I DISASTRI DI UNA BLOGGER IMPERFETTA: Di cover e altre amenità

Creato il 02 agosto 2015 da Anncleire @anncleire

L’etichetta “Disastri di una blogger imperfetta” nasce per caso, per riflessioni personali di carattere generale, che ho voglia di condividere con i miei followers per far capire loro che cosa significa essere una blogger, le scelte che prendo e l’etica che seguo ogni giorno per il mio lavoro sul mio piccolo angolo di web. Ci tengo a sottolineare che sono solo MIE OPINIONI, che possono essere più o meno condivisibili, ma che spiegano perché sul blog seguo una certa linea. A volte potranno anche essere riflessioni più generali, ma pur sempre legate al mondo dei lit-blog.

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Come sempre quando mi lancio in questo tipo di post ci tengo a precisare che queste sono solo le mie opinioni personali, che non sono un’esperta e tanto meno una grafica (che le schifezze che potrei lanciare in giro sono enormi, e ringrazio come sempre quella santa donna di Lorena che mi regala veri e propri splendori). Oggi vorrei parlare di copertine, un argomento che adoro e che mi preme particolarmente.

Venerdì prima di girare il video per annunciare il vincitore del mio giveaway estivo, e fare duecento cinquanta prove (si della serie non ho un emerito niente da fare e sono comunque insoddisfatta) ero sul profilo de LaSvamp di Ho fatto dell'ansia uno stile di vita a discutere di cover. Cover che si ripetono, cover che hanno gli stessi soggetti, cover che di certo non hanno delle scelte grafiche particolarmente efficaci o ben riuscite. Cover che in molti casi lasciano gli occhi sgranati per un senso di riluttanza a prenderle in mano.

Chi mi segue da tempo sa che per me la cover è tutto, e spesso e volentieri mi faccio proprio fregare dalla copertina, tant’è che con Lorena di Petrichor porto avanti una rubrica che abbiamo chiamato “Cover Lovers”. Tengo tantissimo ad una cover.

Credo infatti che la cover sia un biglietto da visita di fondamentale importanza, soprattutto per le novità editoriali, e anche se l’abito non fa il monaco, pure è certo che aiuta a creare il cosiddetto buzz (tecnicamente il rumore prodotto dalle api, in gergo editoriale è la pubblicità che si crea intorno ad un libro, quel fenomeno che spinge una pubblicazione tra le labbra di qualsiasi lettore).

Oltreoceano lo sanno bene, e alla cover puntano in maniera particolare, non solo con Cover Reveal (lo svelamento della copertina) mirato e con un anticipo di mesi, per far fremere i fans, ma con veri e propri capolavori grafici, che lasciano incantato chi le guarda. Tutto fumo e niente arrosto? Specchi per le allodole? Forse, bisogna certo vedere il contenuto del libro, non sempre una bella cover è simbolo di un bel libro, ma l’obiettivo per una CE, soprattutto quelle grandi, ma non solo, sono le vendite, i guadagni, i lettori. Penso allora a HarperCollins, in particolare alla divisione young adult HarperTeen che sfrutta il complesso gruppo di pubblicisti e fans che ruota intorno a Epic Reads. Oppure a Penguin e le sue campagne pubblicitarie che lasciano davvero a bocca aperta, e pensate solo a quella per An Ember in the ashes di Sabaa Tahir (Penguin poi è la stessa che pubblica John Green per dirne una eh). Oppure ancora Macmillan Publishing Group altro colosso americano che rilascia sul mercato piccole chicche e penso alle cover di Josephine Angiolini o a quelle belle belle di Marie Rutkoski e che si appoggia a Fierce Reads un sito fichissimo che ha trovate pubblicitarie molto interessanti.

Bisogna anche fare un distinguo importante. Un conto sono le cover che sono realizzate a partire dai disegni  di illustratori (non sono un’esperta ma sono convinta che anche queste vengano ritoccate in digitale). Un conto sono le cover prodotte a partire da foto, su cui il grafico lavora aggiungendo o togliendo pezzi, unendo foto diverse etc.

