Ripropongo qui un breve articolo apparso su Artspecialday il 3 febbraio 2014
«Erano più famosi di Gesù!». Queste sono le parole con cui il bigottissimo Ned Flanders, in una puntata dei Simpsons, spiega la sua passione per i Beatles e sembra davvero difficile dargli torto. Non c’è, infatti, bisogno di dire quanto il quartetto di Liverpool abbia influenzato la nostra epoca, sia musicalmente che culturalmente. Oltre ai loro pezzi, consacrati ormai dalla storia all’immortalità, i Fab Four sono una vera e propria icona universale, un’immagine collettiva paradigmatica.
Non a caso Rolling Stone li ha nominati “il più grande gruppo di tutti i tempi”, suscitando in me un piccolo brivido, in quanto davanti a Dylan (2°posto) non andrebbe mai messo nessuno ( chi mi conosce sa che non potevo trattenermi da questa uscita). Il loro mito è così radicato nel nostro tempo, che è diventato ormai parte del patrimonio storico-culturale, come dice Hunter Davies «Oggi in tutto il mondo esistono scuole, college e università dove i Beatles sono argomento di studio, di insegnamento, di analisi e di ricerca».
Sui Beatles, la loro musica e la loro vita, si sono scritti migliaia di libri e girati alcuni film (uno degli ultimi è Nowhere Boy del 2009, diretto da Samuel Taylor Wood). Non può sorprendere, dunque, che anche la nona arte, il fumetto, risenta della loro influenza. Un esempio particolarmente interessante risiede in una delle ultime serie uscite per i tipi della Image Comics, ovvero “Nowhere Man”, scritto da Eric Stephenson e illustrato da Nate Bellegarde e Jordie Bellaire. I protagonisti sono 4 scienziati fondatori di un’ azienda di ricerca e sviluppo, la World Corp, molto influente a livello planetario grazie ai suoi risultati nel campo della genetica e della biocibernetica. La trama si incentrerà sulle conseguenze delloro lavoro, sui loro rapporti e sulla potenza mediatica della loro immagine, in un susseguirsi di flashback e nuovi avvenimenti.
Eric Stephenson ha dichiarato che la prima ispirazione per i suoi quattro scienziati è arrivata proprio dai Beatles, in quanto pensare ad un quartetto di fama mondiale non poteva che rimandare a loro. Questo è evidentedal nome del fumetto, che è il titolo di una loro canzone e dall’estetica dei personaggi, inoltre, in un dialogo, i quattro scienziati si paragonano ai Beatles chiudendo il discorso con uno slogan emblematico: “Science is the New Rock ‘n’ Roll”.
Se in Nowhere Man possiamo rilevare tutta la potenza di un’immagine immortale, quella dei Beatles, che riesce ad influenzare la creazione dei protagonisti per un plot fantascientifico, ne “Il quinto Beatle”, scritto da Vivek J. Tiwary e illustrato daAndrew C. Robinson e Kyle Baker, I Fab Four, diventano attori cooprotagonisti. L’opera, infatti, riguarda la vita di Brian Epstein, “il quinto Beatle”, il manager che li ha scoperti e li ha portati alla fama mondiale tra il ’61 e il ’67, anno della sua morte per un mix letale di alcol e droghe. La vita di Epstein, ebreo e gay in un Inghilterra dove l’omosessualità era un crimine contro la legge, è raccontata con grande emozione e perizia tecnica. Il mito dei Beatles viene messo in scena da una luce diversa, quella dell’uomo che per primo ha visto il loro potenziale e che ha lottato contro un ambiente ostile per la sua intuizione, come dice Tiwary «non c'era nulla di culturale a Liverpool. Quando questo ebreo gay girava per la città dicendo “Ho scoperto una band locale e diventeranno più famosi di Elvis!” pensavano fosse pazzo»
Come spesso sostengo, il fumetto è un medium molto versatile. Esso permette di accostarsi ad una varietà spaventosa di temi e riesce ad interpretarli, grazie alla sua particolare forma, in maniera ironica e originale. Il 2013, oltre alle 2 opere che ho citato, sempre nel “campo musicale”, ci ha offerto altri buoni esempi di graphic novel. Basta pensare al validissimo “Haddon Hall” di Nejib, diario surreale e psichedelico delle vicissitudini di David Bowie ,oppure a “Quando ero un alieno”, che ci racconta l’infanzia e l’ascesa di Kurt Cobain.
E’ di grande interesse che personaggi e artisti di fama mondiale, che ormai, più che personaggi, sono simboli di qualcosa di universale, riescano in questo medium a trovare nuova linfa, sia come protagonisti, cooprotagonisti o anche solo ispirazione estetica, grafica o d’immaginario che sia. Qui abbiamo parlato di musica, di Beatles in particolare, ma, in generale, credo che il fumetto sia un ottimo medium per evidenziare ulteriori angolazioni e sfumature sulle icone della contemporaneità, che permettono di ragionare, ancora una volta, sull’effettiva vitalità di un immagine e sulla sua influenza.