Da "Nazione indiana" a "Carmilla", le riviste sul web sembravano destinate a soppiantare quelle accademiche. Invece sono state lasciate per i social network. Dove si dialoga con autori ed editori. [...] Poi, il crollo. La morte vera. In certi casi, l’offline. Oggi questi siti sono poco più che circoli parrocchiali, se non cimiteri tout court.L'avvento dei social network ha aiutato: il lettore può essere in stretto contatto sia con autori che con editori anche senza la mediazione dei blogger. La crisi dell'editoria, forse. Pochi lettori e libri di scarsa qualità. Letteratura? Ci siamo ancora molto lontani se "secondo la Nielsen il libro più venduto dell’ultima settimana è la Dieta Dukan, con 6100 copie." O se vanno per la maggiore romanzetti, anche di genere, fatti con lo stampino, tradotti ad occhi chiusi sulla fiducia, pompati tantissimo con marketing virale sul web e con l'editor che invece di rivedere il testo ha scelto di farsi una scampagnata con Heidi e le caprette che-fanno-ciao. Ogni libro viene salutato alla sua pubblicazione come un nuovo caso editoriale. Fatto sta che nel giro di poche settimane il lettore viene bombardato da uscite simili, con titoli simili e con fascette assolutamente discutibili. Gli editori si uniformano e omologano. Scelgono la quantità per fare fatturato e non puntano sulla qualità e sulla fiducia del lettore, che viene presto disattesa.
Sherlock: What is it like in your funny little brains? It must be so boring.Aggiungiamoci poi la concorrenza per accaparrarsi il favore di svariati editori (neanche a dirlo i big tanto per tirarsela un po') – di cui avevo già parlato QUI– e il quadro (suggestivo e stimolante davvero) è terminato. Si parla di "democrazia culturale", ma è davvero così? O è solo una bella espressione per descrivere una situazione avvilente e poco produttiva dove si battaglia a colpi di mi piace e followers?
Nell'interessante articolo Ma la critica letteraria è morta (I blog letterari nell'era del "Mi piace", che non è la sintesi della critica, ma la sua antitesi) comparso sul sito Cado in Piedi, l'articolista pone dei quesiti importanti. Esiste un'etica blogger dato che nell'attività sul web subentrano conflitti di interessi con altri blogger, autori ed editori? Il codice di comportamento dei blogger aderisce a quella comunemente detta "buona educazione" importante per il quieto vivere. Tutti concordano sul fatto che plagiare è sbagliato (nonchè reato); tutti concordano sul fatto che è necessario sapere l'italiano per scrivere una recensione; tutti concordano col dire che non si devono scrivere recensioni false solo per accontentare l'autore/l'editore. Quando però si parla di pratica il discorso è ben diverso perchè ognuno, pur di avere qualche libro a casa gratis o 20000 followers, poi, segue i propri interessi e chissenefrega delle regole. In questi casi, tutti hanno presente come ci si dovrebbe comportare ma è più comodo far finta di niente e calarsi nella parte dello gnorri di turno, come se fosse auspicabile. C'è una differenza tra chi gestisce un blog letterario da molti anni – e ha acquisito un minimo di esperienza del settore e una maggior coscienza del proprio ruolo – e chi invece ha aperto il blog solo da qualche mese (se è tanto). Un blog letterario NON è un blog personale. C'è una sostanziale differenza che, credo, non è ancora stata ben recepita.
Il mondo dei blogger letterari, comunque, non è solamente così tetro come l'ho appena descritto. Segnalo la bella iniziativa di Morgan Palmas, ideatore del sito Sul Romanzo, che ha organizzato il primo festival dedicato ai blog letterari: K-LIt., che si terrà a luglio di quest'anno a Thiene (Vicenza). Un buon modo per confrontarsi.