L’articolo originale, in spagnolo, è stato scritto da un ragazzo messicano, Paulin Mendiak, della redazione di Wanderers
Tra le sei vittime che si sono contate in quella tragica notte del 26 settembre 2014, anche l’autista del pullman e quattro membri della Escuela Normal Rural Raúl Isidro Burgos della popolazione di Ayotzinapa, nel municipio di Tixtla, stato di Guerrero, Messico. Quella stessa notte sono spariti 43 studenti, della cui fine al momento ancora non si sa nulla.
Storicamente in Messico le cosidette Normales Rurales si rifanno al progetto di Educazione Socialista del Presidente Lázaro Cárdenas (1934-1940), che mirava a formare nuovi maestri per le scuole delle zone rurali. Anche se il progetto educativo si era forgiato negli anni Venti del secolo scorso per mano di José Vasconcelos, solo nel periodo cardenista ci fu un vero appoggio al progetto: in quei sei anni si fondarono un gran numero di Normales Rurales in giro per il paese. E una delle poche sopravvissute è proprio la Normal Rural di Ayotzinapa.
Da allora la Normal Rural Isidro Burgos si è distinta non solo per aver fatto diplomare un gran numero di maestri rurali, ma anche per esser stata “semillero de guerrilleros”. Ha infatti avuto come studenti Lucio Cabañas Barrientos, Genaro Vázquez Rojas e Othón Salazar, che da percorsi diversi hanno dato vita a movimenti sociali, poi gradualmente radicalizzatisi fino a sfociare nella lotta armata.
Esiste, dunque, in Messico una guerra di bassa intensità, di cui nessuno parla, ma che conoscono tutti, una guerra che si combatte tra le forze statali e i normalisti di Ayotzinapa, e che è arrivata all’apice appunto lo scorso 26 settembre. Quel giorno la Policía Municipal di Iguala ha cominciato a sparare in direzione degli autobus strapieni, solo perché su di essi erano saliti anche degli studenti che si volevano recare a una marcia prevista a Città del Messico per commemorare la strage di Tlatelolco del 1968 (la tristemente famosa strage della Piazza delle Tre Culture che precedette l’inizio delle Olimpiadi Estive).
Secondo le informazioni più accreditate, dopo questa sparatoria la stessa polizia ha compiuto la retata che ha condotto alla cattura dei 43 giovani. Il governo messicano a tutt’oggi non è stato ancora in grado di fornire una versione accettabile dell’accaduto.
Dopo questi tragici avvenimenti, il popolo messicano si è riversato nelle strade reclamando a gran voce Giustizia, un movimento di protesta che è stato trasversale a diversi settori sociali, ma che ha trovato una importante direttrice negli studenti di quasi tutte le università del paese.
Anche se nel panorama calcistico messicano c’è solitamente molta apatia nei confronti di situazioni che implichino questioni politiche, i tifosi hanno fatto sì che il caso di Iguala fosse presente anche sugli spalti e nei campi da gioco. La Federación Mexicana de Futbol (FMF) si è assunta l’onere dei funerali di David “Zurdito” García, ma non ha rilasciato alcun comunicato ufficiale nei confronti dei fatti di violenza che hanno scosso il paese. In occasione dell’amichevole tra le nazionali di Messico e Panama, giocata il 12 Ottobre a Querétaro, un tifoso ha invaso il campo, non per farsi firmare un autografo da qualcuno dei calciatori della squadra messicana. I suoi vestiti erano, infatti, pieni di scritte e di immagini che si rifacevano al caso di Iguala e reclamavano giustizia.
Anche lo scorso 12 novembre ad Amsterdam, in occasione di Olanda-Messico, la comunità messicana presente sugli spalti ha voluto prendere posizione e ha agitato drappi neri durante l’esecuzione dell’inno messicano e al 43′ di gioco.
Invece, tra i calciatori messicani le voci di sostegno sono state quasi nulle. Forse impauriti dal regolamento della FMF[1], nessuno si è spinto a prendere posizione sopra il caso dei 43. L’unico che nei giorni successivi alla disgrazia ha rilasciato dichiarazioni di cordoglio e sostegno è stato Javier “Chicharito” Hernández dal vecchio continente (ora è al Real Madrid) attraverso il suo account twitter.
Nell’ultima giornata della stagione regolare dell’Apertura 2014 della Primera División messicana, che si è tenuta il nel penultimo fine settimana di novembre, un paio di giocatori hanno sfruttato l’occasione per mostrare il loro appoggio attraverso un gesto discreto. Marcelo Alatorre, dei Leones Negros e Eduardo Herrera, dell’U.N.A.M., hanno formato con le loro mani un quattro e un tre dopo aver segnato un gol rispettivamente.
La situazione attuale in Messico è allarmante, mentre il governo messicano continua a cercare gli studenti scomparsi vengono alla luce decine di fosse comuni piene di cadaveri e anche se non sono quelli dei normalisti, la domanda è: di chi sono? Questo ci dà l’idea della gravità del problema. Intanto, i media rimangono in silenzio o non informano in maniera efficace, come nel caso dello scorso 26 settembre in cui hanno preferito dire che l’autobus degli Avispones di Chilpancingo è stato bersagliato per una resa dei conti tra bande criminali. Un autobus su cui viaggiavano ragazzi di 15 anni, come “el Zurdito” García, che aspettava di farsi strada come esterno sinistro di qualche club importante e non certo di finir vittima delle palottole criminali della polizia di Chilpancingo. Una notte in cui si sarebbe dovuta festeggiare una vittoria della squadra e non certo un funerale.
Paulin Mendiak, adattamento di federico
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[1] La FMF all’interno del suo statuto considera come contrario al regolamento dispiegare qualsiasi tipo di striscione, drappo o bandiera e in più se qualcuno di questi elementi contiene messaggi di indole politico o religioso, è questo il motivo per cui vari club sono stati multati, anche se questo non ha placato le proteste dei tifosi