Sono iniziate in questi giorni le celebrazioni del compleanno di una delle major private hollywoodiane più longeve e celeberrime, la Metro-Goldwyn-Mayer, fondata il 16 aprile 1924. “È straordinario avere la possibilità di poter riflettere sugli incredibili successi della MGM nella storia del cinema, ma anche di poter guardare avanti verso il suo luminoso e promettente futuro”: queste le dichiarazioni dell’attuale presidente e amministratore delegato della MGM, Gary Barber. Il primo presidente fu invece il produttore di origine bielorussa Louis B. Mayer, dopo che il pioniere e magnate della Loew’s Inc., Marcus Loew, quel giorno di metà aprile del 1924 comprò ed unì la Metro Picture Corp. di Richard Rowland, che poteva vantare nella sua scuderia attori come Rudolph Valentino e Ramon Novarro, con la Goldwyn Picture e la Louis B. Mayer Productions, formando la Metro-Goldwyn-Mayer, universalmente conosciuta come MGM e riconoscibile dai ruggiti di Leo il leone che aprono le loro produzioni.
Trasferitasi a Culver City, grazie ad una serie di partecipazioni bancarie e un numero incredibile di affiliazioni, la MGM diventò una delle più importanti e proficue major di Hollywood in breve tempo. Ad assistere un presidente focoso come Mayer, che sarà poi tra i co-fondatori dell’Academy, l’organizzazione che assegna tuttora i premi Oscar, un giovane e talentuoso produttore come Irving G. Thalberg. Ad aiutare l’ascesa della MGM fu la crisi delle case cinematografiche europee al termine della Prima Guerra Mondiale che favorì un periodo d’oro della major tra la fine degli anni ’20 e gli anni ’50 e una diaspora di artisti europei come Josef von Sternberg ed Eric von Stroheim.
Simbolo positivo e negativo dello studio system hollywoodiano di quegli anni, la MGM era contraddistinta da un forte e consolidato dominio sul mercato; sotto contratto con la casa del leone erano i migliori attori dell’epoca, dalle star del muto Greta Garbo, Lon Chaney, Buster Keaton, Lillian Gish, John Gilbert, Norma Shearer e Joan Crawford a divi del sonoro come Clark Gable, Jean Harlow, Wallace Beery, Mary Dressler, Nelson Eddy, Jeanette MacDonald, Spencer Tracy, Robert Montgomery, Judy Garland e Robert Taylor; ma anche registi come Vincente Minnelli, George Cukor e King Vidor e scenografi come Cedric Gibbons che di fatto creò lo stile sofisticato, opulento, lussuoso e artefatto costantemente presente nelle pellicole del cinema classico della Hollywood di quell’epoca, molto distante dal realismo, anche narrativo, verso cui andrà soprattutto il cinema europeo negli anni e nei decenni successivi.
Caratterizzata da una gestione conservatrice e ai limiti del dittatoriale della coppia Mayer-Thalberg, la MGM si concedeva quasi sempre il diritto sul final cut, cosa che creò non pochi problemi con molti registi. Uno dei fattori determinanti di quel periodo storico, e che differenziarono la MGM dalla Paramount e dalla RKO, fu proprio il limite creativo imposto da Mayer e Thalberg ai registi, che portò a dissapori con gli autori più creativi come Erich von Stroheim; tutta la fase produttiva, dalla pre alla post produzione, era rigidamente controllata e relegava il ruolo del regista a quello di mero esecutore, come fu ad esempio per Victor Fleming in Via col vento. Rilevante fu anche la forte esclusività imposta ai propri attori, che fece nascere contrasti con alcune star come John Gilbert, Greta Garbo e Judy Garland.
Nei primi anni di attività la MGM produsse capolavori come Ben-Hur, Rapacità e La tragedia del Bounty, e si contraddistinse per la produzione di kolossal sfarzosi, dei migliori film della Garbo e di meravigliose commedie come Ninotchka, perdendo tuttavia, dopo la prematura scomparsa di Thalberg nel 1936, quel mordente sperimentale e coraggioso degli anni precedenti. Dopo il decennio d’oro degli anni 30, con oltre ventitré teatri di posa, quattromila dipendenti e un cinema di grande qualità grazie anche all’eccellenza di cast tecnici e artistici, negli anni ’40 si consolidarono le grandi serie di successo della MGM: da quelle comiche di Hal Roach con Stan Laurel e Oliver Hardy ai gialli di Joseph Losey e Fred Zinnemann fino ai celebri cartoni animati di Tom & Jerry.
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi la MGM subì un grave contraccolpo allo studio system da lei stesso creato e riuscì a combatterlo con la realizzazione di numerosi musical, prodotti da Arthur Freed, per la regia di Vincente Minnelli, Stanley Donen e Charles Walters, interpretati da Judy Garland, Mickey Rooney, Cyd Charisse, Frank Sinatra, Fred Astaire e Gene Kelly; un genere nel quale la MGM si cimentò anche nel 1939 con Il mago di Oz di Victor Fleming. Negli anni ’50 la major iniziò a produrre film di diverso genere, dal dramma al kolossal, con il remake di Ben-Hur che portò al raggiunimento del maggior numero di Oscar della storia, ben undici. Dal 1951, quando Mayer fu costretto a cedere la presidenza a Dore Schary, iniziò il reale declino della casa, la quale iniziò una lunga serie di confusi e inconcludenti cambi di management che culminarono con una forte crisi economica negli anni ’60.
Furono comunque prodotti film di grande livello commerciale come quelli dell’agente OO7 di Sean Connery e poi, successivamente, grazie all’enorme rischio di cui si fece carico il nuovo presidente Robert O’Brien, capolavori come Il dottor Zivago, Quella sporca dozzina e 2001 – Odissea nello spazio. Purtroppo i profitti di quei successi, che gli azionisti pretendevano immediati, arrivarono nel tempo e costrinsero alle dimissioni il presidente O’Brien nel 1968. Tra gli anni ’70 e gli anni ’90 le produzioni più significative furono film come Rocky e Thelma & Louise. Negli anni ’90 ci fu anche un’incursione nefasta di finanzieri italiani che portò la società in bancarotta. Negli anni 2000 la MGM, dopo essere passata nel 2005 ad un gruppo d’investitori guidato dalla Sony, si è paradossalmente ridimensionata nelle sue produzioni, dedicandosi soprattutto al settore del consumo domestico, mentre quello produttivo si è contratto, diventando di fatto uno studio di livello medio-piccolo e partecipando solamente, in cooperazione con la Sony, a saghe di successo come Lo Hobbit.
In occasione del suo 90° compleanno la MGM, dopo l’impronta lasciata da Leo il leone presso il famoso Chinese Theatre di Hollywood nei giorni scorsi, proseguirà con iniziative molto interessanti: dal rilascio del trailer che onora la storia della major, fino al restauro di pellicole storiche da lei prodotte come Rocky, Fargo e Rain man. Con 208 premi Oscar in bacheca e la più vasta cine-libreria del mondo, ricca di più di 4100 titoli, il marchio Metro-Goldwyn-Mayer racconta oggi di una delle case di produzione cinematografica più importanti del ventesimo secolo, che nella prima parte della sua storia ha saputo dare un’impronta stilistica netta e influenzare con grande personalità determinate e ben precise dinamiche del cinema classico hollywoodiano, rimaste impresse nei libri di genere nel corso dei decenni.
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