I BUCHI NERI? sono come le omelette
Creato il 30 gennaio 2012 da Colorefiore
@AmoreeDintorni
di Ugo Leonzio È delizioso leggere i libri cominciando dalla fine perché non solo ci offrono qualità particolari, nessi e trame, confessioni che non avrebbero svelato leggendoli nella rigida gabbia del senso orario ma diventano altri libri. Avrete due letture complementari e diverse come osservare un panorama di d'estate o d'inverno. Con la neve o il sole meridiano non solo il panorama cambia insieme al nostro sguardo ma anche il canto degli uccelli che è lo stile del paesaggio. La lettura antioraria permette ai libri di non invecchiare. Una segreta vitalità scaturisce dalle loro pagine mischiando idee trame ed argomenti fino a produrne di nuove e inaspettate. Si possono leggere così Anna Karenina , i Guermantes, Vita segreta del Signore di Busho del grande Tanizaki o il Pasticciaccio di Gadda che troverebbe finalmente una degna conclusione. Il vantaggio maggiore lo ricevono i libri scientifici sempre tanto incerti e fragili e roboanti da consumare la loro sudata giovinezza nel giro di poche settimane, così quando librai senza cuore li tolgono dai banconi per spedirli al macero sono ormai dei vecchietti tremolanti e smemorati. Una lettura antioraria avrebbe potuto farne dei venerati best sellers. A volte, capita che certi libri in apparenza pieni di promesse e seduzioni si lascino docilmente leggere dalla fine al principio e poi dal principio alla fine senza che nulla cambi. Non si tratta di una spiegelfuge alla maniera di Bach (J.S.) ma del più prosaico effetto «omelette». Prendiamo La guerra dei buchi neri di Leonard Susskind. In apparenza è uno dei soliti straordinari trattati di meccanica quantistica che spingendoci sulla carovaniera delle sue 418 pagine con l'ausilio di labirinti e formule finisce di convincerci, come al solito, che non esistiamo. Siamo un riflesso, un sogno ecc. È bello che la scienza confermi il Rg-veda, la Baghavad Gita, lo Shobogenzo, il Bardo Thosgrol, Bodhidarma, Dogen, e tutta la scintillante corte del Vuoto. La realtà è illusione, Nulla esiste. La vita, il mondo, l'universo sono un debole sogno senza sognatore da cui siamo pregati di svegliarci. L'avevamo sospettato, magari anche sperimentato nel corso di improbabili meditazioni al buio, in certi posticini dell'Himalaya ma le geometrie esotiche, gli spazi imprevedibili della fisica sono più convincenti e meno influenzati dall'altitudine (oltre i quattromila si incontra di tutto.) Nella Guerra dei buchi neri il nostro mondo tridimensionale è liquidato in modo più raggelato e inquietante. L'Universo e tutto ciò che esprime è un'illusione particolare. Un'olografia, cioè la proiezione tridimensionale di una realtà bidimensionale situata ai confini dello spazio. Siamo l'ombra di qualcosa che avviene fuori, lontano. La realtà vera, suggerisca Susskind, si trova ai confini dello spazio. Leonard Susskind dice proprio così, «realtà vera» Come può esserci una realtà e per di più vera, se niente esiste e tutto diventa un gioco della mente come nel più comune dei precetti zen? Non è la prima volta che la fisica dei quanti demolisce le certezze relative alla verità del reale ma questa ipotesi è davvero raccapricciante. Immaginate un po', tutti i vostri piaceri, le vostre cattive abitudini, le inconfessabili manie, i dolori, le idee, le commozioni (ma anche la sacher di carote al Ghetto e il caffè da Sciascia ai Prati) sono vissuti da qualcuno che se sta seduto ai bordi dell'universo. Noi non siamo che il suo lontanissimo riflesso, il suo alito, la sua puzza. Non è il delirio di un mistico depresso, è fisica quantistica. Davanti a una prospettiva così perturbante non dovrebbe essere la natura della mente ad essere indagata? In fondo mesoni, gluoni, adroni, gravitoni, nucleoni, con i loro nomi bislacchi da parafarmacia potrebbero essere il sentiero c he la mente ci offre per attraversare lo specchio cieco dei numeri. Ma dopo Zenone e Parmenide ci vorrebbero un David Foster Wallace della fisica e uno Stephen King della matematica. Susskind preferisce invece dedicarsi alla sua omelette. SCIMMIE E GALASSIE La ricetta per cucinare un'omelette è la stessa che si usa per mettere in padella un travolgente best seller di fisica esotica, fine del tempo, singolarità, teorie del tutto, brane, stringhe, Flatlandia si sbattono ben bene con il loro gergo esotico. («Nella sua teoria di bordo Witten sostiene che il buco nero nel minestrone deve avere un equivalente sull'ologramma al bordo») e una accurata prosa da gita in campagna. Barzellette, canzoncine e battutine sul sedere accompagnano il delicato enteroclisma che introducendo, in modo forse un po' indiscreto, la suprema epifania quantica porta al sospirato best seller. Come spezia, non manca l'aforisma spalmabile del leggendario Stephen Hawking, «Siamo solo una varietà evoluta di scimmie su un pianeta secondario di una stella insignificante. Ma siamo in grado di capire l'universo e questo ci rende molto speciali. Varietà evoluta, certo, ma rispetto a chi? E l'universo e il pianeta primario e la stella davvero significativa? Dovrebbero essere più chic, più grandi o solo in una galassia più glamour? Comunque, se avete speso i 35 euro per La guerra dei buchi neri una cosa adesso la sapete. Siete il giochetto olografico sulla playstation di un tizio che non si sa bene cosa stia facendo e perché. Una domanda però resta. Secondo voi, laggiù, ai confini di quel mutacico multiverso dove vivono gli originali di cui siamo l'ombra traballante, chi ha scritto il libro del professor Susskind e chi gli ha insegnato la tecnica dell'omelette?