Ancona, Glue-Lab.
Tre differenti approcci all’estremismo sonoro per una serata senza esclusione di colpi, a partire dai Duality e dalle loro traiettorie contaminate a cavallo tra death sincopato (sulla via di Cynic, Atheist e compagnia cantante) e avantgarde di scuola norvegese, con aperture che richiamano alla mente alcune soluzioni dell’Ihsahn solista. A un certo punto entra in gioco persino un violino, a confermare la voglia di contaminazione e di cercare nuovi lidi da esplorare. Ciò che manca per colpire appieno, almeno a giudicare da questa pur interessante esibizione live, è un maggiore lavoro di rifinitura negli incastri e nelle giunture, perché a tratti si rischia un effetto patchwork. Le idee ci sono e la voglia di mettersi in gioco non manca di certo alla band, ma è anche evidente come confrontarsi con certi modelli comporti dei rischi, soprattutto quando si tratta di suonare in presa diretta su palco. Resta comunque la curiosità di ascoltare i Duality in studio e di vedere come evolveranno il loro percorso.
Discorso differente per i Dementia Senex, autori di un ep già recensito su queste pagine, che dal vivo superano le aspettative e si dimostrano una macchina da guerra ben oliata. Nonostante una forzata e prolungata interruzione a causa di un problema con la batteria, riescono a mantenere alta l’attenzione e offrono ai presenti un set a dir poco convincente, che dimostra come l’entrata del nuovo bassista sia stata metabolizzata a dovere anche dal punto di vista della coesione in sede live. Il loro è un magma a base di death, postcore, atmosfere oscure e una palpabile – mai ingombrante, però – vena sperimentale, per un effetto finale di difficile catalogazione seppure assimilabile per affinità elettiva alle nuove derive di scuola post-death. I segnali di crescita rispetto al già solido ep sono evidenti: questo è un nome di cui si sentirà ancora parlare parecchio.
Ultimi a calcare il palco gli Hungry Like Rakovitz, autori di un macigno come The Cross Is Not Enough e seriamente intenzionati a mettere a dura prova l’impianto del Glue-Lab. Loro caratteristica principale è quella di unire intransigenza di scuola grind e incastri math, attitudine hardcore e ferocia black-metal all’interno di un suono fieramente “post”, nella sua accezione più positiva di spinta al superamento di codici e stereotipi. Dal vivo il linguaggio della band appare più urticante e diretto, furioso nel suo essere dominato dall’adrenalina e dalla voglia di vomitare sui presenti tutta la rabbia possibile. Il cantante si dimena, si contorce, affronta il pubblico e vaga per la sala, a tratti urla rabbioso i testi a volte sembra parlare con se stesso, insensibile all’ambiente circostante e a ciò che gli succede attorno. La band è in forma e sa di avere dalla sua un repertorio in grado di mostrare tutte le sfumature dell’HLR pensiero, figlio dei tempi e fieramente iconoclasta nella sua voglia di giocare con le influenze senza timore reverenziale o preconcetti di sorta. Se dopo il concerto O/Lamantide si era insinuata l’idea che si potesse trattare di un festival in due parti, oggi ne siamo più che mai convinti: per il prossimo anno si dovrebbe pensare davvero a un evento spalmato su più date, ma con un unico nome e un ben preciso filo conduttore.
Grazie a Ludovica per le foto.
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