La donna che visse due volte (Vertigo, Alfred Hitchcock, 1958). Per Hitch (un film per rappresentarli tutti), per Kim Novak e Jimmy Stewart, per San Francisco (nella foto: Fort Point. Pare che Hitch, seccato con Novak che si lamentava del suo guardaroba poco glamour, l'abbia costretta a ripetere 25 volte la scena in cui si tuffa nell'oceano).
Amarcord (Federico Fellini, 1973). Fellini, di nuovo una parte per il tutto. Per il Transatlantico Rex. Per Ciccio Ingrassia che grida "Voglio una donna!" Per il nonno che esce di casa, si ritrova immerso nella nebbia e dice: "Ma guarda che roba…non si vede proprio niente… ma dov’è che sono? Certo, se la morte è così non è mica una bella cosa".
Thelma & Louise (Ridley Scott, 1991). Per tutte le volte che ho detto "dai, facciamo come Thelma e Louise" (non prima di buttarmi da un dirupo). Perché ho sempre voluto essere Susan Sarandon. E per la prima apparizione di Brad Pitt.
Manhattan (Woody Allen, 1979). Per la colonna sonora. E per Diane Keaton che dice "I'm from Philadelphia; we believe in god"
Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin, Wim Wenders, 1987). Per Bruno Ganz. E per Peter Falk che si sfrega le mani davanti a una tazza di caffè.
Lolita (Stanley Kubrick, 1962). Per Kubrick (anche qui, una parte per il tutto) e per il sommo Peter Sellers. Di entrambi metterei l'intera cinematografia (escluso Arancia Meccanica, che non riesco a guardare nemmeno se mi legano alla sedia).
Chinatown (Roman Polanski, 1974). Per Jack Nicholson. Ma anche per Faye Dunaway e John Huston. E per "Forget it, Jake, it's Chinatown".
La morte corre sul fiume (The Night of the Hunter, Charles Laughton, 1955). Per Robert Mitchum, per Shelley Winters (che appare due volte in questa lista, anche in Lolita. E adesso che ci penso, ha praticamente lo stesso ruolo in entrambi i film) e Lillian Gish. E per il mio meraviglioso maestro di cinema, Bruno Fornara, che mi ha fatto conoscere questa perla.
Jules e Jim (Jules et Jim, François Truffaut, 1962). Per Jeanne Moreau.