I 10 migliori film del 2014 per Oggi al Cinema

Creato il 30 dicembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema
Ci hanno fatto commuovere, alcuni ci hanno ricordato chi siamo, hanno diviso e aperto dibattiti, ci hanno proiettato in mondi paralleli, ci hanno sorpreso, deluso o fatto ridere. Sono i film di una stagione cinematografica che volge al termine, iniziata sotto il buon auspicio dell’Oscar a “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino e proseguita tra grandi ritorni d’Oltreoceano, sperimentazioni e un’iniezione di commedie italiane per rimpinguare un magro box office. Farne un bilancio non è facile, tantomeno stilare una classifica. Noi ci proviamo con una top ten che rappresenti nel migliore dei modi l’anno cinematografico che stiamo per lasciarci alle spalle.The Wolf of Wall Street: La quinta collaborazione tra Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio ha ipnotizzato il pubblico in sala. Psichedelico e allucinogeno viaggio nella vita del celebre broker newyorchese Jordan Belfort, il film verrà ricordato soprattutto per la delirante performance di DiCaprio, qui a un passo dall’Oscar e completamente alla mercé del suo mentore, capace in un ciak di fargli fare di tutto: sbiascicare, folleggiare, farfugliare in preda all’ennesimo mix di sonniferi e coca o strisciare vittima delle allucinazioni. Anarchico e scorretto come “Animal House”, sfrontato e criminale come “Quei bravi ragazzi”, “The Wolf of Wall Street” racchiude le molteplici anime di un filmmaker che non ha certo bisogno di conferme, esplosivo nel raccogliere tutte le suggestioni che ne hanno caratterizzato il cammino artistico.12 anni schiavo: È il film che segna il ritorno di un outsider come Steve McQueen, il genio di “Hunger” e “Shame”, e che porterà a casa l’Oscar per il Miglior Film, la Miglior attrice non protagonista (Lupita Nyong’o) e la Miglior sceneggiatura non originale (John Ridley). Riconoscimenti a parte, la storia – tratta dall’autobiografia di Solomon Northup, violinista di colore che verrà ingannato, torturato, rapito, privato della sua identità e ridotto in schiavitù dal 1841 al 1853 – colpisce per potenza narrativa e eleganza, da sempre cifra stilistica dell’artista britannico, sfugge ai canoni della narrazione da biopic e diventa un viaggio nell’inferno della prigionia, una lenta discesa nelle profondità del disumano, occasione per indagare con dovizia di particolari e crudo realismo i moti dell’animo. Storia di aberrazione e privazioni, che porta il talento di McQueen a Hollywood.Boyhood: La rivelazione del 2014 arriva dal Festival di Berlino. Un esperimento senza precedenti, un film lungo una vita, dove il cinema supera il concetto stesso di rappresentazione. Dodici anni di riprese, in cui Richard Linklater ha riunito lo stesso cast di attori (Ethan Hawke, Patricia Arquette, Lorelei Linklater, Ellar Coltrane) per una manciata di giorni all’anno, quelli strettamente necessari per girare: il risultato è “Boyhood”, storia di una famiglia americana attraverso un arco temporale che va dal 2002 al 2013. Al centro la vita di Mason e sua sorella Samantha, dall’infanzia all’adolescenza, fino all’età adulta in un epico romanzo di formazione che mette al bando il trucco o l’espediente di ricorrere ad attori adulti per rappresentare i protagonisti nel loro diventare grandi. “Boyhood” sublima lo scorrere del tempo, sfida la magia del cinema e fotografa la vita umana nel suo divenire, scolpita nell’invecchiare dei corpi e dei volti.Lei: Impossibile non innamorarsi di un film come quello in cui Spike Jonze si avventura nei meandri del fantascientifico, per indagare il sentire dell’uomo contemporaneo attratto e fagocitato dalle nuove frontiere della tecnologia. “Lei” è la singolare storia d’amore tra Theodore (l’estro e la genialità di Joaquin Phoenix) e un nuovo sistema operativo, la Lei del titolo (Samantha) interpretata nella versione originale da Scarlett Johansson, che in tutto il film sarà presente solo attraverso la propria voce. Una voce che si fa presenza sensuale e ironica, difficile immaginare che sia solo un software. Un film sulla natura stessa dell’amore che trova la propria sublimazione nello sguardo innamorato di Phoenix, in alcuni silenzi e nelle lunghe conversazioni con ‘Lei’.Dallas Buyers Club: Un film che ha tanti meriti, primo fra tutti quello di aver sdoganato Matthew McConaughey dal ruolo del belloccio in dozzinali commedie d’oltreoceano e averne svelato