I bass del rientro

Da Pietroinvernizzi

Non è che in queste settimane non abbia pescato. Anzi, ho lanciato con accanimento lungo tutta la costa nord del Gargano, ma il risultato era sempre lo stesso, un carniere di noiosissime foto per nascondere la mancanza di catture: albe in spiaggia, albe dalle scogliere, albe nei porti e, le più forti di tutte, le nuvolette illuminate dai primi raggi del sole… Non che io e Pietro non avessimo capito le difficoltà di confrontarsi con lo spinning in mare, ma la speranza di un pescatore è più ferma della fede di Bergoglio nei social network. Durante le lunghe ore di guida notturna del rientro pianifico un bellicosissimo piano per recuperare un po’ dell’onore, sbriciolato come un tarallo lungo le coste pugliesi.
Alle 5:20 di sabato 24 agosto guadagno il letto dopo la traversata. La giornata passa veloce tra la riapertura di casa e i placcaggi a Monica che, schifata dalle condizioni dei miei pantaloni corti (compagni di cappotto e mia seconda pelle dal primo all’ultimo giorno di ferie), cerca subdolamente di infilarli in ogni carico della lavatrice. Non riesco a farle capire che l’onta va lavata nel sangue, non con il Dixan…

Ore 5:00 di domenica 25 agosto esco di casa in direzione spot a est di Milano. Sono quasi arrivato quando commetto il madornale errore di fermarmi a uno stop. Mi si avvicinano due danzettieri della notte vestiti per dare il meglio di se sulla pista centrale. Aria spersa e occhioni da cerbiatti con la zampa in una tagliola: “Scusa, sai mica se qui passa il carro attrezzi a rimuovere le auto?”. “In genere proprio no, figurati poi in una notte di fine agosto”. “Eh, allora me l’hanno fottuta!”. Costernazione: “Mi spiace”. “Magari tu eri qui a fare qualcosa, ma non è che ci dai uno strappo?”. Figurati, è che adesso non mi riconosci perché ho il costume in tintoria e la Batmobile dal meccanico… “Di dove siete?”. “Paderno Dugnano”. “No”. Io sono qui per portare a termine una vendetta sanguinaria. “Eh, magari alla metropolitana o all’autobus”. Batman non fa attraversare le vecchiette mentre corre dietro a Joker, quelle le arrota direttamente lui. “A quest’ora ne aspetterete almeno tre prima che passi qualcosa. Se volete vi porto fino a una zona più centrale e vi fate venire a prendere da un taxi”.

Mentre sono lì ad aspettare che il cocchio bianco arrivi a prendere le due Cenerentole monto nervosamente l’attrezzatura sperando di recuperare tempo. Per mia sfortuna lì vicino passa un rigagnolo d’acqua e un gruppo di aficionados della vodka mi urla: “Cazzo peschi?!? Pantegane!”.  Andiamo bene.

Salto in macchina e volo verso l’acqua intonando un peana reso ancora più minaccioso dal livore degli ultimi venti minuti. Grazie a un inizio frizzantino sbaglio subito un paio di abboccate. L’alba mi sorprende mentre monto in rapida successione un wtd, un popper e un chatterbait. Perdo altre tre mangiate. Sono al settimo cielo. A litigare coi responsabili per poter parlare direttamente col superiore. Scavando nelle scatole trovo un propeller piccolino che mi regala la prima cattura. Inutile girarci intorno, ha ragione Roberto Cazzola, le abboccate a galla sono più divertenti.

Le esplosioni dell’acqua si fanno più rade e l’attività a galla va via via rallentando. Decido per la gomma, attacco qualche pinellino finché, dopo una resistenza pallidamente più fiera, ne esce uno un pelo più grandino degli altri. A sottolineare l’irrisoria taglia delle prede, strappo anche un persico sole.

Incaglio un paio di volte finendo il silicone innescabile a texas. Nella furia cieca del rientro non ho controllato le scorte. Mi rimangono dei vormozzi esilini che innesco a wacky su testine piombate più piccole. Quest’innesco non mi convince, ci credo poco. Amo in bella vista, testina piombata sgraziata, movimento innaturale e proprio mi sfugge il motivo per cui il pesce dovrebbe mangiare esattamente al centro. Eppure i pesci, che avevano iniziato a essere svogliati, rispondono velocemente al morbidoso inganno e si riparte.

In un’ansetta faccio un lancio corto per sondare il sottosponda. La lenza parte veloce sulla mia destra e ferro secco. Le prime testate e un paio di sfrizionate serie mi fanno capire che è più bello degli altri. Che fortuna! Proprio sull’amo più piccolo e fragile della giornata… Allento leggermente la frizione per sfatare possibili aperture e cerco di condurlo a più miti consigli. Dopo poco il mio pollice si fa trafiggere con felicità dai suoi dentini aguzzi. L’amo è completamente in gola e non si sarebbe mai aperto. Rapido e preciso intervento chirurgico per slamarlo senza toccare le branchie, veloce riossigenata e il centarchide torna a nuotare nelle acque limacciose. È il momento di chiudere la canna e tornare a casa. Non che sia tardi, ma la promessa fatta agli dei della pesca era questa: voi me ne fate prendere uno bello, io smetto e rientro a casa. Disattendere una promessa fatta alla serie A delle divinità pagane potrebbe avere effetti devastanti. Anche ad anni di distanza.



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