Il ministero, infatti, con provvedimento del 29 ottobre 2010, aveva disposto che venisse preclusa nella Casa circondariale Rebibbia di Roma, per tutti i detenuti sottoposti a regime di 41-bis, la visione dei programmi irradiati dalle emittenti Rai Sport e Rai Storia. Al provvedimento era stata data immediata esecuzione. Uno dei detenuti, però, aveva proposto un reclamo davanti al magistrato di sorveglianza, prospettando una lesione del proprio diritto soggettivo all'informazione.
E il giudice investito del reclamo aveva stabilito con ordinanza del 9 maggio 2011, che l'oscuramento delle emissioni tv aveva leso, in effetti, un diritto soggettivo derivante dall'art. 21 della Costituzione sul diritto all'informazione. Inoltre il giudice non aveva accertato alcun nesso concreto tra l'oscuramento del segnale delle due emittenti Rai e l'esigenza di impedire che, attraverso la trasmissione in video di brevi messaggi scritti provenienti dagli spettatori, giungessero ai detenuti indebite comunicazioni.
Ma nel luglio 2011 al magistrato di sorveglianza è pervenuto un ulteriore reclamo da cui emergeva che l'Amministrazione penitenziaria non aveva riattivato il segnale televisivo. La vicenda è finita quindi di fronte alla Consulta che ha accolto il ricorso del magistrato di sorveglianza. La Corte ha stabilito che non spettava al Ministro della giustizia disporre, su proposta del Dap, di non dare esecuzione all'ordinanza del magistrato di sorveglianza di Roma che consentiva ai detenuti di Rebibbia la visione di Rai Sport e Rai Storia e ha annullato il provvedimento ministeriale.