I Diari della Saturn (Tappa 11 – New York)

Creato il 24 agosto 2011 da Robifocus

Attraversare le terre che costeggiano l’Atlantico a bordo del nostro vagone argento della Amtrak è stupendo e malinconico allo stesso tempo. Ci stiamo godendo ogni momento del viaggio ma questa è l’ultima tappa e cominciamo già a sentire l’ora della partenza che si avvicina.

I paesaggi boscosi e portuali del Massachusetts e del Connecticut sembrano sospesi nel tempo e ci trasmettono una sensazione di vita serena e tranquilla trascorsa tra gli stores ed i moli, abitando in case ad un piano tra alberi, negozi sulle Main Street, ponti e lungomare. Alla fermata di Mystic ci vengono in mente le scene del film con Julia Roberts e così stazione dopo stazione i luoghi che ci si presentano hanno l’aria di già visti, già vissuti, come se in quelle terre ci fossimo nati. Questa sensazione aumenta man mano che ci avviciniamo alla Grande Mela. Si vede che siamo figli dell’era della TV, delle serie americane e da buoni cinefili di tutto il cinema hollywoodiano.

Il tragitto negli stati di New York e New Jersey è brevissimo e già si vede lo skyline di Manhattan, dove eravamo già stati ma non potevamo saltarla. Credo che New York City sia uno di quei luoghi che ti entrano nel cuore, vorresti tornarci appena possibile o magari vorresti viverci e comunque non potresti mai dimenticarlo!

Scopriamo che sotto la città si estende una fitta rete di binari, decine e decine di sentieri ferrati che si dipanano per tutta l’isola ed in men che non si dica siamo arrivati al capolinea… “Pennsylvania Station… Si scendeeee!

I corridoi di collegamento sono pieni di passeggeri che vanno in ogni direzione e rimbomba un gran vociare misto all’assordante scorrere delle rotelle di centinaia di trolley. Saliamo le scale e ci ritroviamo nella grande sala centrale della stazione, prendiamo l’uscita per per la 33th e sbuchiamo fuori in piena Midtown!

New York è sempre New York ed un sole stupendo ce la fa godere appieno. Ci fermiamo un attimo prima di dirigerci all’albergo. Osserviamo i grattacieli, il veloce via vai delle persone ed il caotico traffico, ci voltiamo più e più volte coprendo 360° e con un sorriso stampato in faccia prendiamo i nostri bagagli, che nel viaggio si erano riempiti a dismisura e ci avevano costretto all’acquisto di un maxi trolley, facciamo mente locale sulla posizione in cui ci troviamo e ci avviamo a piedi con destinazione Madison Avenue dove, a poco più di 1 km, tra la 37th e la 38th ci aspetta il Morgan Hotel, un boutique hotel della stessa catena del Clift quello che ci aveva accolto a San Francisco, questo però è il capostipite della catena che infatti si chiama Morgans Hotels Group!

Alla reception sono di una gentilezza imbarazzante e dopo il checkin ci indicano la stanza e ci portano i bagagli. La camera non è molto grande ma è confortevole, con pareti color crema e argento e lo stile minimalista la fa da padrona, infine alcuni mobili particolarmente fashion rendono l’atmosfera del Morgan molto ma molto chic.

Non perdiamo tempo, una rinfrescata veloce, una sistemata ai bagagli, prendiamo su l’immancabile guida del Touring della serie Cartonville e scendiamo in strada per 3gg di tour.

Su questa città si sono spese migliaia di parole per cui non starò a raccontare quale possa essere il percorso migliore o a consigliare posti da visitare, non serve, è New York City, la città dove tutto è possibile (ah no quella era Las Vegas!) questa è la città che non dorme mai! Verissimo, c’è un frastuono di fondo perenne, traffico, parlottare continuo e sirene della polizia o delle ambulanze o dei pompieri;. il tutto tra i fumanti tombini e lavori in corso.

Musei, negozi, grattaceli, locali, ristoranti, teatri, passeggiate nel parco, anche la stazione ferroviaria è un’attrazione! La conoscete tutti questa città. L’avete vista e vissuta in mille film, in centinaia di puntate di serie poliziesche e commedie, la vedete ai Telegiornali e nei documentari, insomma la anche se non ci siete mai stati inconsciamente la conoscete da sempre.

Le nostre giornate si svolsero girando a piedi, in metro o su un taxi e ci portarono a percorrere km e km, cominciammo raggiungendo la 5th Avenue passando per Tiffany, dentro il Rockfeller Center, nella silenziosa e sacra Sant Patrick, sulla scalinata della Pubblic Library, alla Grand Central Station, al Crysler Building, all’Empire State Building sino ad arrivare al Flateron Building.

Il secondo giorno partiamo da Time Square risaliamo la Broadway fin dentro Central Park attraversiamo il piccolo Zoo e seguendo i sentieri arriviamo fino a Bethesda la fontana vista in decine di film e poi ancora più su fino al Belvedere Plumbing, un piccolo edificio simil-castello che troneggia sul piccolo laghetto di Turtle Pond esattamente al centro del parco. Infine passiamo a fare una visita culturale all’American Museum of Natural History.

