Eppure c’è chi non demorde, chi lascia l’auto in garage, chi va al lavoro (o a cercarsene uno) in bicicletta, chi non cede alle lusinghe di un motore sotto al sedere. Ma come se la passano, questi intrepidi eroi delle due ruote? A sentire alcuni addetti ai lavori, piuttosto male. Stendiamoun velo pietoso su circonvallazioni e vie centrali con accesso illimitato di automezzi tipo via Pontida, via Cavour o parte di via Vochieri, tanto per citarne alcune, dove i ciclisti (ma visti i marciapiede anche disabili e mamme col passeggino) sono obbligati a circolare altrove. E stendiamone un altro sulla maggior parte dei viali cittadini, ancora segnati dai bombardamenti alleati o tempestati di chioschi, scalini mimetici e rami caduti. Ciò che è maggiormente al centro dell’attenzione degli amanti del “biking” sembrerebbe essere proprio la rete delle piste ciclabili, ovvero quei famigerati viadotti ai lati delle carreggiate che dovrebbero garantire incolumità e viabilità impeccabile a chi è in bicicletta. E non solo in centro e zone limitrofe, ma anche nei collegamenti tra i sobborghi e i quartieri “periferici”. Una specie di utopia insomma: attualmente le piste ciclabili non collegano un bel niente, non sono più lunghe di qualche centinaio di metri, sono larghe mezza spanna e nascono e muoiono nel nulla, come vicoli ciechi.
Un esempio del malcontento che aleggia sulla situazione della mobilità a due ruote è l’iniziativa “C’Entro! Pedala con Noi” tenutasi lo scorso 3 settembre, durante la quale decine e decine di persone si sono date appuntamento a Cabanette per poi attraversare tutta la città fi no a piazza della Libertà. In bici, naturalmente. Scopo della sgambata collettiva (voluta principalmente dall’associazione “Gliamici della bici”), chiedere “collegamenti ciclabili logici, continui e sicuri tra sobborghi, periferia e centro”. Servirà a qualcosa? Palazzo Rosso se ci sei batti un colpo.
E a modo suo il colpo Palazzo Rosso l’ha battuto, in favore dei ciclisti, nel settembre 2010 con il progetto di bike sharing “Bicincittà”, ovvero un sistema di noleggio di biciclette pubbliche costituito da 9 punti di distribuzione per un totale di 109 colonnine e 70 velocipedi disponibili in piazza Garibaldi, presso la stazione ferroviaria, piazza Libertà, piazza Divina Provvidenza, zona Politecnico, Spalto Marengo, ingresso ospedale, parcheggio di via Parma e piazza Carducci. Con un’iscrizione annuale di 15 euro- assicurazione inclusa- col bike sharing è possibile “affittare”senza spese aggiuntive per la prima mezz’ora una delle biciclette messe a disposizione. Passati i 30 minuti si pagano 50 centesimi per ogni mezz’ora aggiuntiva. (Ma se riesci a trovare il modo di restituire la bici allo scadere dei 30 minuti e ripartire con una nuova, e così via, alla fine non avrai sborsato un centesimo in più dei 15 euro pagati con l’abbonamento!).
Se vogliamo dare i numeri, il progetto “Bicincittà” ha visto aderire fi no adoggi (agosto 2011) 312 alessandrini, 62% donne e 48% uomini, appartenenti alle seguenti categorie: lavoratori dipendenti (43%), studenti (20%), professionisti (19%) e pensionati (5%), in fasce d’età tra i 18 ai 20 anni (5%), dai 20 ai 40 (42,27%), dai 40 ai 60 (47,94%). Tutto sommato, buona la prima.
Ma i problemi dell’impavido ciclista alessandrino non si limitano alla sola viabilità o ai servizi. Il “nostro” ha anche un’altra bella gatta da pelare: i furti. Alzi la mano chi almeno una volta nella vita non si è fatto soffi are la bicicletta. Poco importa se la si assicura con una catena da attracco per petroliere o la si lega ad un palo granitico e massiccio: i professionisti del furto sanno come e dove colpire, dove tagliare, sono ben attrezzati e conoscono “tecniche” infallibili. C’è un vero e proprio business dietro alle biciclette rubate, un traffi co che si rifornisce nella città A e rivende nella città B. Nel 2010 ad Alessandria sono stati denunciati però solo 64 furti, cifra che andrebbe almeno triplicata se si tiene conto che moltissimi di coloro che hanno subito un furto, probabilmente terrorizzati dall’enorme mole di burocrazia, hanno evitato di recarsi dalle forze dell’ordine per segnalare il fatto. E così, al fine di affrontare il malcontento diffuso in città, la Polizia Municipale è ricorsa addirittura ad un progetto/test che, attraverso un questionario distribuito alla cittadinanza, si propone di analizzare il fenomeno chiedendo diverse informazioni sui furti subiti. Ciclista alessandrino, sii paziente, forse un giorno arriveranno tempi migliori.
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