I capolavori di Sylvia Plath

Creato il 13 marzo 2016 da Aleheartilly @amazing_readers
I capolavori di Sylvia Plath di Sylvia Plath
Traduttore: Adriana Bottini, Anna Ravano
Editore: Mondadori Genere: (Auto)Biografia, Poesia, Raccolta di opere
Pagine: 683
ISBN: 9788804531401
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Il nostro voto:

Morta suicida nel 1963 a soli trentuno anni, Sylvia Plath, assurta a simbolo delle rivendicazioni femministe del Novecento, è stata soprattutto una delle voci più potenti e limpide della letteratura americana contemporanea. A oltre quarant'anni dalla sua scomparsa, il volume intende renderle un doveroso omaggio, riunendo le opere più significative della sua breve ma intensa produzione. Comprende un'ampia raccolta di liriche, tra cui una versione integrale di Ariel che, pubblicata nel 1965 dal marito e poeta Ted Hughes, rivelò al mondo la forza dirompente della poesia della Plath. Segue La campana di vetro, l'unico romanzo, tragicamente autobiografico di Sylvia. Infine la raccolta di prose Johnny Panic e la Bibbia dei sogni, contenente racconti, saggi, reportage giornalistici, pagine di diario che offrono uno strumento unico per esplorare il complesso mondo di una delle scrittrici più amate degli ultimi decenni.

Trovo sempre particolarmente intensa la lettura degli scritti di qualcuno che è morto suicida. E questo è valso anche per Sylvia Plath, anzi: forse nel suo caso è stato anche più intenso, proprio per quanto c’è di autobiografico (e quindi, per certi versi, di davvero sentito) nelle opere che sono raccolte nel volume I capolavori di Sylvia Plath.

La raccolta comprende il suo romanzo autobiografico La campana di vetro, diverse liriche, tra cui Ariel, pubblicata postuma dal marito della Plath, Ted Hughes, e diversi racconti e scritti in prosa che aiutano a completare il quadro. Ma è stata La campana di vetro a rendere davvero particolare questa lettura: si tratta dell’unico romanzo scritto dalla Plath, pubblicato inizialmente con uno pseudonimo, e racconta la depressione della protagonista, Esther, dipingendo in maniera molto vivida anche un tentativo di suicidio (molto simile a quello di Sylvia) e la terapia dell’elettroshock. La descrizione della campana di vetro, della sensazione di alienazione, di soffocamento che la protagonista prova è coinvolgente, ed è ancora più difficile da leggere sapendo che questo è l’alter ego di Sylvia, e che Sylvia poi sotto al peso di quella campana di vetro ha ceduto (e non importa, da questo punto di vista, se Sylvia volesse effettivamente suicidarsi oppure no, come suggerito da alcuni). L’ho trovata una lettura davvero strana, perché da una parte c’è una certa frivolezza nel racconto, soprattutto per quanto riguarda la parte che descrive lo stage della protagonista a New York, presso una rivista, dove diventa amica di una ragazza disinibita pur ammirandone una molto più propensa a fare sempre la cosa giusta. Anzi: le avventure da stagiste sono leggere, quasi divertenti. C’è anche una buona tensione tra quello che ci si aspetta da Esther – che diventi una moglie, una madre – e quello che invece Esther vorrebbe per sé. Infine, la descrizione della malattia, della sensazione asfissiante che dà alla protagonista, delle cure, sono davvero realistiche e quasi crude nella loro concretezza. È stata davvero la lettura più intensa dell’intera raccolta.

Anche le liriche che compongono il resto della raccolta ci restituiscono l’immagine di una donna complessa, e questo emerge soprattutto in Ariel, interpretata dai critici come la rappresentazione della rinascita della poetessa. Ma in tutte le liriche si percepisce una tensione, un qualcosa che fa male ma che non sai spiegare esattamente cosa, e perché. Si tratta di liriche difficili, non immediatamente comprensibili, ma che proprio per questo ti spingono a pensare, a cercare di capire – e personalmente ho trovato sempre un po’ complesso separare quello che leggevo dalla consapevolezza che questa è l’autrice che si è praticamente spogliata davanti a me ne La campana di vetro, che l’autrice è la trentenne che ha preparato il latte ai suoi bambini e poi ha messo la testa nel forno. Non so fino a che punto sia necessario dimenticarsi di questo particolare; non so definire fino a che punto la consapevolezza del suicidio abbia pesato sul mio apprezzare le liriche, commuovermi leggendole. Ma so che una volta chiuso il volume ho rimpianto che il marito di Sylvia, il poeta Ted Hughes, abbia distrutto parte dei suoi diari, perché ho la sensazione che così abbiamo perso tanto, troppo.

Non è una lettura semplice, anzi; la struttura della raccolta vi permette comunque di scegliere quando leggere cosa, e centellinare le pagine della Plath che per intensità non hanno nulla da invidiare a nessuno. Non leggetela se non avete il tempo, o la voglia, di pensare poi a quello che avete letto, perché sarete spinti a farlo anche senza volerlo. Oppure cominciate dai racconti che sono stati inseriti in questa raccolta: sono ottimi scritti, anche se secondo me non hanno la stessa potenza delle poesie o del romanzo. Sylvia Plath è un’autrice che va conosciuta un po’ alla volta, e credo che questa raccolta sia un’ottima base di partenza.

I nostri voti

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Personaggi

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Ritmo

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