Quel giorno pioveva parecchio e prima di avviarci nel parco decidiamo di acquistare un paio di ombrelli, per cui ci fermiamo in un negozietto gestito e “abitato” da una famiglia dai chiari tratti latinoamericani. Chiediamo in inglese di mostrarci cos’hanno, ci presentano diversi modelli ed in italiano cominciamo a discutere tra noi che grandezza di ombrello ci conviene prendere, io optavo per le versioni piccole e facili da mettere nello zaino, Miri per le versioni più grandi che poi avremmo messo nella valigia. Il capofamiglia del negozietto parlotta con alcuni famigliari in spagnolo, a quel punto Miri gli risponde in spagnolo spiegandoli i nostri dubbi e da questo momento parte un fitto chiacchiericcio in inglese, italiano e spagnolo tra me e Miri, me e il tizio, Miri e il tizio e il tizio con gli altri tizi… alla fine dopo aver deciso per gli ombrelli il tizio prima di salutarci dice a Miri:

- in spagnolo “complimenti Signora, lei parla molto bene italiano!”

- in spagnolo “oh beh grazie ma io sono italiana”

… e usciamo tra lo sbigottimento di tutto il popolo del negozietto!

Il terzo giorno abbiamo passeggiato per Ground zero e per le strade dell’alta finanza attorno a Wall Street dove troneggia il bronzeo Toro pronto alla carica. Continuando la discesa al sud dell’isola, attraversiamo il piccolo parco di Battery Park ed ecco che spuntano i moli dei traghetti che fanno da spola per visitare un’altra icona di questa città, non c’è la faremo certo scappare anche noi per cui saliamo a bordo e salpiamo per Liberty Island e la sua Statua della Libertà, al ritorno facciamo scalo anche al museo dell’immigrazione su Ellis Island, dove nei primi del secolo scorso arrivavano i battelli pieni di emigranti pronti a far grande questa nazione e dove venivano selezionati ed eventualmente scartati e rimandati a casa se non passavano i controlli sanitari del tempo.

Anche in questa giornata non ci siamo fatti mancare l’aneddoto… difatti tra il vagabondare per le vie passiamo (forzatamente è chiaro) davanti al negozio di scarpe di Manolo Blanhik, ben conosciuto dagli esperti del settore e dai milioni di fan della serie Sex And The City.

Miri sbava su tutta la vetrata, che oltretutto è microscopica, fino a quando le dico  -“beh dai , oramai siamo qui, che vuoi fare? Non vuoi entrare?” Lei all’inizio fa un po’ di no no con la testa ma poi quasi fosse uno sforzo entra, comincia a guardare qui, là, su, giù e nel frattempo si avvicina una commessa che si offre di farle provare quello che vuole

-   “No ma non mi piace niente!”

-   “Stai scherzando? Vai pazza per queste scarpe e adesso mi dici che non ti piacciono?”

-   “Si ma, non ci sono modelli carini in questa collezzio… beh forse queste…” le guarda, le riguarda, le scruta, le osserva, le analizza…

-   “Allora? … Le vuoi provare o no? Dai che si vede che ti piacciono”

-   “Non so, ho visto che costano 600 euro… sono un po’ tantine no?”

AMMAZZA… un po’ tantine? No, no sono proprio un’ESAGERAZIONE penso tra me e me.

-   “Va beh, dai almeno provale e togliti la soddisfazione”

Si decide e le prova… vi dico solo che nel momento in cui ci ha infilato i piedi è diventata rossa paonazza e quasi balbettando mi fa “certo che sono proprio carine” … Beh diciamo pure care! Faccio finta di non sapere cosa costano e mi giro verso la commessa “Quanto vengono queste?” le chiedo.

L’infame carogna fa un sorriso enorme e mi dice: “Si può dare un prezzo all’amore?”. Ma brutta @#§%……  Miri decide che era veramente troppo quello che ci stavano chiedendo, quindi a malincuore usciamo dal negozio. Oddio … a malincuore proprio no neh!

In mezzo a tutti questi ricordi di luoghi visitati, non posso dimenticare le lunghe pause e le colazioni negli Starbucks, o il pranzo al Brooklyn Diner un ristorante a forma di vagone tra la 57th e la 7th Ave dove ho mangiato il più buon cheeseburger della mia vita. La pizza al John’s Pizzeria che non era male ma comunque ne valeva anche solo per il locale, una vecchia chiesa sconsacrata sulla 44th tra Broadway e la 8th Ave. Oppure la bisteccona del Bridge Cafè un ristorante particolare e fuori dal flusso turistico in fondo alla Pearl St proprio sotto il Ponte di Brooklyn, dove trovate una cucina tipica e casalinga.

Infine una chicca per gli amanti dei souvenir … il mio consiglio è di andare all’incrocio tra Central St e Chamber St, sotto i portici del Municipal Building trovate il City Store dove potete acquistare tutti i gadget & souvenir originali della Città di New York e non i tarocchi sparsi per tutta l’isola!

Il viaggio è finito, le valigie sono piene di ricordi che porteremo con noi per il resto della nostra vita, foto ne abbiamo fatte tante per non dimenticar nulla, per cui non ci resta che chiudere i trolley, chiamare un taxi e dirigerci al JFK dove ci aspetta il volo che ci riporterà a casa.

Buon viaggio a tutti!

RobiFocus


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