due sere fa ho terminato questo splendido ennesimo capolavoro di Dostoevskij. Ancora una volta scrivo per difendere con forza una tesi: un grande classico non è automaticamente "per pochi", "pesante", "illeggibile". Questa è letteratura universale, quindi per tutti.
Ma è letteratura universale anche perché non rimane confinata nell'epoca in cui è stata prodotta. Essa è portatrice di piacere squisitamente narrativo, perciò senza tempo. Chi poi può e vuole leggere tra le righe lo faccia. Chi vuole invece leggere semplicemente una bella storia può farlo, esattamente come se leggesse un qualunque altro libro.
Questa volta il grande autore russo ci ha messo un pò a conquistarmi. Di oltre settecento pagine fitte, le prime trecentocinquanta sembrano un'eterna attesa, uno spietato senso di angoscia per qualcosa che deve accadere. La cosa interessante è che poi effettivamente succede di tutto.
I demoni viene pubblicato tra il 1871 e il 1873. Posteriore a tutti gli altri ben noti capolavori di Dostoevskij, eccetto I fratelli Karamazov, è stato per me una piacevole scoperta. In esso vengono ripresi tutti i grandi temi cari allo scrittore russo (il libero arbitrio, l'esistenza di Dio, le ragioni del male, il nichilismo, il senso di colpa), ma in una compagine narrativa decisamente più movimentata di altre volte (almeno da un certo punto in poi diventa assolutamente mozzafiato). Una foresta di personaggi, ciascuno portatore, come sempre, di una visione della vita e di una morale, contribuisce a rendere un paesaggio variegato, saporito, pieno di colpi di scena e di rivelazioni. Al solito la linea tra bene e male, tra redenzione e perdizione, tra giusto e sbagliato, viene sottilizzata, quasi annullata, ma sempre filtrata da una precisa visione sull'assoluta dignità della persona e della vita umana, come tratto decisivo del creato, con tutte le sue ombre, le sue bassezze, le sue contraddizioni.
Chi sono i demoni? I demoni di Dostoevskij sono anzitutto i demoni interiori. Il peccato più grave di tutti è imbruttire la propria natura umana consapevolmente, facendo del male a sé e agli altri. E poi ci sono i demoni reali, il pretesto narrativo per scatenare gli avvenimenti. In questo romanzo Dostoevskij vuole prendere le distanze, non senza ironia, da tutti quei filoni filorivoluzionari e nichilisti che attanagliavano la cultura borghese del tempo, dando uno spaccato dell'evolversi di una piccola cellula terroristica in una piccola cittadina di provincia. Filoni che prendevano tutti le mosse da un annullamento della morale, dove per morale non si intende quella predicata nei salotti, ma quella pura, pulita, essenzialmente cristiana, che pone al centro l'uomo e la sua salvezza, in questa vita e nell'altra. Lo scopo di questi rivoluzionari quasi maldestri è minare il tessuto della società per poterne sconfessare i principi e le sicurezze. In alcuni casi si è mossi da un autentico spirito di compassione per le classi più povere ed emarginate, in altri da una cieca volontà di potenza quasi senza scopo, in altri ancora da una noia mortale che porta all'indifferenza per il mondo.
Non volendo e non potendo svelare troppo, lasciatemi solo tratteggiare per sommi capi i personaggi principali, nella speranza di invogliarvi a leggere questo libro. Stepan Trofimovic è la caricatura, il russo accademico, che intervalla nei suoi discorsi frasi in francese, che si fa portatore (ad un livello esclusivamente intellettuale) dei valori rivoluzionari. Quando si tratta di agire questo personaggio cade preda di deliri, febbri, nevrosi. Intimamente non abbandona mai la visione conservatrice della sua classe. In me questo personaggio ha scatenato una tenerezza senza fine. Il figlio, invece, Piotr Stepanovic, è un personaggio privo di scrupoli, che architetta tutte i disastri ai danni della "ridente" cittadina. Portatore di una visione folle e priva di morale, è convinto che l'umanità debba dividersi in due: gli intelligenti e le capre su cui i primi possano cavalcare. La vita umana (rigorosamente degli altri) può essere sacrificata per un'idea. Impossibile elencare qui tutti i demoni. Particolare menzione meritano però Kirillov, Sciatov e Lebdiakin. Il primo è certo che Dio non esista e si balocca per tutto il libro di suicidarsi per questo. Il secondo è un ex-demone alla ricerca di una fede rinnovata che ha compreso che la rivoluzione non può essere fatta da uomini della risma di Piotr Stepanovic, e per questo dissente con i maneggi della piccola organizzazione. Lebdiakin invece è un demone come ce ne sono tanti nei libri di Dostoevskij: bevitore, attaccato al denaro, ciarliero, imbarazzante. Uno dei tanti "del sottosuolo".
Tre figure femminili. Varvara Petrovna è la "compagna di vita" di Stepan Trofimovic, donna pratica e saldamente ancorata ai valori del passato, ma con intelligenza. Julia Michailovna è invece la moglie del governatore locale, che collabora senza saperlo allo svilupparsi della catastrofe, solo perché è "di moda" avere idee progressiste. Sopra tutte Lizaveta Nikolaievna, tipica figura femminile passionale dostoevskiana, di una negatività agghiacciante, tutta intenta ad autodistruggersi consapevolmente, incapace di resistere all'attrazione esercitata su di lei dal figlio della Petrovna, Nikolai Stavroghin.
La vera invenzione di questo libro, forse una delle personalità meglio riuscite allo scrittore russo, è proprio il personaggio di Nikolai Stavroghin. Egli è il punto comune tra tutti i personaggi, motore ideale della vicenda e demone per eccellenza. Sadico, incomprensibile, bestiale, sembra privo di una motivazione nell'esercizio del male. Si dimostra relativamente estraneo agli intrighi del piccolo gruppo di rivoluzionari, ma è visto da tutti come l'ispiratore, l'anima, il midollo dell'organizzazione. Le ultime pagine del romanzo sono fitte delle parole assolutamente scioccanti di Stavroghin.
Dostoevskij è un grande perché se ne frega di costruire personaggini costruiti, appartenenti al bene o al male, secondo l'abitudine di certi scrittori mediocri del suo tempo. Dostoevskij racconta di personaggi reali, pieni di contraddizioni, difficili da interpretare, difficili da giudicare, che semplicemente, tra le pagine che stiamo leggendo, vivono.