopra la sua firma.
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