il talento fino a fargli conquistare un Oscar per la Migliore interpretazione. Un progetto indipendente, costato 5 milioni di dollari appena, basato sulla storia vera di Ron Woodroof, rozzo elettricista texano, cowboy da rodeo, donnaiolo che scopre di essere sieropositivo nella metà degli anni ’80, quando l’Aids era ancora considerata solo una ‘malattia da gay’. Il regista Jean-Marc Vallée e le interpretazioni dei due attori protagonisti, McConaughey e un dolente Jared Leto  (Oscar come Attore Non protagonista), regalano a “Dallas Buyers Club” l’impatto e la profondità umana dei grandi film.Anime nere: Allo scorso Festival di Venezia in molti hanno sperato di vederlo nel palmares dei premi ufficiali. Così non è stato, ma “Anime nere”, terzo film di Francesco Munzi, ha lasciato il segno. Un racconto di sangue, faide, ‘ndrangheta che inizia in Olanda, passa per Milano e finisce sulle vette dell’Aspromonte, ad Africo; tratto liberamente dall’omonimo libro di Gioacchino Criaco, è la storia di tre fratelli, figli di pastori vicini agli ambienti della malavita. Munzi sfugge ai clichè della narrazione classica del gangster movie e realizza un ibrido perfetto tra realismo e suggestioni magico-arcaiche. Un ritratto senza paure, onesto, sincero, evocativo di un cinema che va da Luchino Visconti al Francis Ford Coppola de “Il padrino”. Storie di criminalità dove la guerra tra clan lascia il posto ad una lotta universale tra bene e male e alla secolare contrapposizione tra padri e figli. Smetto quando voglio: Un piccolo miracolo della commedia tricolore. L’improvvisata banda di criminali guidata da Pietro Zinni (Edoardo Leo), ricercatore licenziato che cerca di sopravvivere alla crisi mettendo su una bizzarra squadra di gangster (tutti ex colleghi), è la sorpresa italiana di questo 2014.  L’esordiente Sidney Sibilla realizza il mix perfetto tra le suggestioni del cinema contemporaneo targato Hollywood e la risata spietata, amara, paradossale della vecchia commedia all’italiana.Il capitale umano: Rappresenta il Bel Paese nella corsa verso gli Oscar, ma solo a gennaio sapremo se il film con cui Paolo Virzì mette in scena livori e mostri dell’Italia contemporanea entrerà nella cinquina delle nomination per il Miglior Film Straniero. Il regista di “Ovosodo” e  “La prima cosa bella” abbandona i toni morbidi della commedia e si reinventa, azzardando un’incursione nel territorio inesplorato del thriller, una virata verso il noir sofisticato, come il romanzo omonimo su cui si basa il film, il best seller di Stephen Amidon. La borghesia brianzola ricca e benestante, l’inconfessabile sottobosco di due famiglie dell’opulento Nord, un misterioso incidente attorno al quale ruota il destino dei protagonisti: tutto diventa paradigma delle misere italiche. Meriterebbe vederlo nella rosa dei cinque che si contenderanno l’ambita statuetta.Interstellar: Uno dei ritorni più attesi: quello di Christopher Nolan che, chiusa la trilogia de “Il cavaliere oscuro”, si lancia fino ai confini dell’Universo, in un pellegrinaggio interstellare basato sul trattato del fisico teorico Kip Thorne sulla possibilità di viaggiare nel tempo. Un salto nella fantascienza tra scene da storia del cinema, warm hole e corpi fluttuanti in una quinta dimensione, alla conquista di un pianeta diverso dalla Terra devastata da una piaga che ne ha decimato le risorse naturali. Un film che a tratti assume i contorni di un compendio filosofico sull’umanità, rievocando un illustre predecessore come “2001:Odissea nello spazio”. Certo, non uno dei migliori di Nolan, ma che non si può non amare per coraggio, impatto e per la portata epica di un’operazione che aldilà del dibattito scientifico scatenato, apre il cuore.Il giovane favoloso: Prima Venezia, l’applauso della critica e del pubblico festivaliero, poi il successo al botteghino. Il Giacomo Leopardi raccontato da Mario Martone ne “Il giovane favoloso” è il riscatto del cinema italiano insieme ad altri pochissimi esempi. A rendergli merito non solo una regia che lo restituisce allo spettatore nel suo aspetto più contemporaneo – giovane, ribelle e precario – ma anche un’interpretazione, quella di Elio Germano, che ha saputo tratteggiarne il tormento, l’ironia, la sofferenza e il candore del poeta, agendo parole, pensieri e sensazioni. Incantato dalla vita, appassionato e rivoluzionario.Di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net  

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