Tranne, ovviamente, per colei che ha già dimostrato, in passato, di saper ribaltare ogni certezza.
La saga di "Hunger Games" giunge così al suo ultimo capitolo, alla metà conclusiva, quella che segna la chiusura della circonferenza di un cerchio largo circa quattro anni. Alla regia, il fedele Francis Lawrence, riprende le redini esattamente da dove le aveva lasciate nel film precedente, ripartendo, meticoloso, dalla scena successiva a quel raptus di Peeta su Katniss, ma scatenando, di li a poco, quello sfogo tanto atteso e prevedibile che in molti stavano aspettando. I personaggi perciò cominciano a muoversi, a scendere in battaglia, a spargere ribellione in uno scenario che troppo aveva sofferto quelle parole e quei luoghi chiusi che proprio non poteva permettersi di utilizzare e di abusare. Ciò non basta, comunque, ad "Hunger Games: Il Canto Della Rivolta (Parte 2)" per mettere il turbo e far dimenticare la piattezza del suo predecessore, penalizzato da una sceneggiatura fin troppo scadente e da sequenze spettacolari che pochissimo riescono a stimolare lo spettatore, e ancora peggio riescono a fare quando il tentativo diventa quello di entusiasmarlo. Ci provano i protagonisti, allo stesso modo di come ci prova il regista stesso, fanno tutti in modo e maniera di elevare al massimo lo svolgimento e i capovolgimenti di fronte di una trama che da dire, onestamente, sembra avere briciole se non nulla, a parte un triangolo amoroso da sciogliere che importa a quasi nessuno (e che viene risolto grossolanamente) e una battaglia da vincere a cui non si è in grado di restituire la giusta epicità.
Ha sempre ostentato fascia di pubblico "Hunger Games", è stato questo molto probabilmente il suo grande difetto. Non ha mai capito se rivolgersi esclusivamente agli adolescenti, ai fan del libro, oppure allargare gli orizzonti anche a quel pubblico più maturo azzardando il colpaccio. Ha provato ad evolversi in corsa, a rintracciare ogni volta l'esatto mood per migliorarsi, allargare le braccia, cambiando troppo spesso forma e intenzioni e concludendo la sua performance in confusione assoluta e totale.
Una via crucis alla quale, fortunatamente, ora si può dire dolcemente addio. Tutti uniti, magari per la prima volta.
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