I cento anni di N’giulone

Da Delpiera @PieraVincenti

Serino ha un altro centenario. Si tratta di Angelo Corsetto, meglio conosciuto come N’Giulone, di Ferrari, che domani festeggerà i suoi cento anni circondato dall’affetto della famiglia e di tutti i ferraresi. La vita di Angelo è rappresentativa di un’epoca fatta di sacrifici e sofferenze, ma anche di antiche tradizioni popolari. Grazie alla sua buona salute e alla mente lucidissima, Angelo si diletta spesso a ripercorrere la vita dei ferraresi di una volta, a raccontare vecchie storie e modi di dire, a ricordare i nostri avi: personaggi poverissimi o gran signori.
Angelo nacque il 10 febbraio 1912, da Giovanni Corsetto e Angela Corsetto, nella casa dove vive attualmente. Trascorse i primi anni della sua vita senza il padre, che era emigrato in America ma senza molta fortuna.
Ancora piccolo, passava il tempo in campagna ad aiutare la mamma, tra il Tierzo, il Campo, le Chiarie e il Bosco dei Cuorni. Da bambino era abbastanza scalmanato e invece di andare a scuola passava il tempo a salire e scendere dal Castello, attraverso la “Palummara” e la “preta dei Pulicini”, insieme ad altri coetanei, Fedele Vitagliano, Carmine Corsetto (detto Cursettu), Peppino Corsetto (detto o’ caporal maggiore), Gaetano Monte (detto zi Aitano).
All’età di 14 anni dovette assumersi la responsabilità della famiglia e per mantenere la madre e il fratello Emilio cominciò a lavorare, prima presso l’acquedotto di Serino e successivamente all’acquedotto della Tornola. In realtà, non aveva ancora 14 anni, e riuscì a farsi accettare al lavoro falsificando la data di nascita sulla carta d’identità, che a quel tempo era rilasciata dal prete (don Orazio Crisci). Poco più che diciassettenne lavorò per la costruzione della strada di Montevergine e come bracciante.
Dotato di un fisico possente per l’epoca e grande lavoratore, riusciva a trovare facilmente impiego rispetto agli altri ragazzi, più magri e meno forzuti. Angelo era anche un gran mangione: racconta sempre che con Carminuccio Monte, dopo aver mangiato un chilo di pasta asciutta a testa, erano più digiuni di prima.
Poi arrivarono gli anni del militare che lo portarono a viaggiare a Castellammare, Belluno e Lecce. Nel gennaio del 1935 sposò Cristina Martino, figlia di Concetta Agnes da cui ha avuto tre figli: Angela che vive a Livorno, Giovanni che vive a Milano e Rosetta che vive anche lei a Livorno.
Nel 1940 fu richiamato per il servizio militare e quindi inviato in guerra, al fronte di Rodi Egeo. Qui, dopo l’ 8 settembre del 1943, fu fatto prigioniero dai tedeschi e inviato nei campi di concentramento della Prussia Orientale, dove rimase fino a fine giugno del 1945 soffrendo fame e freddo.
Tornato in Italia, si ritrovò a doversi spartire quella poca terra disponibile con i sui compaesani, insufficiente a garantire a tutti una vita dignitosa. Quelli furono i tempi più difficili – peggiori persino degli anni che avevano preceduto la guerra – ricordati come i tempi della Grande Emigrazione di massa degli italiani.
Angelo emigrò in Belgio e si adattò a lavorare in miniera, tra gli 800 e i 1000 metri di profondità, in stretti cunicoli che costringevano a camminare con la pancia a terra, ingoiando polvere. Ci rimase per sette anni.
La sua lunga vita non è stata facile ma il suo centesimo compleanno ci ricorda che è possibile lasciarsi alle spalle i sacrifici fatti in gioventù: le privazioni, la fame ed i rischi della guerra e della prigionia, il freddo della Germania a spalare la neve dai binari, mangiando poche carote e qualche patata bollita, la polvere di carbone ingoiata in miniera, la lontananza dalla famiglia e la denigrazione ed il disprezzo subiti come italiano e come meridionale, da parte dei belgi e di altri europei.
Tutto ciò ha temprato Angelo – gioviale, allegro, amico di tutti, festaiolo, appassionato di musica lirica, di fuochi d’artificio, giocatore incallito di briscola scoperta – e lo ha aiutato ad arrivare al grande traguardo dei 100 anni in discreta salute: la scorsa estate ha coltivato il suo orticello, alzandosi alle 5,30 per curare le sue patate, pomodori, insalata, peperoni, melanzane, zucche, cipolle e agli.
Attualmente, Angelo vive da solo ma gode dell’aiuto della sua badante e dell’affetto dei tre figli, dei sei nipoti e sei pronipoti.
In occasione dei suoi cento anni, vuole regalarci le sue massime:
- senza sacrifici si ottiene poco o niente dalla vita
- occorre sempre lavorare tanto, ma non bisogna mai diventare schiavo del lavoro
- quando si lavora, non è sufficiente avere tanta forza se non ci impegna con passione, pazienza e spirito di sacrificio, le soddisfazioni arriveranno dopo
- per raccogliere bisogna prima seminare
- una persona deve sempre cercare di fare qualcosa nella vita, anche se non ne ha bisogno, anche se piccola, e mai oziare troppo
- è molto importante avere degli amici, ma se al momento opportuno si tirano indietro allora è meglio non averne.
- Le persone tirchie sono un castigo di Dio, perché se non si mettono in circolazione i soldi, il mondo si ferma e non si progredisce.

AUGURI ANGELO per altri … 100 anni !!!


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