I biscotti della Regina.

Creato il 07 gennaio 2016 da Il Viaggiatore Ignorante

Le margheritine di Stresa

La ricetta della felicità, per quanto effimera, io la ritrovo ancora oggi, sul finire della mia vita in questi dolcetti delicati, così friabili che si sciolgono in bocca. 
Mi chiamo Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia. Sono nata a Torino nel 1851. Mi ritengo una donna virtuosa, timorata di Dio, sono stata una sposa fedele ed una madre premurosa verso mio figlio ed il mio popolo. 

ritratto della Regina Margherita


Ma la gola, ahimè, la gola è l'unico peccato in cui inciampo di quando in quando!La mia vita e' stata lunga, intensa, ricca di agi, addirittura fastosa. Ho indossato abiti meravigliosi ed ho adornato il miei capelli, il collo, i polsi e le orecchie dei gioielli più rari e splendenti. Scrittori e poeti mi hanno dedicato versi e odi...ma, pur essendo regina, non sono stata felice.Mi ritrovo oggi a mirare il mare in burrasca, inebriata dal profumo dei fiori di Liguria. Eppure se chiudo gli occhi, mentre sorseggio il mio tè, assaporando questi biscottini dal lieve sentore di limone, mi ritrovo fanciulla, principessa innocente, spensierata, seduta all'ombra dei grandi cedri del Libano che mia madre, Elisabetta di Sassonia Duchessa di Genova, fece portare dal castello di Aglié sulle sponde del Lago Maggiore.Quanto mi manca Stresa! Le passeggiate in carrozza sul lungo lago, la sublime vista delle isole Borromee inanellate dalle alte vette. Dal funerale di mia madre non ci sono più tornata.È buffo quanto questi biscotti mi siano cari e mi siano stati di conforto nei momenti più lieti ed in quelli più tristi della mia vita.Ricordo ancora il giorno in cui, in una calda giornata di primavera, il cerimoniere annuncio' la visita di Mastro Pietro Antonio, pasticcere di Stresa, che inviava insieme ai suoi omaggi questi squisiti pasticcini rotondi, una ricetta inedita ed esclusiva, per allietare le mie giornate. Fu, devo ammettere, un po' sfrontato! Il signor Bolongaro ebbe l'ardire, infatti, di dedicarmi i suoi biscottini chiamandoli: "margheritine".Mi piacquero subito. Il burro si scioglieva voluttuoso in bocca, la sfoglia friabile mi lasciava miriadi di briciole sulle labbra lucide. Che magia, che bontà! Gradii molto i dolci a tal punto da richiederli ogni volta che tornavo a Stresa.

Stresa, cedro del Libano

Il giorno in cui mio cugino Umberto mi chiese in sposa, avevo solo 17 anni, lui ne aveva 24. Ero alta, bionda, avvenente. Mi ricordo perfettamente che gli risposi: "Sai quanto sono orgogliosa di appartenere a Casa Savoia e lo sarei doppiamente come tua moglie!". Dalla felicità mangiai tante margheritine quante ve n'erano nella bella scatola di latta che mastro Bolongaro non mancava di inviarmi regolarmente, sapendo quanto ne andassi ghiotta.La gioia che mi pervase, il luccichio dei fasti e del lusso di casa Savoia, i balli, i ricevimenti, gli incontri diplomatici che si susseguirono nelle più belle città di Italia e d'Europa vennero presto oscurati. Non da una guerra, da una rivoluzione popolare...tutt'altro, mi ero guadagnata facilmente la simpatia del popolo. La gente mi amava, anzi, mi adorava!No, la mia felicità, la mia vita di coniugale venne stravolta poco dopo aver dato alla luce il mio primogenito a Napoli ad un anno dalle nozze, nel novembre 1869.Il travaglio disgraziatamente fu lungo e doloroso, dovettero praticarmi il taglio cesareo per permettere al mio bimbo di vedere la luce, mi fu diagnosticato che non avrei mai più potuto generare un figlio! Il nostro piccino, il nostro Vittorio Emanuele era dunque un bene prezioso, per noi e per la nazione intera.Tuttavia il nostro matrimonio non ne uscì rafforzato dall'intimità della nascita regale...anzi!Poco tempo dopo scoprii Umberto in atteggiamento a dir poco compromettente con la sua amante, la duchessa Eugenia Attendolo Bolonghini Litta.Quella sera andai a letto piangendo ed urlando, ubriacandomi di moscato e confortando il mio cuore ferito con una scorpacciata di margheritine.Mi ero illusa che il nostro fosse un matrimonio d'amore, mi resi conto ben presto che per lui fu solo un dovere di stato.Non sono un'ingenua, la loro relazione, prima delle nostre nozze era su tutte le bocche nei salotti aristocratici e alto-borghesi di Torino e Milano...ma avevo tanto pregato la Madonna e l'Iddio Altissimo affinché mio cugino rispettasse il sacro vincolo del matrimonio ed imparasse ad amarmi, come lo adoravo io.Dopotutto quella donna era più vecchia di lui di ben sette anni! Si sussurrava addirittura che avesse scaldato il letto anche a mio suocero prima di buttarsi tra le braccia di mio marito durante un ballo di carnevale a Milano del 1862. Umberto aveva allora diciotto anni, lei già 25 ed era la moglie del ricchissimo duca Giulio Litta Visconti Arese. Quella donna voluttuosa, sensuale, che aveva fatto girare la testa a mezza Milano, aveva avuto l'ambizione di far cadere ai suoi piedi anche il figlio del re … la passione, si disse, li aveva travolti dal primo istante.