Un esempio molto interessante del lavoro di grafica per una copertina è sicuramente quello realizzato per Divergent di Veronica Roth (Katherine Tegen Books, divisione di HarperCollins in America, De Agostini in Italia) e che trovate qui descritto, l’articolo è in inglese, ma potete vedere le foto.

Nel secondo caso, spesso e volentieri vengono messi in piedi veri e propri servizi fotografici solo per una singola cover. E non parlo di cosette semplici, ma squadre con fotografici professionisti, set creati ad hoc, abiti confezionati appositamente. Esempi? Pensate alla serie The Selection di Kiera Cass (edita in America da HarperCollins e in Italia da Sperling & Kupfer).

O ancora vogliamo parlare della Starbound Saga di Amie Kaufman & Meagan Spooner edita da Disney Hyperion e inedita in Italia, le cui cover sono piccoli gioielli? In un blog tour si è parlato del servizio fotografico per la creazione della prima cover, quella di These Broken Stars.

Ma la cosa più sconvolgente è che per aumentare il buzz, si sono inventati un DRESS TOUR in cui alcune autrici si sono scambiate il vestito della protagonista della cover regalando ai fan una foto: Marie Lu, Leigh Bardugo, Diana Peterfruend e Susan Dennard.

E questi sono solo alcuni esempi che mi sono venuti in mente, ma credo che ce ne siano tantissimi altri e che per ogni cover assolutamente stratosferica che vediamo in giro ci sia un lavoro impressionante alle spalle. Soprattutto per quanto riguarda libri di scrittori sconosciuti a più che devono conquistare nuovi lettori.

Questo certo per grandi case editrici che hanno i mezzi per permettersi servizi fotografici ad hoc. O comunque grafici che mettano la loro creatività a servizio della CE.

Ma anche piccole case editrici hanno delle vere e proprie chicche e tanto per fare un esempio vi cito Month9Books che ha delle cosette molto interessanti.

La cover allora diventa uno strumento estremamente importante per una casa editrice, il lettore imparerà ad associarla al libro, alla casa editrice e andrà a cercarne di simili. Perché ammettiamolo se le cover sono belle tutte, si crea un circolo di fiducia, che induce il lettore a spingersi sempre in quella direzione. Ma la cover è anche quella che ti può catturare in libreria, in giretti innocenti che si trasformano in rush all’ultimo libro. Se l’immagine di copertina ti attira, sei inconsciamente portato ad afferrare il libro e se sei come me lo prendi anche senza calcolare molto la trama. Ma si, io sono una persona a parte.

Ma questa è l’America, oltreoceano, il luogo in cui vengono prodotti i libri che poi arrivano anche da noi, in Italia. Che cosa succede alle copertine dei libri che traducono nel nostro bel paese?

Voglio fare una premessa, forse qualcuno non lo sa, ed è il primo passo per andare avanti in questo discorso. I diritti per Titolo, Cover e Testo di un libro si vendono separatamente e spesso per risparmiare una CE compra solo il testo. Ma a volte lo fa anche per velocizzare i tempi delle trattative per la vendita dei diritti. Soprattutto in cover elaborate in cui si usano servizi terzi (pensiamo per esempio ad un fotografo esterno alla CE) diventa un guazzabuglio di diritti, vendite e trattative. Ma a frenare, generalmente, sono i costi di una cover. È facile immaginare come lievitino i prezzi per acquisire una cover su cui sono state fatte magie. Bisogna considerare anche il fatto che magari non ci si è messi d’accordo sul prezzo. Insomma un libro non è un unicum e capita quindi che una CE italiana (o comunque straniera rispetto a quella madrelingua del testo) cambi titolo e/o cover. A volte le cambiano anche le sezioni foreign di una stessa CE. Esempio pratico Atria Books e Simon and Schuster UK hanno cover diverse per Maybe Someday di Colleen Hoover (Forse un giorno in Italia per Leggereditore, che tra l’altro ha scelto la cover UK).