L’esecuzione sarà possibile perché la “sentenza Atkins” concede ai singoli Stati la facoltà di fare rispettare il divieto, sulla base di criteri discrezionali nella valutazione del ritardo mentale dell’imputato. Difatti, tutti i ricorsi presentati dagli avvocati di Wilson alle corti statali e federali sono stati puntualmente rigettati. Il punto, dicevo, non è la colpevolezza o l’innocenza di Wilson, né la sua presunta disabilità. Il punto è il valore della vita umana, di tutte le vite umane (anche quella del “colpevole” Wilson). Il punto è riconoscere o meno, a chicchessia, il diritto di decidere sulla vita altrui.
Continuo a considerare la condanna capitale una mostruosità giuridica e morale. È osceno agganciare la vita di un uomo al filo esile di un cavillo burocratico, alla magnanimità o alla pietà di un altro uomo (in questo caso, il governatore del Texas, l’unico che potrebbe, oggi, decidere di commutare la condanna a morte in ergastolo).
La vendetta ha poco a che fare con la giustizia e altro sangue non può mai lavare il sangue versato. Ecco perché la pena di morte è un crimine equivalente all’omicidio, ancor più grave in quanto commesso dallo Stato, entità superiore al singolo individuo (almeno, così ci hanno insegnato). Essere contro la pena di morte non significa essere contro la giustizia. Significa essere a favore della civiltà.
* Huntsville, contenuta nell’album Che cosa te ne fai di un titolo (2005), è una bellissima canzone dei “Mercanti di liquore”. Purtroppo, non sono riuscito a trovarla su youtube.