Torino periferia industriale, vicino la ferrovia. Una fabbrica tessile col quartiere intorno per le famiglie degli operai che sono uomini e donne, dagli anziani ancora "abili" ai bambini, in un non ben precisato anno della fine '800. Le ultime delle 14 ore di lavoro giornaliero sono le più pericolose, mietono il maggior numero d'incidenti e dopo uno di questi, nel quale un anziano perderà una mano, gli operai decideranno di chiedere migliori condizioni al padrone.
E' un Capolavoro Popolare, semplice e diretto nelle parole come nelle immagini. La Forma è votata ai contenuti.
L'inizio, con la macchina che riprende da "intrusa" nelle case la sveglia e quel poco che avviene prima di recarsi in fabbrica. Un ragazzo "capofamiglia" (e il padre capisci subito che fine ha fatto) deve spaccare il ghiaccio nella brocca per riempire l'acquaio. Ingresso in massa alla fabbrica, non c'è orario elastico, e i cancelli si chiudono a chiave alle loro spalle. Una brevissima pausa sempre dietro i cancelli per il pranzo, con le mogli casalinghe che portano i bambini piccoli a vedere i padri come in carcere, dietro al cancello chiuso. Lavoro a catena ossessivo senza soste, e verso la fine i primi sfinimenti, pericolosi perché vicino a macchine che non si fermano mai e non sono adatte a corpi umani che ci si dovessero incastrare dentro. E' il ritratto giornaliero eloquente di una vita miserabile.
E' facile unirsi tra forti, difficile tra deboli. C'è sempre qualcuno che non se la sente e la fame non aiuta a decidersi, l'ignoranza ancora meno. Ecco il fondamentale ruolo del professore di Genova, supportato da un solidale insegnante di scuola elementare. Perché lo fa? Alla domanda di un operaio non sa rispondere se non spiegando che una volta venuto a conoscenza che una vita diversa è possibile per tutti, c'è qualcosa che lo spinge a lottare per un bene comune. E' vero, non è uno di loro, ma rischia come loro, e fa la fame, sempre, come loro. Figura straordinaria quella del professor Sinigaglia. Come un travolto da inevitabile destino, poteva far finta di non sapere e condurre una vita piccolo borghese, oppure dedicarsi alle lotte per i diritti dei più deboli. La sua decisione, e determinazione, fanno riflettere.
Come lo giri e lo volti, questo film è un Capolavoro da tutti i punti di vista.
Un sentito grazie alla Cristaldi, produttrice all'epoca, che ha finanziato un restauro curato da Giuseppe Rotunno, anch'egli nello staff d'origine (alla fotografia ovviamente, che è da superoscar), che ci permette ora di vedere un DVD di qualità eccelsa. Parliamo di un film di Mario Monicelli, che ha sceneggiato con Ade e Scarpelli, della fotografia ho detto, al montaggio Ruggero Mastroianni, la colonna sonora di Carlo Rustichelli, scenografie di Mario Garbuglia e comparto attoriale con Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Folco Lulli, Annie Girardot, Raffaella Carrà, Bernard Blier...
Senza grande successo di pubblico ai tempi, né particolari riconoscimenti ai festival. Ha suscitato in passato, ho letto, critiche discordanti, alcune anche non proprio positive. Consiglio di sbattersene.
Visione obbligatoria.
Robydick