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I 99 giorni di terrore di Sabine Kehm, la portavoce di Schumacher

Creato il 06 aprile 2014 da Aplusk

Sabine Kehm, la portavoce di SchumacherSabine Kehm è diventata il tramite attraverso il quale verificare l’attendibilità delle ultime notizie riguardanti Micheal Schumacher. Sempre al suo fianco da quel maledetto 29 dicembre, il giorno dell’incidente. 48 ore dopo era davanti alle telecamere, per spiegare la situazione al mondo: non era ancora chiaro se Schumacher fosse ancora in vita. Il mondo attendeva col fiato sospeso, Sabine Kehm tratteneva le lacrime, occhi rossi, voce forzatamente fredda. Attenzione a non cadere in inganno.

Sabine Kehm, la portavoce di Schumacher dal 2000

Dietro la professionalità di questa donna, racconta la Bild, si nasconde una amica-collega dell’ex pilota di Formula 1. 14 anni al suo fianco, accettò una proposta arrivata nel 2000 dopo l’incidente di Schumacher a Silverstone, offerta partita dall’ex manager Willi Weber che le proponeva il ruolo di consulente dei media. Non ci si faccia confondere né indurre in inganno dalla voce da ragazzina che ha al telefono, si tenderebbe a sottovalutarla. Sarebbe un errore. Dietro si nasconde la persona forte che abbiamo conosciuto in oltre tre mesi di dichiarazioni ufficiali, senza dimenticare la sua risolutezza di fronte alle ripetute e insistenti domande dei giornalisti presenti a Grenoble.

Sabine Kehm, la portavoce di Schumacher: Schumi fuori dal reparto di rianimazione?

Anche lei ha un passato da cronista sportivo, nel 1990 ha scritto per il quotidiano “Die Welt”, per il mensile “Sport” e la “Süddeutsche Zeitung”. Sa come funzionano certe cose. Ma per quanto si cerchi di tenere un certo distacco, spesso sono gli eventi e il loro corso a prendere il sopravvento.

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Quasi 100 giorni trascorsi nei corridoi dell’ospedale di Grenoble, più per stare vicina alla famiglia di Schumi, a Corinna e ai due figli Gina Maria (17) e Mick (14); accoglie gli amici e dà loro le spiegazioni che danno i medici a loro volta. L’Equipe racconta che Schumacher potrebbe lasciare il reparto di rianimazione. Quello che è successo davvero in questi 99 giorni, tra paura, terrore e speranza, Sabine Kehm lo sa meglio di tutti. Lei che viene chiamata lo “scudo di Scumacher”.


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