Attenzione: post aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale.
Di recente ho acquistato su Bookrepublic il libro di Torgny Lindgren “Per amore della verità”, della casa editrice Iperborea.
Partiamo dalle cose che vanno. Gli ebook di Iperborea, sfoderano il Social DRM. Il file può essere letto su qualunque dispositivo dedicato agli ebook, senza le limitazioni cui sottostanno invece quelli che ricorrono alla soluzione Adobe.
Appare solo una breve scritta: “Questo libro è stato acquistato da”, e segue l’indirizzo email dell’acquirente, con l’indicazione dello store dove l’acquisto è stato concluso, la data e l’ora della transazione. Può andare bene, anche se preferirei che non ci fosse nemmeno questo.
Non è il primo libro elettronico che leggo, e ribadisco: il profumo della carta, eccetera eccetera, sono tutte questioni di lana caprina. Inoltre, con 300/500/800/10.000 libri stipati in libreria, almeno una volta all’anno tocca spolverarli per bene uno per uno (oltre alla solita pulizia, certo), svuotare gli scaffali, pulirli, rimettere tutto a posto. Ecco, in quel momento ti dici: “Chi diavolo me lo fa fare?”.
Ma se la storia funziona, dopo pochi istanti non importa quale sia il supporto, cartaceo o meno, su cui si posano gli occhi. Funziona e basta, e ci precipiti dentro.
Ci sono un paio di aspetti che devono essere indicati, e su cui l’editore deve lavorare con maggiore convinzione; e cura.
Il primo è questo (per vedere meglio, basta cliccare sull’immagine):
Tutto bene, tranne per le due lettere “g” della parola “fuggevole”, cui manca qualcosa. E questo qualcosa si trova nella pagina seguente:
In alto, a sinistra, i pezzi mancanti delle due “g”. Capita sovente, non si tratta affatto di un caso isolato.
Il secondo aspetto. Si trova:
E’
invece di:
È
Il bello è che da un certo punto in poi, torna la forma giusta. So bene che la prima è quella che si vede più spesso in giro sul Web (io stesso la usavo regolarmente, adesso mi sono reso conto dell’errore e cerco di ricordarmene). Però da una casa editrice certi scivoloni non me li aspetto.
Qualcuno potrebbe rincarare la dose, e aggiungere: “Con quello che Iperborea si fa pagare”. L’ebook costava 8.90 Euro, ma l’ho acquistato con uno sconto del 10/15% (non ricordo). Su IBS la versione cartacea costa 13.50, scontata 12.28 Euro.
Tanto? Il giusto? Queste manchevolezze, mi fanno capire che la transizione è stata fatta di fretta e furia, convertendo in digitale i titoli più convincenti, lasciando indietro gli altri. Quanto indietro, non si sa. Spero che un’opera come “L’onore della casa” di Halldor Laxness (sempre edita da Iperborea), possa essere pubblicata dall’editore in formato digitale, il prima possibile. Altrimenti, tutto è inutile.
La risposta alla domanda sul prezzo è perciò: sì, 8,90 Euro (anche se scontati), rappresentano una spesa che lascia un sapore amaro in bocca, poiché quei dettagli trascurati, tradiscono una superficialità che non voglio da una casa editrice.
Mi rendo conto che sono tempi duri, e che in questo Paese di trogloditi non si legge. So anche che gli editori balzano in groppa all’ebook perché permette loro di tagliar via i costi per il magazzino, la tipografia, i librai, i vettori (e questo metterà molta gente in una situazione tutt’altro che rosea).
Cari editori. Se credete nel libro elettronico, curate i dettagli esattamente come se fosse cartaceo. Non è una sotto-categoria destinata a sparire, o a restare relegata in una nicchia. E i soldi che vi arrivano, sono buoni e reali esattamente come quelli sborsati per qualunque tomo cartaceo.
E abbassate i prezzi, coraggio. Compreremo più libri, promesso…
Aggiornamento: nei commenti a questo post, c’è l’intervento di Letizia Sechi, responsabile di produzione di Bookrepublic. Mi spiega che il problema delle lettere tagliate è dovuto non all’editore, o a essi, bensì a un baco di iBooks, l’applicazione di Apple per la lettura dei libri elettronici. Mi pareva doveroso riportare la sua testimonianza, e invito chi passa da qui a leggere il resto del suo intervento.