Lago Maggiore e Golfo Borromeo

Fui stupida ed ingenua, mi comportai come un cavallo da corsa con i paraocchi, non volli vedere che il loro fu un colpo di fulmine. La differenza d' eta' non contava affatto, resteranno insieme tutta la vita, fino al giorno in cui Umberto fu ammazzato a Monza ...ma allora non potevo ancora saperlo.Ho minacciato, in privato, perché non sono donna da alimentare scandali a corte, di tornare a Stresa da mia madre, ma mio suocero mi convinse di restare al mio posto, accanto a mio marito. Da quel giorno, lo giuro davanti a Dio e davanti a voi amici, non ho più considerato Umberto mio sposo, la porta della mia camera da letto è rimasta sempre chiusa. Il fallimento del nostro matrimonio fu noto solo in ristretti circoli di corte; io e Umberto continuammo a rappresentare insieme, ovunque fosse richiesta, la famiglia reale.Senza rumore nel 1870 la duchessa Litta mise al mondo un figlio di Umberto, Alfonso, che il duca Giulio Litta Visconti Arese, uomo d'onore, discreto e fedele verso il suo sovrano, si apprestò a legittimare per non creare scandalo. Anche di questo ero al corrente e anche questo accettai. Alfonso, fu molto amato e pianto da Umberto quando la morte se lo porto' poco più che ventenne. Quel figlio illegittimo perso prematuramente unì il mio re e la sua amante ancora di più invece di allontanarli per sempre, come avevo ardentemente sperato. In quel frangente i miei pensieri furono poco cristiani ed al mio confessore solamente rimisi i miei peccati.

Monumento ad Umberto I, Stresa

Alla morte del sovrano nel 1878, Umberto gli succedette al trono. Lui era divenuto re d'Italia ed io ero la regina, la prima regina sul trono d'Italia. Eugenia avrà anche avuto la devozione di mio marito, ma mai potrà mai avere quella degli Italiani. Quando a Roma io e Umberto passavamo in carrozza gli applausi della folla erano tutti per me!Dal giorno in cui divenni regina inaugurai la tradizione di offrire i biscotti stresiani durante l’annuale ricevimento di Ferragosto della Casa Reale. Le mie golose margheritine facevano bella mostra, servite ad ogni occasione pubblica.Dal momento in cui scelsi di mia spontanea volontà il ruolo di "sposa bianca", la mia interpretazione pubblica ed i miei doveri ufficiali di rappresentanza divennero inappuntabili.Vissi la mia vita separata da quella di Umberto, comportandomi in maniera affascinante in pubblico, dando grandi feste al Quirinale, circondata in privato da una corte di aristocratici e di letterati illustri (feci addirittura innamorare di me il poeta Giosuè' Carducci).Anche a Monza, in vacanza nella splendida villa reale il mio sovrano non cambio' le sue abitudini. Eugenia accorreva nella adiacente residenza Litta di Vedano al Lambro. Io ovviamente sapevo e mordendomi le labbra dovevo subire anche quel affronto in silenzio, affogando, nella dolcezza delle mie margheritine, l'umiliazione.Il rapporto tra mio marito ed Eugenia, duro' fino alle dieci e mezza di sera del fatale 29 luglio 1900, quando a interromperlo furono i colpi di rivoltella dell'anarchico Gaetano Bresci, tornato in Italia dall'America, dov'era emigrato, appositamente per uccidere il re per vendicare i morti dovuti alla repressione dei moti di Milano.Quando vidi arrivare il suo corpo trasportato a villa reale dalla sua scorta, persi il mio contegno di regina, mi precipitai urlando come una popolana: "Fate qualcosa, salvate il re". Ma ormai era tutto inutile. Quando realizzai il suo trapasso esclamai: "hanno ucciso te, che amavi tanto il tuo popolo. Questo e' il più gran delitto del secolo".Alla sua morte, Re Umberto I° aveva cinquantasei anni, aveva regnato per ventidue anni. Il nostro matrimonio ufficiale era durato trentadue anni mentre il suo legame con Eugenia trentotto.Restai l'intera notte accanto al cadavere, a vegliare in preghiera. Di prima mattina, mandai a chiamare Eugenia Litta nella sua villa di Vedano al Lambro e la feci entrare nella stanza dove avevano composto la salma di Umberto, lasciandola sola con lui. Sul tavolino, una tazza di caffè latte ed un piattino di margheritine.

Questo è il mio primo racconto ed è un'opera di fantasia, ispirato dalla personale golosità per le Margheritine, dolce tipico Stresiano e alla vita reale di Margherita di Savoia, prima Regina sul trono d'Italia. Uno speciale ringraziamento a Don Umberto Muratore, Direttore del Centro Internazionale di Studi Rosminiano per avermi aperto le porte del suo studio.

Carola Mangialardo
Bibliografia:
- Enciclopedia Treccani - La duchessa Litta Bolognini- Achille Mascheroni "La bella bolognina”- Indro Montanelli, Storia d'Italia (1861-1919), edizione edita con Il Corriere della Sera, Milano, 2003- Carlo Casalegno, La regina Margherita, Einaudi, Torino, 1956. Ristampato da Il Mulino, 2001- Romano Bracalini, La regina Margherita, Rizzoli, Milano, 1983- Gianni Picenardi, Ricordando S.A.R. Elisabetta di Sassonia Duchessa di Genova, edizioni Rosminiane, Stresa, 2013- Silvio Bertoldi, Eugenia e Umberto I° come Anne e Mitterand, Archivio Storico del Corriere della Sera, 30 gennaio 1996, pag. 27

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :