La venditrice di fritole, Pietro Longhi 1750
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Fritoleee, venghino siori e siore fritoleee!
« (..) Ho già accennato dei modi di dire Veneziani e delle parole che, se dette da un foresto, possono anche essere … scabrose, ma se dette da un Veneziano e in circostanze particolari fanno sorridere; così come cercherò di riportare talune parole cadute completamente in disuso, ma che fanno parte, e sono parte insostituibile, del nostro bagaglio tradizionale.
Iniziamo da taluni piatti, o “camagnari”, che sono introvabili.
Una volta in giro per Venezia, vi erano diversi negozietti che vendevano il “Gardo” o “Castagnasso”. Il gardo o castagnasso non è altro che la farina di castagne secche, o “Straccaganasse” impastata con l’acqua e cotta al forno, e che veniva venduto a fette e servito su un pezzo di carta: una vera leccornia, ai nostri tempi…
Poi c’erano i banchi dei dolci che vendevano le frittelle, le “scioponele” (gli odierni pop-corn), el “zucaro filà”, el “franfraniche”. Questa era un doppia leccornia, che se al giorno d’oggi fosse ancora in uso, il pasticcere andrebbe dritto in galera! Donca: il “franfraniche” era solo dello zucchero fondente e variamente colorato, per amalgamare bene i colori (aniline!) il pasticcere lo “tirava” come un lungo salame e lo passava e ripassava su un gancio posto ad una altezza dovuta alla sua statura. Solo che ad ogni passaggio si spuatava nelle mani affinchè lo zucchero non gli si “petasse” (attaccasse!). Quinti, una volta semi-rassodato, lo tagliava a tocchi e gli infilzava uno stecco. E questo sarebbe l’odierno lecca-lecca. …
Poi vendevano anche le “fritole”: quelle col buco o intere, con la marmellata o con la crema o col “Zabajon”. E lì i doppi sensi si sprecavano…(..) »
da “Motti e detti: ossia libere parole iin vernacolo”
Anche oggi in periodo carnevalesco, a Venezia per calli e rii si sente il profumo delle frittelle dolci tipiche del luogo, e non si può fare a meno di comprarne uno scartosso (cartoccio9 per poi mangiarle passeggiando, tral’allegria delle splendide maschere che ci circondano.
E mentre siamo lì che ce le gustiamo, ci ripromettiamo di prepararle da noi, una volta tornati a casa. Ma… la ricetta? Nessun problema io l’ho trovata!
Le classiche ricette carnevalesche
Frittelle veneziane
Ingredienti per 4 perone
200 gr. di farina, 15 gr. di lievito di birra, 50 gr. di uvetta sultanina, 50 gr. di pinoli, 50 gr. di cedro candito, 40 gr. di zucchero, ½ bicchiere di grappa, zucchero a velo qb, olio di arachidi qb.
Preparazione
In una terrina, sciogliete il lievito di birra e lo zucchero con una tazza di acqua tiepida e unite la grappa.
Incorporate la farina e lavoratela fino a ottenere una pasta elastica, se necessario aggiungete un po’ di acqua. Coprite il composto con un telo e aspettate che con la lievitazione raddoppi il suo volume.
A questo punto, unite l’uvetta, i pinoli e il cedro sminuzzato.
Friggete la pastella facendola cadere nell’olio bollente a cucchiaiate.
Scolate su carta assorbente, trasferite su un piatto da portata e cospargete le frittelle di zucchero a velo.
Sono ottime gustate ancora calde!
Accorgimenti
Il cedro candito confezionato ha poco profumo e il suo sapore si limita a una pronunciata zuccherosità.
Acquistate questo importante ingrediente da un pasticciere, il sapore delle vostre frittelle ne sarà completamente stravolto in positivo.
Idee e varianti
In alcune versioni il cedro è sostituito dalla mela.
Il mio suggerimento è di gustare la ricetta nella sua interpretazione più tipica: è veramente squisita.
- « Lovarie » ovvero le Ghiottonerie di Carnevale nella Romagna